Che cos’è essere vero? di Karl Renz

3ème Millénaire n. 81 – Traduzione della dr.ssa Luciana Scalabrini

D:   La Sorgente è pace e amore. Com’è possibile che generi una tale sofferenza nel mondo E’ come un padre che  si divertisse a far soffrire i suoi figli

K.R.: E’ per questa ragione che la sorgente non è che un’idea. Forse si dovrebbe dire che non c’è nemmeno la sorgente. Normalmente, la sorgente è chiamata coscienza La prima luce è il padre, poi viene lo spirito che è la non-forma, e il figlio, la forma. Ma hai ragione, se esiste un padre diverso dal figlio o dal mondo, potrai domandati perché permetterebbe tanta sofferenza. Ma ciò che devi domandarti  qual è la sorgente della sorgente, c’è un padre di qualsiasi cosa, cioè c’è qualcosa che genererebbe un’altra cosa o questo è un’idea?

La sorgente della sorgente, puoi chiamarla il Cuore, ma, come dal cuore non è mai uscito niente, non c’è mai stato il padre, né il figlio, né lo spirito; così il Cuore prende la forma del padre, del figlio e dello spirito. Ma il cuore non può nemmeno lui farsi soffrire. Perciò la prima sofferenza comincia  con l’idea di sorgente, che sarebbe ciò che crea tutto, poi viene l’idea di creazione e di ciò che può essere creato.

Quando Dio si prende per la sorgente come idea, come Dio, già comincia la sofferenza. Dunque Dio soffre a causa di Dio, perché fuori di lui non puoi trovare nessuno. Con questa idea folle, Dio diventa il concetto io e inizia  a soffrire a causa dell’esistenza. Ma può davvero soffrire in quel modo? Già, quello che soffre è un’immaginazione, come la sofferenza e tutto ciò che può causarla. Perciò c’è un sogno di sofferenza, ma in realtà non c’è sofferenza come potrebbe il Cuore farsi soffrire? Impossibile… Così è un sogno dell’esistenza nel quale c’è un sogno di sofferenza, ma se davvero cerchi la persona che soffre, non puoi trovarla.

Per questo la famosa domanda Chi sono? È come la medicina ultima per tutte le sofferenze. Non trovando nessun malato, nessuno che possa soffrire, ti riposi in quel non trovare, che è anteriore  a quel primo fantasma io. Questo si chiama il para-diso, para(prima), anteriore a ogni idea. E ciò che non è un’idea non può soffrire. Vedi che  ciò che è  un fantasma è già un’idea che soffre a causa di un’altra idea. E’ quel che si chiama il mentale.

D: Ma come confortare il mentale?

K. R. C’è quella famosa frase : “mentale , non mentale,  importa poco”, perché, se cerchi seriamente ciò che è il mentale, non puoi trovarlo. Se lo cerchi, cerca la sorgente: c’è davvero qualcosa? No, non c’è niente.

Così forse scoprirai che sei l’assoluto, perché sarai sempre ciò che resta. Il ricercatore, non trovando niente, resta sempre ciò che è.

D: Ciò che vuol dire che la forma esteriore della personalità si trova quando siamo in quello spazio di cui parli dove non c’è niente?

K.R.: Non c’è nemmeno niente. Niente è troppo, tutto è troppo poco. Perfino niente è ancora qualche cosa. Puoi dire ciò che sei, non puoi trovarlo  né in tutto né in niente. Da questo vedi che non può esserci né tutto né niente senza che tu esista; e tutt’e due sono immaginazione. Senza di te, senza la tua natura, senza la tua presenza, non c’è né tutto né niente. Anche senza tutto e senza niente, esisti. Conosciti in quanto Quello che è a dispetto di ogni  immaginazione di ciò che è, e riposa in Quello, perché Quello, tu non puoi non esserlo.

Il resto, devi immaginarlo; occorre sempre un leggero sforzo, non fosse che per immaginare questo io. Per questo, devi svegliarti al mattino, ma anche prima del risveglio, tu sei, e Quello è ininterrotto, c’è una pace ininterrotta che non conosce la pace, è quella la pace.

Ciò che tu non conosci, non possiedi, non puoi perderlo, perciò c’è un’assenza di paura nella pace. Invece la pace che tu puoi ottenere è ancora della paura. Il possesso, è la paura. Tuttavia, prima di questo possesso, tu esisti. Questo, puoi dire che non è un’idea, così stai nell’anteriorità.

Ma può essere che domandi come.

D: Si, esattamente. Mi è capitato di toccare Quello, di averne un sentore ed è quello che mi ha portato alla meditazione.

K.R: Perché vuoi conservare quel sentore. Ma se provi a possederlo, lo perdi. Tu hai delle sensazioni  di ciò che è nonostante tutto, essendo Quello.

D: All’inizio non c’era il desiderio di guardare, perché non sapevo cos’era, ma quel gusto di paradiso ha creato un desiderio, sapere che questo esiste e vivere nella confusione e il caos…; si dovrebbe fare qualcosa.

