Roger Godel e la scienza dell’essenziale di Thérèse Brosse

22/07/2010

« Dove finisce il nostro compito di cardiologo? Esso non comporta limiti; non si arresta, a dire il vero, né agli aspetti somatici né ad una qualunque profondità della psiche; esso ci invita ad andare più lontano nella direzione dell’unità. CHI è l’essere in cui batte il cuore?  Bisogna in ogni caso avvicinarlo, ascoltarlo e farci ascoltare da lui…”

(Roger GODEL. Corrispondenza.

Aprile 1953.)

Vedere per mezzo delle imperfezioni del linguaggio gli aspetti più rilevanti della personalità e dell’opera di Roger Godel, è  molto di più che rendere omaggio all’amico, al medico, al sapiente e al filosofo. E’ attingere alle stesse fonti delle potenzialità umane insospettabili e scoprire con lui come la ricerca dell’ultima realtà dà un senso non solo alla vita, ma anche alle scienze della vita che essa ordina, valorizza e ispira.

A questa prospettiva, da cui non distaccò il suo sguardo, Roger Godel dava volentieri il nome di essenziale, sapendo per esperienza che l’attitudine scientifica più rigorosa non smentirà , ma al contrario, l’efficacia di una presa di coscienza che trascende le vie dell’intelletto più sottile. E si incaricava di proporne l’inconfutabile dimostrazione.

-Quando 40 anni fa uno stage a l’hotel-dieu ci mise per la prima volta uno di fronte all’altro, Roger Godel ed io, differenti maniere non favorirono nessun avvicinamento e il collega non era allora per me  che  che un viso e un nome associato a quello del servizio dove esercitava le sue funzioni.E’ senza ripresa di contatto che nel seguito dei nostri studi medici, ci orientiamo entrambi verso la specializzazione cardiologica che Godel stava esercitando così brillantemente come  medico capo dell’ospedale d’Ismailia.

Da quel momento, i dolorosi problemi umani che lasciano disarmati i medici al capezzale del malato ci condussero, per strade differenti, ma con una stessa preoccupazione, a domandare alle tradizioni millenarie il segreto di una saggezza ricca di possibilità salvifiche

Il legame profondo tra la vocazione umana della medicina e la forte necessità di una conoscenza di un uomo rivalutato alle stesse sorgenti dell’essere, Roger Godel  l’ha sentito potentemente e ne ha scandagliato il mistero mobilitando tutte le forze vive della sua natura d’elezione.Al culmine della realizzazione, lo diceva con una eloquente chiarezza.”Soltanto ora la nostra professione riveste per noi un senso profondo, una pienezza, una bellezza che non conoscevamo all’origine. Ora sappiamo davvero perché l’amiamo con gioia e senza riserva. Essa è’ stata la nostra via, la nostra sadhana, via d’amore e di ricerca.

Nel corso di vent’anni,avevamo già fatto molto cammino senza che le nostre strade parallele si fossero incontrate per darmi il privilegio di incontrare Roger Godel. Al termine di quell’apparente isolamento, quel privilegio mi è stato accordato sotto una forma meno concreta, ma perfino più reale: la prima lettura di una delle sue opere. Fu la meravigliosa scoperta di un insospettabile amico, la comunione in un centro d’interesse e su di un piano che non conosce limiti di spazio e durata, un piano di una . attitudine scientifica rigorosa che può offrire un grande beneficio

Quando nel 1956 le circostanze ci posero di nuovo uno di fronte all’altro, invecchiati di 35 anni,in mezzo ad una gran folla, il riconoscimento reciproco avvenne da solo, senza esitazione nel clima dell’invisibile e impersonale presenza. Ugualmente, la gioia dei colloqui non poteva essere che quella della comprensione comune della realtà essenziale.Quei colloqui non dovevano rinnovarsi che una volta davanti al sopraggiungere dell’ineluttabile… Ma questa parola apparente è senza potere per separarci da un essere sempre presente la cui coscienza e la cui opera si sono realizzate  sotto il volere dell’assoluto.

Dedicandomi il suo “Platone a  Heliopolis”, Godel faceva notare.” questo libretto non prova nulla;ci si potrebbe vedere un divertimento letterario  o erudito. Ma contiene assolutamente tutto ciò che ho da dire di essenziale”. Tant’è vero che non possiamo comprendere degli esseri e delle cose che ciò che trova in noi stessi un’autentica risonanza. Le precedenti considerazioni, come prologo, mostreranno dunque lo spirito cui mi sento incline a ricordare qualche tratto della fisionomia  e dei lavori  di quell’amico  indimenticabile. Omaggio modesto, ma testimonianza fedele di un’eco risvegliata dalla potenza di induzione di un messaggio benefico.

