Accettazione incondizionata e trasgressione

 

JOAQUIM

 

ACCETTAZIONE INCONDIZIONATA E TRASGRESSIONE

Traduzione a cura di Maurizio Redegoso Kharitian

 

3e millènaire – Autore di un blog e animatore di un forum di discussione “Sguardi sul risveglio”, lei dialoga dal 2004 con dei ricercatori e scopritori di risveglio; e voi stesso testimoniate della scoperta della “coscienza limitata” che “si scopre illimitata” nella scomparsa della persona.

   Sapendo che il termine “rivoluzione” fa sia appello all’idea di un cambiamento radicale  che all’idea di un ritorno, pensate che il risveglio, seguendo questo doppio senso, corrisponda ad una “rivoluzione interiore” ?

 

Joaquim – Si, i due sensi che lei evidenzia in termine di “rivoluzione” si applicano perfettamente al risveglio. E’ d’altra parte questo l’aspetto più sconcertante del risveglio: è contemporaneamente nuovo, veramente rivoluzionario, e nello stesso tempo intimamente conosciuto, al punto che appare  con una evidenza assoluta che ciò è stato sempre così. E’ totalmente impenetrabile per la ragione, eppure d’una semplicità tale che dargli un nome è già farne qualcosa di troppo complicato. E’ trovarsi trasportati d’un solo colpo giusto prima dell’inizio di un abbozzo di pensiero. E’ passare dietro lo specchio mentale sul quale si proietta la realtà. E’ tuffarsi senza aspettarsi il minimo di gente nella realtà di ogni cosa, come in un acqua fatta da un essere vivente, palpitante, radioso, e che è, ed è questo il più stupefacente: il Se.

 

Nell’idea di rivoluzione, vi è anche l’idea di deporre le esperienze precedenti, perché sarebbero diventate d’intralcio all’avanzamento. Ebbene, il risveglio, anche in questo senso, è una rivoluzione, ma più radicale che in tutte le rivoluzioni. E’ mettere in basso non soltanto questa o quell’esperienza, ma ogni esperienza. Non demolendo queste esperienze una dopo l’altra, ma portando l’attenzione alla radice stessa dell’inizio dell’esperienza. Credevamo di essere Se, credevamo che questa rappresentazione che ci facevamo di se e del mondo, fosse questa, Se. Certamente, ci sentivamo un po’ prigionieri del proprio mondo, ma non vedevamo come avremmo potuto sfuggirli, poiché era Se. Ebbene no, non siamo quel Se. “Sono un altro”, come ha detto Rimbaud. Anch’egli un rivoluzionario. Ed un trasgressore.

 

La trasgressione, è anche un’idea contenuta nella “rivoluzione”. Il risveglio è trasgressivo, si. Non è il risultato di un lungo fiume tranquillo. In ogni caso non solo. Risulta di fatto di due movimenti opposti: l’ accettazione senza condizioni, e la trasgressione. Un movimento yin ed un movimento yang. Tutti e due sono presenti simultaneamente. Ci concediamo interamente, spogliati dal Se, nello stesso tempo che concediamo a se stessi una libertà assoluta, senza che nulla possa intralciare. Assolutamente sottomesso a ciò che è, contemporaneamente sottomesso ad assolutamente niente. Libero d’essere, senza alcuna forma di condizionamento, di una libertà che non s’appoggia su assolutamente niente di acquisito e che non conquista indietro assolutamente nulla, se non se stessi. Un potere assoluto che si esercita unicamente sulla propria sottomissione.

 

3e millènaire – Questa libertà d’essere senza condizioni ci sembra talvolta evidente e talvolta così lontana, come se la trasgressione o l’accettazione non operassero più simultaneamente, come se uno dei poli che lei ha così definito fosse stato dimenticato o fosse sparito dalla nostra coscienza. Questa situazione non sarebbe stata utile per gli scopritori o testimoni del risveglio che, dopo uno sconvolgente momento di grazia, si ritrovano in cerca del paradiso perduto?

