La nascita spirituale in Maitre Eckhart e Douglas Harding di José Leroy

3ème Millènaire n. 83 – Traduzione della Dr.ssa Luciana Scalabrini

La morte di Douglas Harding

Douglas Harding è morto la notte dell’11 gennaio 2007; avrebbe compiuto 98 anni in febbraio. Ricoverato per una polmonite a fine dicembre, non si è rimesso e si è spento in pace nella sua casa di Nacton nell’est dell’Inghilterra, circondato da sua moglie Catherine e dai suoi amici, venuti numerosi a dirgli addio.

Douglas Harding ha consacrato la sua vita a condividere con gli altri una esperienza di risveglio, avuta a 34 anni. Ha così aperto un cammino nuovo di conoscenza di sé chiamato “Visione senza testa” che ha presentato in ateliers in tutto il mondo, nei numerosi libri e in articoli pubblicati in questa rivista.

Douglas è stato uno dei precursori della non dualità in occidente. Influenzato tra gli altri da Ramana Maharshi, dai maestri Zen e dai mistici cristiani, ma anche dalla scienza, Douglas ha segnato profondamente la spiritualità moderna: ha permesso a centinaia di persone nel mondo di risvegliarsi alla loro vera natura.

La forza della Visione senza testa si basa su un insieme di esercizi, che rendono il risveglio semplice, evidente e diretto. Grazie ad essi, il messaggio delle tradizioni, che ci dicono  che al centro del nostro essere si trova l’assoluto, diventa accessibile.

Vorrei mostrare a partire da un esempio come l’insegnamento di Douglas permette di comprendere e sperimentare le più profonde intuizioni dei mistici renani (Maister Eckhart, Tauler, Suso), studiando il tema della nascita spirituale. Maister Eckhart era uno dei mistici che Douglas citava più spesso e la cui spiritualità era più vicina alla sua.

La nascita nei maestri renani.

I mistici renani sono partiti dal tema della nascita per costruire un cammino di salvezza. Si può anche dire che Maister Eckhart fa della nascita di Dio nell’anima il cuore della sua mistica, come dimostrano i sermoni 101 – 104 che trattano in profondità quella questione. Il mistero di Natale non è più per Eckhart un evento storico antico, ma un rovesciamento che si produce nell’anima stessa; scrive, riferendosi a Sant’Agostino: “Ecco che entriamo nel tempio della nascita eterna, per la quale Dio Padre ha generato nell’eternità e non cessa di generare, affinché quella nascita si produca oggi, nel tempo, nella natura umana.   “Che questa nascita si produca sempre, dice Sant’Agostino; a cosa mi serve se non si produce in me?… Che si produca in me, è questo che importa”.

La nascita spirituale del Figlio nell’anima si articola attorno ad alcuni temi fondamentali.

1-Il ritorno in sé

Per i mistici renani, la nascita di Dio nell’anima si produce nel suo fondo più intimo, nel suo centro, nel suo fondo senza fondo. Non bisogna cercare Dio fuori, ma al contrario in sé.

Riprendendo la frase di Giovanni “Il Verbo si è fatto carne, è venuto tra noi e noi abbiamo visto la sua gloria”, Eckhart vede nel centro dell’anima l’abitazione stessa del Figlio; scrive: “Quella nascita eterna che viene a prodursi nel tempo, ogni giorno si produce ancora nel più intimo e in fondo all’anima, senza alcuna interruzione”. Per permettere questa nascita, l’anima deve tornare al suo centro; il ritorno è essenziale perché senza di lui l’anima sta all’esterno di se stessa, prigioniera delle immagini. Tauler nel suo sermone 1 insiste su quel ritorno: “In verità, ci occorre con la massima necessità un ritorno su noi stessi perché questa nascita si compia; bisogna che ci raccogliamo fortemente e raduniamo interiormente tutte le nostre facoltà”.

2- L’uscita da sé.

Ma paradossalmente i mistici renani insistono anche sull’uscita da sé. Il rientrare dell’anima nel suo centro deve farsi con un’uscita da sé per far posto alla divinità: Tauler scrive, sempre nello stesso sermone: “Se l’uomo preparasse così il posto, il fondo, Dio senza alcun dubbio sarebbe obbligato a riempirlo, e certo completamente”. Bisogna sapersi svuotare da ogni individualità, da ogni volontà, da ogni desiderio, da ogni immagine, perché nella semplice nudità della coscienza, nella pura vacuità, il bambino divino abiti tutto intero. Sempre Tauler: “Ecco perché Sant’Agostino ci dice: Vuotati per poter essere riempito; esci per poter entrare.”. E Eckhart scriveva nei Discorsi spirituali: “L’uomo deve imparare a uscire da se stesso, a non conservare più niente di personale”.

3- I due uomini.