K.R. Come lo stai descrivendo, si è prodotto qualcosa di nuovo, ma direi che non è un’altra esperienza. Dapprima c’è un’esperienza di separazione, ti senti separato, confuso, poi c’è l’esperienza d’unità, si è uno con il mondo, ma quel non-tempo è ancora l’opposto di ciò che è il tempo. Allora cominci a desiderare quello stato d’unità, vuoi costruire la casa e, con quel desiderio, ti poni già da qualche parte, esci da una casa per metterti in un’altra pensando che la nuova sia preferibile alla prima; discrimini.

Per avere una percezione, vai nel non-tempo e facendone l’esperienza, volendoci restare, non ci sei più.

Come un gioco di ping pong: in inferno. ahi! A volte un sentore di paradiso, oh! E di nuovo all’inferno…Che fare di queste due situazioni?

Devi cercare ciò che è ininterrotto nell’una come nell’altra e qui, è la percezione.

Senza la percezione, non c’è né separazione né unità. Senza la coscienza pura, non c’è né tempo né non-tempo. La prima presenza non ha mai cambiato in nessuna di queste circostanze, però tu discrimini e lì è il primo io, il pensiero radice io,  l’idea più sottile di possesso, la mia vita, la mia esistenza. In India questo si chiama il nodo del Cuore.

Tutto viene da quell’amore per te stesso. Non c’è alcun dubbio che il possessore, l’innamorato cerca sempre di ottenere ciò che c’è di meglio per il suo adorato. E l’unità sembra preferibile alla separazione.

Siccome amare è prendersi cura, è la natura dell’amore, diventi il tuo custode che vuole sempre trovare il miglior posto possibile: perfino il non-posto diventa superiore agli altri posti, che allora sono da evitare.

La coscienza diventa il proprio custode diventando di volta in volta  l’innamorato e l’amato; ne consegue una storia d’amore molto appassionata che talvolta fa soffrire, perché tutto ciò che è non è mai abbastanza bello per la tua idea di come le cose dovrebbero essere: è così che la coscienza cerca cos’è la coscienza, un’investigazione infinita che fa saltare da un posto all’altro e perfino nel non –posto, nel niente.

In un lampo forse vedrai che questo non avrà mai fine. Questo andrà, sempre e ancora da una situazione all’altra senza che niente cambi, perché qualsiasi sia la circostanza, la tua natura non cambia mai, tu non perdi né guadagni mai niente e quando vedi che questo non si fermerà mai, sorpresa, questo si ferma istantaneamente. L’ultima cosa che cade, è la speranza, la speranza che un giorno troverai la tua casa ultima, dove potrai riposare per sempre. Vedendo cadere questa speranza, sorpresa, tutto si ferma in un istante. E’ molto curioso, un totale paradosso.

Devi essere quello che sei nonostante questa coscienza attiva, nonostante il sogno dell’innamorato e l’amato,  è quella la sorgente della sorgente che non conosce né la sorgente né qualsiasi cosa. E’ piuttosto che tu non sai neanche che esisti,  quando c’è  la pace. Ma a ogni idea d’esistenza,  è la guerra: possedere, volere, conservare; è quello essere il guardiano

Un giorno, vuoi perfino diventare il tuo becchino. Ecco che non vuoi più esistere: “se solo non esistessi, non avrei più problemi”. Ci sono due tendenze principali: o “voglio avere ciò che c’è di meglio” o, se questo si rivela impossibile “non voglio esistere”. Ti arrabbi contro te stesso e odi perfino l’amore che ti porti. E’ divertente, no, dall’amore esce l’odio: bell’amore!

Perfino l’idea d’amore è pericolosa; guarda quello che ottieni: innamorato di te stesso, incontri allo stesso tempo l’amore e l’odio ! Allora detesti gli stessi istanti d’amore, perché ci sono due, l’innamorato e l’amato e questo, in un certo modo, è insopportabile; per questo cerchi di continuo una scappatoia.

Dal momento che pensi di essere all’interno, cerchi l’uscita; che fare? Se non sei mai “in” una situazione, come potresti uscirne? Il solo modo di uscirne è d’essere ciò che non è mai  né all’interno né all’esterno di qualsiasi cosa e questo, tu non puoi non esserlo. Il resto è una finzione.

Tuttavia la finzione sarà sempre presente. Quella finzione è l’ombra di te stesso. Tutta quella immaginazione è lì solo perché esisti. Non puoi cessare di immaginare e volerlo, fa parte anche quello della finzione, è una pazzia! Non può diventare più folle di quanto già tu non lo sia.

D: Allora tu non hai più finzione?

K.R.: Io sono la finzione, sono ciò che è la finzione e ciò che è la finzione non conosce la finzione. Se mi domandi ciò che sono, direi che c’è un’assoluta assenza di qualsiasi idea di ciò che sono o che non sono, un’assenza totale di colui che discrimina ciò che è o non è. E’ quella la natura dell’esistenza: essa non discrimina mai, perché,  poiché non c’è due, non c’è nessuno per discriminare nulla. C’è l’esistenza, ma senza secondo.

