Nessun luogo dove atterrare di Karl Renz

3ème Millénaire n. 87 – Traduzione della dr.ssa Luciana Scalabrini

D.      Che fare per giungere all’illuminazione?

K.R.   Nessuno risponderà mai a questa domanda. Tutto quello che posso dire è che tutto ciò che fai o non fai non ti aiuterà. Ed è un bene. Sii felice che tu non possa arrivarci con una azione o non azione, una comprensione o non comprensione, qualsiasi siano. Grazie a Dio ciò che fai o non fai è futile e non ti condurrà mai a ciò che sei, alleluia! Ciò che sei non può essere controllato da una comprensione relativa, una azione o non azione, allora, gioiscine.

D. E dopo?

K.R.  Non c’è niente dopo.

D.    Semplicemente continuare a vivere la propria vita?

K.R.  Quale vita? Non c’è una vita da vivere, santo cielo! Di cosa parli? Pensi davvero che hai una vita? Pietra tombale ambulante!

D.    Però Ramana Maharshi ha indicato certe cose da fare, come l’indagine del Sé, lo yoga, i canti sacri…

K.R.   Veramente? Bisognerebbe forse vedere a chi. Forse si riferiva a certe circostanze, ma in fin dei conti  ha detto che tutto quello che facciamo non può farci arrivare a ciò che siamo e che nessuno ci arriverà mai. Se volete una mente tranquilla, si, potete praticare una sadhana, una meditazione, se volete un’esistenza sattvica e armoniosa, ci sono determinate cose da fare, ma per diventare ciò che siete, pff!

Ramana Maharshi ha sempre fatto la distinzione tra i vostri obbiettivi, che  potete raggiungere e voi stessi, che non può essere un obbiettivo!

Tuttavia, se volete essere ricco, in buona salute, avere un corpo solido e una bella silhouette, o qualsiasi cosa, se è questo che volete, si, potete ottenerlo.

D.    Tutte le tecniche non servono per annientare il nostro ego?

K.R.  E’ una bella idea, ma solo una bella idea. Chi deve essere annientato da chi?

D.    Come saperlo?

K.R.  Prova, è quel che dico, fa tutto quello che puoi e forse scoprirai che niente ti aiuta, grazie a Dio!

D.    Ma se…

K.R.  Non c’è nessun se in Quello! Tutto quello che comincia con se è una finzione e tu credi in una finzione, tutto qua; e questo comincia sempre con “forse, se, quando, un giorno se mi fonderò col tutto, la grazia verrà per trasportarmi, se succede questo, forse, forse, forse…”

D.    Qual è il problema con la parola cuore?

K. R.  Perché è una parola esaltata nel senso che non importa quale idea di cuore distrae la tua attenzione da ciò che sei.

D.    Cosa sono?

K.R.  Non lo so, ma sicuramente Quello non conosce il cuore, non ha bisogno del cuore, del centro, del quadro, di definizione di ciò che deve essere per essere ciò che è, il cuore è un altro concetto, ed è tutto.

D.    Ma ci sono indicazioni…

K.R.   Certo, ma “cuore” è come una indicazione speciale, tutti sentono “Ah, il cuore!” . Per me un sorso di caffè è la indicazione migliore. Non puoi chiamarlo  “cuore”, non puoi bere il tuo cuore a piccoli sorsi e il nettare che puoi bere è come un nettare di seconda mano, la dolcezza del cuore è come una dolcezza di seconda mano, ecco tutto. E’ per questo che cerco sempre di indicare che, ogni volta che hai un cuore immaginario che soffre o qualsiasi cosa, quello fa parte di quella realizzazione di sogno e non ha niente da offrire. A volte è gradevole a volte no, ma grazie a Dio nessuno ne ha bisogno. Tutti quei concetti di cuore, aprire il cuore, il cuore in pena e andare al di là, puah! Così io ti dico, supera il cuore, dimentica il cuore di paccottiglia e sii ciò che sei, che non conosce nessun cuore, che non ha bisogno di nessun cuore che si spezzi  né faccia alcunchè.

D.    Sembra che il cuore sia sempre il problema. Sento che sono il centro dell’universo, ad ogni momento…

K.R.  E’ quel che volevo dire, anche quando sei il centro dell’universo, in quanto cuore, o qualsiasi altro centro, la sofferenza è là perché tu ti senti ancora solo, resti il possessore di un cuore solo. Anche al centro dell’universo continui a sentirti solo nella natura e non è quello che cerchi, che è ananda, la pace, quel silenzio in cui non puoi avere il minimo problema con un centro, quel silenzio che  non sa che esiste.

E chi ha bisogno del cuore là? Me, e ancora me; facendo del cuore un idolo, un’icona, è di nuovo adorare un vitello d’oro;  Mosè sale sulla montagna, parla a Dio, ritorna e cosa è successo in sua assenza? I vitelli d’oro si sono moltiplicati nel mondo. Il cuore è  come uno di quei vitelli d’oro. E l’amore, l’apertura, l’unità, tutte quelle cose esoteriche che suggeriscono: “tu devi essere là dove ti dico di essere, devi avere un cuore aperto, il tuo cuore è ancora chiuso? Come ti compatisco!”. Che arroganza!

D.    Tre giorni fa mi hai detto che bisognava che il mio cuore si spezzasse, per vedere  che quello non mi avrebbe portato a nulla.