 

   Si è vero. E sono ben d’accordo con lei: è la scomparsa di uno dei poli che causa, senza che ce ne rendiamo conto, l’uscita fuori dal paradiso. Il più sovente, è la scomparsa del polo della trasgressione. Il non-agire, l’accettazione incondizionata, il lasciar passare, questo è moralmente elevato, più elevato che la trasgressione. Ci sentiamo più a nostro agio. Allora accade che si rinchiudono su stessi, ed il rifiuto di cogliere diventa una posizione guadagnata. Ci sentiamo liberati da ogni condizionamento, ma questo disimpegno è esso stesso diventato un nuovo condizionamento. L’altro polo è necessario. Anche il disimpegno, anche il paradiso, occorre bilanciarlo senza la minima esitazione. E’ il solo modo di restare vivi. Ed il solo vero paradiso, è di essere vivi.

 

La vita, è un’alchimia segreta fatta di elementi opposti. Il fuoco, l’acqua, la terra e l’aria, avrebbero detto gli Antichi. L’interdipendenza di sistemi in equilibrio instabile, diremmo noi oggi. Ognuno dei sistemi del nostro organismo ha bisogno degli altri per funzionare, e la vita risulta dall’equilibrio che stabiliscono fra loro. Ognuno è appoggiato sull’altro, come degli allineamenti del domino. Ebbene, il risveglio, è anche una forma di vita. E’ scoprirsi vivi nello spirito.

Prendo un’altra immagine, quella di una proiezione cinematografica: se la velocità di sbobinamento non è perfettamente sincronizzata con l’otturatore, otteniamo sullo schermo solo dei colori e forme indistinte. Un piccolo aggiustamento, e tutto ad un tratto, ci rovesciamo in un altra cosa: l’informe prende forma, l’immagine prende vita.

Il risveglio, è questo: un’alchimia segreta, tra la libertà totale e la sottomissione totale.

E ciò che prende forma, è l’evidenza che Io Sono. Tutto era già lì davanti, ero già, certamente, eppure, l’evidenza non era presente. E questo cambia tutto.

Come state rilevando, possiamo aver vissuto la grazia di tuffarci nella limpidezza del risveglio, e perdere questa limpidezza. Ci ritroviamo allora in cerca del paradiso perduto. Abbiamo sregolamentato l’equilibrio. Un equilibrio che ha questa particolarità che ogni tentativo di volerlo restaurare accentua il disequilibrio. Perché la volontà tesa verso uno scopo separa il soggetto dall’oggetto che cerca di ottenere, in quanto essa lo designa come un bersaglio, allorché l’equilibrio mirato è precisamente la fusione del soggetto e dell’oggetto, la loro perfetta riscoperta.

Mi imbatto su queste parole di Stephen Jourdain: una delle condizioni per il risveglio è “saper sognare” ed “essere nel non agire”. E’ esattamente questo. Sono questi i due poli. Darsi tutta la libertà di sognare, di esplorare, di toccare sensualmente il mondo che si offre al nostro sguardo ed al nostro contatto, il fare senza ritegno, come un nutrimento che esplora il mondo che lo circonda. Lasciarsi meravigliare a briglia sciolta. Ma nello stesso tempo non fare nulla.

Vale a dire non farne niente. Nel momento in cui ne facciamo qualcosa, occorre bilanciarlo. Anche se è il paradiso. Prendere il rischio di perderlo. Prendere questo rischio, è questa, la vera fiducia. Ciò che si appoggia non su ciò che si ha, ne su ciò che si fa, ma su ciò che è.

 

 

3e millénaire Di fatto la rivoluzione interiore implica paradossalmente una maturità nell’innocenza, una maturità d’essere al mondo, neonato nell’esperienza di ogni istante. Questa visione non è totalmente paradossale nella misura in cui la maturità ed il fatto d’essere neonato sono abitualmente inconciliabili?

 

   E’ vero, l’innocenza appartiene al bambino piccolo, prima dei tre anni, prima che sappia dire “io”, prima che sappia di essere qualcuno. L’avvenimento che si produce a quell’età è una sorta di esilio fuori dal paradiso dell’innocenza, e numerosi sono oggi coloro che l’assimilano alla Caduta, nel suo senso biblico. Eppure, questa caduta, è anche una nascita. I Greci, da parte loro, erano più sensibili alla dimensione della nascita, come lo testimonia il mito di Prometeo, rubando il fuoco agli Dei per darlo agli Uomini. Ciò di cui attestano in ogni caso questi due miti, è questa nascita non è naturale. E’ il frutto di una trasgressione. Segna l’ingresso in un mondo estraneo alla Natura, nel mondo della cultura, del linguaggio. L’immersione nel linguaggio permette al piccolo uomo di costruirsi un mondo nuovo all’interno del linguaggio, un mondo esterno alla Natura, ma interno a se stesso, un mondo che designa come “io”. L’accesso a questo mondo interiore procede da un’apertura incondizionata del piccolo bebè a sua madre, a suo padre, ed a tutti coloro che gli parlano; attraverso il linguaggio e lo scambio con loro, questi gli rimandano un’immagine di lui che lo designa come un soggetto. Una volta stabilito nel linguaggio che perviene egli stesso a designare l’oggetto che gli è così ritornato come soggetto che è, ed a designare se stesso come “io”.