C’è la pace, e quella pace non è mai stata interrotta. Poiché non c’è secondo, niente e nessuno può interromperla. Tutto il resto, puoi dire che è finzione, ciò non può toccarti.

Soffrire a causa di te stesso, è impossibile; per soffrire occorrono due.

D: Dov’è la sorgente?

K.R.: Qui- ora. Tu sei la sorgente e tu sei ciò che ne esce, non puoi creare differenza, sei la sorgente e ciò che lei manifesta.

D: Come condividere quella sorgente con gli altri?

K.R.: La sorgente non può essere condivisa, non puoi dividerla in due, come potresti condividerla?

D: Tu non la senti?

K.R.: No, la sorgente non può essere sentita

D: La sorgente esiste malgrado tutto?

K.R.: Essa è l’esistenza. Ma non puoi dire che esiste. Perché tu possa fare un’esperienza, perché ci sia una persona che fa un’esperienza, poiché ci sia il minimo pensiero, anteriormente a ciò deve esserci ciò che è l’esistenza.

D: Ma con quel pensiero, ti tagli dall’esistenza.

K R.: Tu non puoi essere tagliato da ciò che sei. Come potresti non essere ciò che sei? Tu immagini di non essere ciò che sei, ma la tua natura non ne è cambiata nel frattempo.

Con la tua natura onnipotente, perché non sei differente da quel Dio onnipotente, tu immagini una seconda natura e, prendendola per reale, diventa la tua realtà; allora tu ti trovi in un sogno di sofferenza e di piacere, tu diventi una persona che fa  delle esperienze.

D: E’ inevitabile

K.R.: E’ inevitabile, non puoi diventare l’innamorato di te stesso, perché è così che realizzi ciò che sei: dapprima diventi l’innamorato e  amando, crei tutto ciò che può essere creato. Però, l’innamorato e l’amato non sono diversi l’uno dall’altro, la loro natura è ciò che tu sei.

Tra te e il mondo c’è una differenza immaginaria, ma in essenza tu sei uno.

Anche sapere questo è già sapere troppo, è per quello che dico che è meglio non conoscere, perché ciò che non conosci, non temi di perderlo. Anche in quella esperienza d’unità con il mondo, in quella percezione dove cessa la separazione, c’è ancora qualcuno che registra l’esperienza e discrimina prima e dopo; il salone di bellezza dell’universo: prima e dopo.

Che tu viva l’esperienza personale della separazione o l’esperienza impersonale dell’unità, tu sei ciò che sei. Nella separazione, non hai niente da perdere e nell’unità niente da guadagnare. Quando c’è separazione, c’è separazione, quando c’è unità. C’è unità, quando c’è coscienza pura, c’è coscienza pura. E quei tre stati sono qui- ora.

Senza la coscienza non ci sarebbe l’unità e senza l’unità non ci sarebbe la separazione; questi tre stati sono assoluti e qui – ora. Semplicemente la tua attenzione si dirige verso il movimento di separazione o verso l’unità o verso la coscienza pura, ma la tua casa non è da nessuna parte, la tua casa è il para-diso, para (prima) di ogni immaginazione. Gesù dice: “non ho luogo dove riposare la testa; né nel padre, né nello spirito, né nel mondo mi riposo e in quel non-riposo, mi riposo”. La natura di quello è l’assenza di riposo.

Chiunque ha bisogno di riposo è un fantasma e la speranza di trovare un giorno la tua casa ultima è un inferno, perché questo rende il momento imperfetto. In verità non hai mai lasciato la tua casa. Allora come potresti ritornarci?

E’ una sciocchezza!

Forse in una frazione di secondo realizzerai la sciocchezza che sei.

D: Quando ti sento parlare, questo uccide il mio mentale, cerco di seguire e…

K.R.: E’ per questo che la maggior parte delle persone vengono qui. Si, il mentale si perde per strada, semplicemente. Improvvisamente, c’è il silenzio. E’ la sorpresa totale, perché non puoi immaginare che con la parola puoi giungere al silenzio.

In India, si chiama l’iniziazione di mauna, l’iniziazione della tua propria natura: una comprensione del Cuore totalmente differente.

Ma attenzione, quella assenza di gusto di ciò che sei è pericolosa, perché tutto ciò che viene dopo quella dolcezza, non puoi più sopportarla; ora il mondo ha un gusto amaro. Non hai più nessuno scopo che quello. Può darsi che ti volgi verso Quello essendolo, tendendo lo spirito verso ciò che è lo spirito. Il solo modo per uscirne è di concentrarsi totalmente su ciò che sei.

Posso dire che in quel caso( Karl si indica col dito ), il bambino, questo cercava la stessa cosa, è per questo che parlo, so l’inferno divorante che quello può essere, quando il cuore è stretto in un crampo e non se ne va mai.

Quando hai avuto una volta sola quel gusto, non puoi più dimenticarlo. Cercherai sempre di ritrovarlo, ancora e ancora, che fare?