L’anima ritorna a se stessa e così nasce il Figlio in noi, l’uomo nuovo, il nuovo Adamo fino a che il vecchio uomo lascia il posto e esce. Eckhart distingue questi due uomini in noi: “Le scritture dicono che ci sono due uomini in noi, un uomo esteriore e uno interiore… Fuori c’è il vecchio uomo, l’uomo terreno, la persona esterna, il servitore. All’interno di tutti noi c’è l’altra persona, l’uomo interiore, che le Scritture chiamano l’uomo nuovo, l’uomo celeste, la persona giovane, l’amico, il nobile. Non dobbiamo confonderlo, perché “l’uomo esteriore e l’uomo interiore sono diversi tra loro come la terra e il cielo.”

4 – Il vuoto.

La nascita del figlio nell’anima non può avvenire per Eckhart che se sappiamo dimenticare tutte le immagini che ingombrano la nostra anima. “Bisogna che tu sia e abiti già nella tua essenza, nel suo fondo ed è là che Dio deve toccarti con la sua essenza semplice, senza intermediazione di un’immagine”, dice Eckhart. Ora, l’anima si immagina corporea, crede di potersi conoscere con i sensi, come conosce le altre creature. Cosa significa essere senza immagine? Per i renani consiste nel dimenticare il proprio corpo,  ritirarsi all’interno di se stessi senza memoria, senza ragione, senza i sensi e così saper essere vuoti.

Si crede a torto che il vuoto sia, nella spiritualità, una nozione esclusivamente orientale, ma , leggendo i maestri renani, si constata che la vacuità occupa un posto essenziale in questa mistica. Così Tauler scrive, parlando dell’anima aperta alla nascita di Dio: “Tutto quello che si deve ricevere, deve essere puro, pulito, vuoto”. Si legge anche in Suso: “Il dove essenziale di cui si è parlato, dove un servo fedele deve coabitare con il Figlio eterno, si può chiamare il Niente, essenziale e senza nome, e là la mente giunge al Niente dell’unità”. E Eckhart nei suoi celebri testi: “La luce che è Dio è senza mescolanza. Non vi entra nessun miscuglio. Era un segno che egli (San Paolo) vedeva la vera luce, che è il Niente. Per luce non vuole dire altro che con gli occhi aperti non vedeva  niente. Non vedendo niente, vedeva il Niente divino”.

5 – L’eternità.

La nascita spirituale fa coincidere i contraddittori superando gli opposti, l’eterno e il temporale. La nascita, secondo Tauler e Eckhart, si produce in noi nel momento di una presa di coscienza improvvisa della nostra natura: “Ecco: in un momento molto breve, con l’improvvisa rapidità di un lampo, il Signore viene e porta il bene nascosto; là tutto è svelato nella luce meravigliosa che illumina il fondo interiore, tutta la misteriosa verità”.

Ma lo straordinario frutto di quella rivelazione della nostra vera essenza, è che scopriamo l’eternità, nel senso di atemporalità. Eckhart scrive: “Mi hanno domandato cosa fa Dio in cielo. Ecco cosa dico: dall’eternità genera suo Figlio e lo genererà eternamente. E’ così che il Padre crea in ogni anima buona”.

La nascita in Douglas Harding e la Visione Senza Testa.

Il tema della nascita è altrettanto importante in Douglas Harding. Per la Visione senza testa, come per i renani, la seconda nascita spirituale rappresenta il risveglio alla nostra vera natura, cioè il disvelamento della nostra essenza divina.

Così, il contributo della Visione senza testa non sta nel messaggio, che la nostra vera natura è divina (l’informazione è presente nella storia dell’umanità da millenni), ma nei potenti esercizi  di risveglio che essa propone, che ci permettono realmente di sperimentare, di realizzare ciò che siamo, ciò che, da tempo, era riservato a geni come Meister Eckhart. In più, Douglas ha usato il disegno per far vedere le realtà spirituali più profonde.

Questa informazione inaudita, che la nostra vera natura è divina, non è di nessun interesse se rimane una promessa, un’aspirazione indefinita, un fine sempre rimandato a domani, che ci mantiene nell’errore e nella sofferenza, imprigionati nei limiti infernali dell’individualità.

Per Douglas Harding, ci sono tre nascite.

La prima è la nascita fisica, il passaggio dalla matrice della madre alla matrice sociale, nella quale la nostra individualità si sviluppa;

la seconda è il passaggio dalla matrice sociale (la vita umana in società) alla matrice spirituale (il risveglio alla propria vera natura);

e la terza è la nascita ( la rinascita) in Dio, cioè la morte.

Douglas Harding si accorda ad Eckhart e Tauler nel fare del ritorno a sé la tappa principale della via spirituale. L’originalità della Visione senza testa è di proporre esercizi semplici e potenti per operare questo ritorno dell’anima verso il suo centro, perché quella conversione, quella metanoia si realizzi concretamente. Tauler dice che bisogna ricondurre “tutti i nostri sensi in quel centro dell’anima da dove sono usciti” ; è giusto, ma basta per questo ricondurne uno solo e tutti gli altri ritorneranno a quell’unico centro. Così lo sguardo apre quella porta aperta verso la nostra vera natura, porta impossibile da mancare, tanto è vasta e senza ostacoli; per entrarvi dobbiamo invertire la freccia della nostra attenzione di 180° e ricondurre il nostro sguardo verso la sua origine.

