Il silenzio ed il canto della vita

PAUL  PUJOL

 

IL  SILENZIO  ED  IL  CANTO  DELLA  VITA

Traduzione a cura di Maurizio Redegoso Kharitian

 

 

Una persona ci ha contattato per sapere se volessimo scrivere un testo sul silenzio. Rispondendo favorevolmente, ci si chiede se questo è veramente possibile. Se ogni parola o scritto sul silenzio non fa sfuggire quest’ultimo. Essendo il silenzio per definizione l’assenza del suono, delle parole, la sospensione di ogni rumore esistente.

E’ senza dubbio possibile di vivere il silenzio, ma di parlarne? Esprimersi a suo riguardo non è tradire l’assenza stessa del silenzio?

Queste domande legittime si pongono assolutamente in modo logico a colui che accetta la sfida di parlare del silenzio. Se queste domande non sono presenti, è perchè questo spirito non ha alcuna coscienza della delicatezza del soggetto, non ha alcuna coscienza della fragile e misteriosa percezione del silenzio… Per un tale spirito, il silenzio non è che una parola difficile, una successione di concetti e di luoghi comuni che tutto il mondo utilizza oggi.

Ma siamo degli esseri di relazione, nessuno vive isolato, e se un uomo scopre veramente questa immensa realtà, tutto il suo essere lo spinge a volere condividere questo con gli altri. Quest’uomo si rende conto rapidamente della difficoltà di questa comunicazione. Quando parla del silenzio le persone dicono: “è formidabile signore, anch’io ho conosciuto questo”. Allora colui che avrebbe voluto parlare tace e ascolta l’altro, e vede ed ascolta carrettate di parole, delle cascate verbali senza fine. Ascolta mille e una descrizione, ed il suo interlocutore si entusiasma e non finisce più di parlare. Quasi tutte le persone dicono di conoscere il silenzio, ma si vede semplicemente che per gli uomini tutto questo non è che un oceano di parole, può darsi vi siano state delle esperienze nel passato, ma non vi è più niente di vivo nel presente. Ciò è molto sorprendente, allora ci si chiede se noi stessi non facciamo lo stesso. “La mia comunicazione non è che un seguito di parole sterili, non è che una semplice espressione orale senza alcuna vita?”.

Le parole, o gli scritti sono vivi, vibranti di energia? Questo scorre nelle mie vene come del sangue. Quando parliamo del silenzio, entra in esistenza in noi, nella nostra relazione?  Può esservi una vita in relazione con il silenzio, e colui che vive tutto ciò può anche non trovare le parole per esprimerlo, per provare a comunicarlo, di condividerlo con l’altro.

Dunque che cos’è il silenzio? Questa domanda è senza dubbio valida, ma occorre veramente guardare allo spirito che la descrizione non è la cosa descritta; la parola silenzio non è il silenzio, la descrizione di un fiore non è il fiore.

E’ importante fare questa precisazione, in quanto si chiede allora al lettore di non attardarsi su questa o quella espressione, ma di provare a soddisfare al di là delle parole l’intenzione dell’autore, di sentire veramente il profumo di ciò che è espresso.

Dunque siamo chiari, le parole sono degli strumenti che non hanno fine in se stessi. Una frase può avere la sua propria bellezza, ma se si resta unicamente lì, non si è in relazione con l’autore, e soprattutto con ciò che desidera farci toccare, con ciò che vuole farci assaggiare.

Che cos’è il silenzio? Se ne crediamo il senso comune, è l’assenza di rumore, di suoni. Il silenzio esiste dunque quando il rumore non è presente? E’ l’assenza di rumori che crea il silenzio? Il silenzio non sarebbe dunque  che un intervallo tra due suoni? Il silenzio nasce dal suono, o l’inverso?