K.R.  Ciò che voglio dire con quello  è prova, prova a spezzare il tuo cuore, però non è così che si potrà spezzare. Tu non puoi spezzare il tuo cuore e quello ti spezzerà il cuore, è il paradosso. Scoprirai forse che, qualsiasi sforzo farai, non potrai mai riuscirci ed è questo che ti spezza il cuore. Avere il cuore spezzato significa realizzare che non c’è cuore, non c’è casa, da nessuna parte dove atterrare, che non ci sarà mai un posto che tu possa chiamare la tua casa o qualsiasi cosa. E’ quello che spezza il tuo cuore.

Tu speri che quella casa che cerchi sarà come il cuore, speri di trovare un posto dove potrai essere nel tuo cuore e tutto andrà bene, ma ti accorgi che quello è ancora immaginazione, l’immagine di una casa qualunque essa sia; tu puoi starci per un tempo, si, ma poi dovrai lasciarla. Vedi che tutto è un’abitazione temporanea. Allora questo spezza la tua idea di casa, questo spezza il tuo cuore.

Ma, sorpresa, quando si spezza l’idea di cuore, tu sei il cuore! Ma senza conoscere il cuore. Non c’è mai stato niente che non sia Quello, allora, in quel senso tu sei il cuore, tu sei la casa, ma non c’è nessuno in casa. E’ così che il tuo cuore deve spezzarsi, il cuore del possesso. Non ci sarà mai il possessore di un cuore. E’ questa la distruzione del cuore. Tu, che hai fatto di tutto per avere un cuore, conoscerlo, quando vedi che non ci arriverai mai, questo ti spezza il cuore.

D.    Vorrei che tu parlassi di ciò che succede quando si lascia il mentale e…

K. R.  Se vedi che lasci il mentale, sii felice, perché hai molto sofferto per arrivarci.

D.    Ci si sente attirati prima che questo succeda?

K.R.  Succeda? Che cosa succede? Non tentare di farne una storia, un prima e un dopo, parlo di ciò che non ha né prima né dopo. Tutto ciò che ha un prima e un dopo è un po’ come il salone di bellezza dell’universo, ci entri brutto e ne esci bello, c’è perciò un prima e un dopo lo spettacolo e questo fa anche parte dello spettacolo, molto semplicemente, prima e dopo l’illuminazione. Ha! Ha! Ha! Prima di aprirsi , un cuore chiuso, dopo un cuore aperto. “Maestri del cuore” che ti fanno un’operazione del cuore. Immagina la parola “maestro del cuore”, quello che ha dominato il suo cuore, che idea assurda! Colui che è il maestro del cuore, che schiavitù! Che idiozia quel genere di controllo di sé!

E’ una bella storia, ma nessuna storia può portare a Quello. Un cuore  da fiaba, tutto quello di cui possiamo parlare è una bella favola…

Ma devo dire che non puoi evitare di innamorarti di te stesso, ancora e sempre, poi viene l’idea seguente, la trappola seguente, che è fatta perfettamente per te e nasce attraverso di te. Non puoi sfuggirle; il cuore è una di queste trappole, ma ce ne sono molte altre. E tu fai quel viaggio che non avrà mai fine. Sei in trance come in un trip di LSD, ti innamori e sei nella trance di essere innamorato di te stesso.

Allora quell’amore ti ipnotizza e vuoi risvegliarti, ma sei anche ipnotizzato dal desiderio di risvegliarti, un serpente ipnotico  che s’ipnotizza anche lui. Meraviglioso! E non c’è scappatoia! Allora sii felice. Quella storia d’amore con te stesso  è come un dialogo, il silenzio amoroso di se stesso, il silenzio che si realizza in tutti i modi possibili, non puoi sfuggirgli e tu sei Quello. Nessuna scappatoia, allora devi essere ciò che sei, che il tuo cuore sia chiuso o aperto o qualsiasi sia il suo stato.

D.    Allora dici che sei il fantasma, ma non una persona che è il fantasma?

K.R.  No, no, tu sei Quello e non c’è niente altro che Quello. Tutto il resto è una finzione. Quello che dici o vuoi definire, anche quando dici molto intelligentemente “sono ciò che è l’Io, sono ciò che è l’Io sono, sono ciò che è il mondo”, è già un concetto, semplicemente sii ciò che è anteriore, al di là di tutto ciò che puoi immaginare Non c’è mai stato un problema perché Quello fosse. Questa è la tua natura, la natura di Budda che non reclama mai niente, nessuna comprensione. Per Quello niente deve essere o non essere, niente cuore, assolutamente nessun concetto. Tutto ciò non può essere che in presenza di ciò che sei.

Senza questa presenza, niente può esistere Allora sii ciò che non può non essere, e il resto è il resto. Comprensione o no, non ne hai mai avuto bisogno per essere ciò che sei. Così la tua natura è sempre non causata, e tutto ciò che ha una causa, tutto ciò che puoi comprendere o no, anche tutte quelle storie di differenti livelli, tutto ciò è di seconda mano. Realizza quello che sei e ne riparleremo. E realizzare ciò che sei è essere anteriore ad ogni immaginazione e al di là. Quello non è mai stato un problema. E il resto non può mai farti arrivare a Quello che sei. Puoi riposare in pace. Lascia morire tutto quello che può morire e sii  quella vita che non è mai nata e non può morire in nessun modo. Quello è la tua natura e Quello non puoi non essere. E nessun resto di comprensione, nessun mondo di ombre e di esperienze effimere potrà mai portarti a Quello.