Vedete nella direzione del dito? E’ una massa di carne colorata, piccola e chiusa su se stessa, una testa? Non vedete al contrario niente, uno spazio vuoto, senza limite, senza forma e senza colore?

Avendo abbastanza coraggio da accettare l’evidenza che al di sopra delle nostre spalle non vediamo un viso, ma uno spazio d’accoglienza immenso, si produce istantaneamente il risveglio e il piccolo me scompare dal centro della visione.

Douglas amava citare i versi di Eckhart: “Anima mia, esci! Dio entra!” L’uscita del sé significa per Douglas che, tornando al centro della nostra vera natura, cioè prendendo coscienza della vacuità al di sopra delle nostre spalle, comprendiamo che il nostro piccolo me, il nostro ego, la nostra natura umana, diventa periferica.

I due uomini di Eckhart, l’interiore e l’esteriore, sono rappresentati da Douglas in uno schema che fa la sintesi dell’insegnamento di Eckhart.

– L’uomo esteriore, là fuori, che Douglas chiama la terza persona o il piccolo, è quello che vediamo da noi  a un metro di distanza nello specchio; è la nostra apparenza umana, l’individuo con il quale ci identifichiamo a torto e che gli altri vedono. E’ nel mondo, è nato e muore, è limitato, simile a miliardi di altri esseri e soprattutto è provvisto di una testa, piccola massa di carne rosa coi capelli.

–   L’uomo interiore ( l’uomo nuovo del cielo) che Douglas chiama la Prima Persona o il Grande, è quello che vediamo da noi a zero centimetri di distanza; è lo spazio di accoglienza immenso nel quale il mondo si dispiega; la Prima Persona è infinita, eterna, immobile, cosciente e senza testa.

L’uomo interiore si pone esattamente al centro; l’uomo esteriore vive alla periferia; quest’ultimo non scompare, ma smette  di occupare il nostro centro e di velare il vero Figlio. L’uomo esteriore è nato dalla carne, l’uomo interiore è nato dallo spirito e dal mistero.

La Prima Persona è centrale, senza testa e vuota, mentre il piccolo io, quella dello specchio, esiste come oggetto del mondo.

Dobbiamo lasciare il nostro piccolo io, la terza persona, là fuori e non permetterle di venire a ingombrare il nostro centro. Eckhart lo dice in un linguaggio vicino alla Visione Senza Testa: “Nessuno può toccare il fondo dell’anima se non Dio. La creatura non arriva al fondo, gli necessita fare alt all’esteriore”. La creatura si ferma esattamente a un metro di distanza, là dove la troviamo nello specchio e nello sguardo degli altri.

Uscire da sé è lasciare fuori la nostra apparenza umana e mortale, disidentificandoci dalla nostra apparenza fisica, è dimenticare tutte le credenze su se stessi: la forma, il sesso, l’età, la taglia, il colore e vedere che non siamo qui nel centro ciò che sembriamo essere là, a un metro di distanza.

La Visione senza testa ci invita a verificare da soli che al di sopra delle nostre spalle possiamo vedere il vuoto. Basta girare la freccia dell’attenzione e vedere che nessun osservatore guarda il mondo. Il niente, la vacuità non designa niente altro che la non cosa risvegliata e infinita, l’assenza che noi siamo veramente, così differente dalla piccola cosa limitata (la testa, l’individuo) che crediamo di essere e così semplice da vedere. Questa assenza, questo vuoto senza colori e forme si riempie subito del mondo delle forme e dei colori.

Il risveglio alla vacuità è evidente e immediato. Infatti, quanto tempo occorre per vedere il vuoto al di sopra delle nostre spalle? Non è istantaneo e semplice? Il salto nella vacuità e il presente ci fa uscire dal tempo. Douglas scrive: “Il luogo dove siete è fuori dal tempo, assolutamente e per sempre affrancato dal tempo e da tutto ciò che vi si rapporta. Qui, nella Vostra Casa, non c’è traccia dell’ombra del tempo che vi turba. Infatti non siete mai stati altro che nell’eternità, dove è sempre ora 0”.

La nascita attraverso lo Spirito si produce ora, nell’eternità.

Ogni volta che abbiamo il coraggio di guardare al di sopra delle nostre spalle, l’eclatante vacuità infinita che ci attende, noi lasciamo il tempo, la nascita e la morte.

Paradosso ultimo, la nascita alla nostra vera natura ci fa passare al di là di ogni morte e di ogni nascita, e  scopriamo di non aver mai cessato di essere, prima ancora di metterci alla ricerca di noi stessi.

La nostra seconda nascita è la morte della nascita e della morte stessa. In questo istante eterno, dove vediamo la nostra natura vera, viviamo una vita nuova che né il tempo né la nascita né la morte possono toccare, una vita in confronto alla quale la vecchia vita era come la morte.

Ecco brevemente come Douglas con la Visione Senza Testa ci risveglia a noi stessi. Risvegliarsi, è nascere di nuovo, cioè vedere il vuoto al di sopra delle nostre spalle e l’assenza di testa del Figlio eterno.