Lo vediamo, il silenzio ha una evidente relazione con il suono, con il rumore. Definiamo il silenzio in relazione al suono, li paragoniamo, li opponiamo. E’ quando non vi è rumore che si distingue allora il silenzio, quando un rumore finisce, allora nasce il silenzio… Un musicista darebbe un’illuminazione un poco differente, ci direbbe che senza pausa di silenzio tra le note, la musica sarebbe di fatto totalmente inascoltabile. Sarebbe giusto una cacofonia senza alcuna armonia né bellezza. Possiamo dire ugualmente che il suono, o il rumore è l’espressione di qualcosa che esiste: il suono di un flauto, il rumore di un torrente di montagna, lo scricchiolio di un ramo. Se vi è un suono, è perché c’è qualcosa che produce questo suono. Siamo insieme caro lettore in questa esplorazione?

Dunque il suono è l’espressione dell’esistenza, di una cosa o della relazione naturale tra più cose, come il vento che soffia nei rami degli alberi, o il galoppo di un cavallo su un percorso di terra. Il suono è legato all’esistenza, non è vero? Intendiamo bene questo? E’ un fatto, non una descrizione od una definizione. Allora si pone la seguente domanda: se il silenzio è l’opposto del suono (ciò che stiamo esaminando, non diciamo che questo è vero, diciamo: “se il silenzio è l’opposto…”), allora che cos’è il silenzio in relazione all’esistenza?

Vediamo veramente a che punto questa indagine deve essere condotta con molta sottigliezza, possiamo giungere molto presto a dire enormi sciocchezze; dunque restiamo esitanti ed avanziamo dolcemente (insieme) per favore.

In primo luogo, ritorniamo a questa affermazione: Il silenzio è l’opposto del suono, del rumore? Sono antagonisti? Ciò che è certo, è che non possono stare insieme nello stesso momento, quando l’uno esiste, l’altro non può essere… I due stati possono succedersi, come nella musica, ma non possono vivere insieme. Ma questo ne fa degli opposti? Gli opposti si annullano, o si annichiliscono, l’esistenza dell’uno fa che l’altro non può essere. Ma osserviamo più precisamente, utilizziamo della visione profonda. Il silenzio distrugge veramente il suono? Se non ci fosse il silenzio, udiremmo il suono, il rumore? Questa cosiddetta opposizione non è che una vista dello spirito, non è vero? L’essenza stessa del silenzio rende percettibile il suono, può anche trasformare il rumore in suono, e quest’ultimo crea allora la musica. E quando il suono finisce, in quanto tutto ciò che esiste finisce, allora il silenzio è nuovamente qui.

Qui scopriamo qualcosa. Guardiamo bene per favore, il suono nasce e muore, finisce; ha un’esistenza, con una nascita ed una fine. Che ne è del silenzio stesso, ha un’esistenza? Qual’ è la sua essenza, ha un inizio ed una fine? Oppure il silenzio nasce dalla fine del rumore? Scopriamo insieme cari amici! Il fatto indiscutibile è che se non c’è silenzio non ascoltiamo i suoni, i canti degli uccelli, le auto che passano; il silenzio permette la percezione dei suoni, non è vero? Ora, i suoni permettono la percezione del silenzio? Durante la loro esistenza, evidentemente no, ma quando finiscono, allora si percepisce il silenzio, e secondo l’intensità più o meno forte di questi suoni, si riceve con più o meno intensità la presenza del silenzio.

Per percepire il silenzio, il suono deve finire, ma non è evidente che il silenzio sia creato dalla fine del suono… E’ la percezione che è resa possibile, non è vero?, non l’esistenza del silenzio. Guardiamo il contrario, sembra veramente che il suono nasca dal silenzio, lo percepisce anche grazie al silenzio, ma il suono nasce e muore come abbiamo visto, e non può nascere da se stesso. Nascere vuol dire venire alla luce per la prima volta, essere vergine da ogni passato, essere nuovo, innocente; se il suono nasce dal suono, allora non è una vera nascita, è il prolungamento di ciò che esiste già. Dunque il suono non nasce da se stesso, entra in esistenza se stesso, non arriva da un’altra esistenza, e l’assenza di esistenza è il silenzio.