A questo punto, potremmo rimarcare che questo schiudersi dell’ “io” comporta due faccette distinte, e che il vero è già nel frutto, oserei dire. Il soggetto, è in effetti il mondo interiore nel quale il bambino si scopre nascere, e che crea lui stesso. Ma nello stesso tempo, è l’immagine che gli altri gli rimandano da se stesso. Questa immagine, è un oggetto. Può accadere, ed è più frequente, che il soggetto si inganna su se stesso, e che si identifichi a questa immagine. E’ qui la vera caduta. Non è necessaria, anche se le eccezioni sono rarissime. Essa è il frutto di una negligenza, d’una pigrizia interiore. Invece di tenersi corretti con se stessi e d’essere lo spazio stesso che accoglie tutto ciò che sopraggiunge nel nostro mondo interiore, ci si appoggia sull’altro, sull’immagine di se che ci insidia. Questo inganno, frutto di una imperdonabile pigrizia interiore, è la fonte di tutti i paradossi contro i quali va dall’inizio il soggetto.

Un oggetto, lo si possiede, non un soggetto.

Identificarsi ad un oggetto, è cadere nell’illusione di credersi posseduti da se stessi. Un’illusione che si raddoppia dal fatto che l’oggetto che crediamo di possedere, non ci appartiene minimamente, poiché è prestato all’immagine di noi che ci viene rinviata dagli altri. E più inciampiamo su questo paradosso, più ci si aggrappa a ciò che crediamo di possedere, della paura di perdersi. Visto da quest’angolo, avremo ben ragione di pretendere che l’io sarebbe illusorio.

 

Il risveglio rivela questi paradossi. Non è il risveglio che è paradossale. Al contrario, è lui che toglie tutti i paradossi nei quali siamo impigliati. Così, il risveglio è accettazione di ciò che è. Come lo è la soggettività del soggetto che si costruisce all’interno del bambino piccolo. Ed il risveglio è trasgressione. Come lo è questa libertà del bambino piccolo ad essere ed a creare il suo proprio mondo, nuovo, indipendente dalla Natura. Questi due termini dalla apparenza antinomica sono di fatto sinonimi. Accogliere senza condizioni tutto ciò che è, è stabilire un centro attorno del quale si organizza il mondo dell’accettazione; reciprocamente, questo mondo stabilisce nello stesso modo una rottura con ciò che esisteva precedentemente, poiché da una forma all’informe. La rottura che si opera qui, non è la trasgressione di Adamo ed Eva mangiando il frutto proibito, è la creazione del Dio che da forma all’informe nel corso dei primi giorni della Genesi.

Allora si, la maturità che si tratta di ottenere, è quella di tenersi in piedi in se stessi. Di essere il creatore del suo mondo, e non un oggetto illusorio del proprio mondo interiore. Questa maturità, è quella del bambino piccolo. Fintanto che non si è identificato ad un oggetto designato come se, il bambino piccolo si tiene retto in se stesso. Crea, e si crea, nella gioia dell’innocenza. Ciò che definiamo per “maturità”, quando intendiamo con questo termine l’età adulta, è una forma di alienazione a se stessi, causata da una pigrizia interiore. E’ un tradimento di se stessi in profitto ad un culto reso ad un idolo insaziabile. Allora, quando parliamo di rivoluzione, sul cammino del risveglio, è di questo che si tratta: trasgredire l’ordine subito, rovesciare tutti gli idoli, dichiararsi liberi, e soprattutto, non stabilire alcun altro idolo in sostituzione. E ciò  vuol dire accettazione ciò che è, senza condizioni. Perché con le condizioni, non sarebbe nient’altro che rendere dei conti a nuovi idoli, a dei giuramenti, a delle immagini di se prefabbricate.