   E’ questa la vera creazione, il silenzio permette la nascita del suono, delle parole, di tutte le sensazioni, di tutte le musiche del mondo, genera il canto delle balene nel profondo degli oceani.

Cominciamo a vedere che cos’è il silenzio, dalla sua stessa essenza, permette la creazione, vale a dire l’esistenza delle cose e degli esseri. Possiamo allora dire che esso stesso ha un’esistenza? Qual’ è la sua natura reale? Se ha un’esistenza come abbiamo visto, ha un inizio ed una fine, ma ciò mi sembra non essere il caso. In maniera più o meno confusa, sentiamo che il silenzio è al di là dell’apparizione e della sparizione, non ha l’aria di essere veramente creata, non possiamo dire che entra in esistenza, ma è la sua percezione che si fa giorno in noi.

Vediamo molto profondamente tutto ciò, esploriamo insieme, questa cosa non nasce, non ha un’esistenza come noi la conosciamo (diciamo questo per semplificare la nostra ricerca), e se non c’è nascita, esistenza, ci può essere morte e sparizione? Evidentemente no, non è vero? Solo ciò che esiste muore, scopriamo dunque da questa indagine che il silenzio è al di fuori del movimento del tempo. Il tempo, è la nascita, la crescita, la decrepitezza e la morte, e vediamo adesso che il tempo non è legato a questo movimento, ciò vuol dire che il silenzio non muore mai…

Dunque quando la musica esiste, con tutti i rumori della terra, con tutti i dialoghi incessanti dello spirito, con il rumore dell’ego che declama, malgrado tutto ciò, il silenzio è sempre qui, sempre presente, inalterabile. Nel momento in cui lo spirito cessa di agitarsi, lo spirito può toccare questa cosa immutabile, immutata dalla notte dei tempi.

Il silenzio è come un’immensa distesa senza fine, è l’essenza della vacuità. Non abbiate paura di questa parola per favore. La parola vacuità è legata alla parola vacante, vacanza, vale a dire avere il piacere di essere disponibile, tranquillo e talvolta percepire e ricevere questa immensità. Ed una volta percepita, occorre lasciarla andare via e finire, morire per meglio nascere nuovamente.

Il suono dello spirito, il suo proprio rumore, è la credenza nel mio io, è la fortissima impressione che esiste un’entità psicologica, o spirituale autonoma, un’anima od uno spirito personale. Questo rumore dello spirito è il frutto del movimento del pensiero, e questo movimento fa nascere la sofferenza, l’isolamento e la violenza nei rapporti umani. Un tale spirito può avere una relazione con questo profondo silenzio? Il baccano del pensiero può scoprire questa immensità? Vediamo bene, sfortunatamente, che per la maggior parte del tempo le persone avvicinano questo terreno con l’ausilio del pensiero. Provano a capire questo, di sentirlo con il loro mentale. Torniamo all’inizio della nostra indagine, confondiamo senza sosta la descrizione e la cosa scritta, – la parola, l’immagine sono diventati più importanti dei fatti stessi.

E’ sufficiente di guardare attorno a noi. Tutta la società valorizza l’immagine, l’apparenza. Le stesse religioni sono in questa trappola, si rappresenta il sacro in magnifici  dipinti o icone, e queste immagini diventano esse stesse sacre. Non sappiamo nulla del sacro, ma vi sono delle rappresentazioni, delle immagini, allora si pregano queste immagini, le adoriamo. E lo spirito percepisce solo che è lui che ha creato queste immagini, e dunque lo spirito adora se stesso attraverso tutte queste pie immagini. In queste azioni lo spirito dell’uomo si consacra ad un culto a se stesso, penso che non vediamo ciò. Dunque cercando il silenzio, non cerchiamo di dire che lo spirito che scopre il silenzio diventa questo silenzio, in quanto lo spirito è in un movimento fuori dal tempo, che sfugge alla morte… Sono delle vecchie lune, dei tali luoghi comuni che gli uomini si raccontano da tanto tempo. Visto questo non cadiamo nel tranello dell’autocompiacimento. Non prendiamoci per degli dei. Ciò che sappiamo di loro, l’abbiamo inventato noi, non è che una proiezione della nostra miseria e della nostra confusione.

Può allora lo spirito umano  penetrare in questa dimensione di silenzio, fatta di assenza di esistenza (l’abbiamo visto mi sembra)? Che il suono esista, il silenzio è sempre qui, ma non è percettibile. Che il suono esista o no, che vi sia il rumore dello spirito o no, il silenzio è qui, è solo la sua percezione che si realizza o non si realizza. Diciamo che un contatto può avere luogo, quando il movimento dei pensieri è sospeso, almeno momentaneamente, quando il suono dello spirito finisce… Capiamo ciò che questo vuol dire veramente? Lasciar finire il movimento del pensiero, vederlo nascer e vederlo morire, cosa vuol dire? E’ fantascienza, una irrealistica utopia, o anche un aberrazione distruttrice? E’ anche possibile? Ammettiamo facilmente che nel modo tutto muove, tutto cambia, le stagioni passano, le foglie nascono in primavera e muoiono in autunno, i presidenti ed i primi ministri cambiano. Possiamo perdere il nostro lavoro, la nostra sposa ci può lasciare per un altro uomo, sappiamo tutto questo ed anche se tutto questo non ci piace, l’ammettiamo come verità, possibile e probabile. Allora se tutto ciò può cambiare, perché il movimento dei pensieri sarebbe sempre lo stesso? Quale legame fra il cambiamento e la fine di una cosa? Lo sappiamo molto bene, vediamo bene che un vero cambiamento è innanzitutto la fine di ciò che è, e dato che siamo attaccati a ciò che è, questo ci pare doloroso e genera la sofferenza nelle nostre vite e noi rapporti con gli altri. Se mia moglie mi lascia, è perché la nostra relazione amorosa è finita, il nostro rapporto è adesso totalmente differente.

Dunque il vero cambiamento, è la fine di ciò che è, e logicamente finire totalmente qualcosa, è cambiare la nostra maniera di vivere. Allora adesso lo spirito non ha più paura di lasciar finire il movimento dei pensieri, questo non si produce forse subito, ma lo spirito non ha più paura di questa eventualità. Di fatto senza rendersene conto lo spirito è già cambiato, la paura è meno pregnante, domina meno lo spirito, e lo spirito è già diverso. Osservando come funzionano i pensieri, osservando veramente, lo spirito vede direttamente questo movimento del mentale, non vi pensa, lo guarda veramente. Se osserviamo profondamente qualcosa, è questa cosa che conta, e non il mio punto di vista o i miei pensieri su questa cosa. Quindi si osserva direttamente il movimento dei pensieri, non si pensa ai pensieri, li si osserva effettivamente, come dei fatti concreti. Se non pensiamo durante questa osservazione, i pensieri (che commentano) sono assenti di spirito, quest’ultimo è silenzioso, senza suoni interiori; e se i pensieri sono assenti, vi è un pensiero che esiste?

La vera osservazione, profonda, esiste per l’assenza stessa del pensatore, dell’io, dell’entità che parla e che commenta. Vi è l’osservazione, lo sguardo vivo, in questa azione non ha il suo posto, e l’esistenza del pensatore svanisce come una foglia d’autunno che cade al suolo, semplicemente e con grazia. In questa assenza il silenzio è percepito, e non vi è nessuno per percepire questo, non vi è che la percezione del silenzio ed il silenzio.

Non possiamo risiedere nel vuoto, altrimenti non è più il vuoto, e nello stesso modo non possiamo dimorare nel silenzio, ma esso stesso può invadere tutta la vita, può estendersi a tutta l’esistenza dell’essere umano.

Quando il silenzio inonda tutta la vita, allora questa vita diventa una creazione vivente, cangiante. E’, allora, un suono vivente ed il Canto sacro della vita corre sul mondo.