L’abbiamo già detto, è l’esercizio della professione medica che rappresenta, per Godel, il crogiolo dove si affrontano l’uomo, il sapiente, il filosofo con una insaziabile esigenza di verità, nell’elaborazione di una sintesi condizionata dall’ultima saggezza di una coscienza da cui emana ogni cosa, ma che sembra dover sfuggire all’indagine del sapiente.

Magnificamente ispirata a Socrate, quella carriera medica che suscita ammirazione e rispetto, fu un vero compimento: il saggio dice infatti che la via professionale riempie con amore, facilita il cammino verso la verità, diventa la via della conoscenza, che trascende le acquisizione dell’intelletto, che esiste potenzialmente in ogni uomo, e la cui influenza del maestro stimola il risveglio nel discepolo Essa non niente di meno che la conoscenza di sé, la sferzante ingiunzione dell’oracolo di Delfi.

Tuttavia all’inizio del cammino ci possono essere errori fatali. Per chi non ne prende coscienza  con una continua vigilanza e con una costante aspirazione a trascendere i propri miraggi, la ricerca, falsata all’origine, non sfocerà che in stasi. Queste buche sono inerenti a concezioni intellettuali, ad errori di visione, a dei punti di vista errati che occorre rivedere ad ogni costo. Bisogna acquistare una scala di valori conforme alla verità. E’ una guida sinonimo  di conoscenza assoluta; nel nostro ambito scientifico  ha il nome di epistemologia, che per l’etimologia greca è carica di significato: episteme è appunto la conoscenza assoluta, coscienza pura; saggezza che mette l’ordine delle cose in una luce veridica. L’epistemologia corretta sarà dunque quella che si porrà nella luce o almeno che vi si riferirà.

Le parole dei saggi greci sono in tutto conformi a quelle dei grandi rishi della tradizione indiana. ( Potrebbe essere altrimenti in un’esperienza di verità conforme all’universale natura umana?) In questa tradizione vecchia di più millenni, ma che si tramanda ancora ai nostri giorni in sublimi realizzazioni vissute nella loro pienezza, questa via di conoscenza  porta alla liberazione,  come le due altre vie di devozione (bakti) e dell’azione (karma) e più precisamente  quella che si riferisce  all’intelletto, che implica la pratica dell’amore e della giusta azione. Essa porta il nome di Jnana ed esige, allo stadio iniziale la pratica del discernimento, che permetterà di distinguere tra reale e irreale,tra  relativo e assoluto. Lungi dal condannare l’intelletto che si tratta di trascendere, questa pratica lo utilizzerà con un minimo di acume, fino a un culmine, che diventerà il trampolino di lancio del superamento. Sarà la ricerca di una giusta epistemologia.

Il messaggio della Grecia antica conobbe una risonanza così perfetta nella coscienza di Roger Godel che  trasfigurò la sua personalità medica e ispirò tutta la sua opera.Nelle letture come nei pellegrinaggi, è veramente lo spirito dei saggi e l’anima dei luoghi sacri che diventano esperienza, vissuta in modo così autentico che, esprimendola scrivendo, acquista lui stesso il potere socratico di suscitare un risveglio nel lettore in cerca di verità.

Ma , poiché l’India aveva i saggi viventi, quelli che egi descrive come liberati viventi,  sapendo che incarnavano la stessa realtà, andò in India per domandare al saggio induista di chiarire il problema posto drammaticamente a Socrate:” Cos’è l’uomo?”. Non sperava altro che  ottenere una istruzione epistemologica applicabile alla scienza della natura umana che è la medicina. Le sue aspettative furono soddisfatte, credette di sentir parlare Socrate.

L’identità Della saggezza secondo le tradizioni indiane e socratiche ha colmato le speranze di quel cercatore di verità.  egli confronta a volte quelle tradizioni e la sua intera opera le invoca indifferentemente e al tempo stesso le traspone sul piano scientifico. Ci ricorda l’essenziale: l’esistenza al culmine della costituzione umana di una eclatante chiarezza…implicita nella coscienza per cui ogni strada umana è illuminata. Realtà platonica e neoplatonica, realtà pragmatica, e anche teorica,agendo in noi e attraverso noi. L’Jnana del saggio indiano indica quella stessa coscienza illuminata.

In Godel la presa di coscienza dell’essenziale esce dal bisogno di una epistemologia senza errore al servizio della scienza dell’uomo che deve essere un medico degno di questo nome. Il colossale slancio spirituale suscitato da una professione esercitata con amore, vedremo svilupparsi parallelamente alla messa in opera di una conoscenza scientifica e di una vocazione sperimentale rigorosa. Al termine di quella esperienza  spetta ancora al medico portare sollievo al malato e il beneficio di un rinnovamento. Egli ce lo ricorda: ” Se la saggezza deve dare a chi la pratica il privilegio di una felicità egoista, nessuna anima generosa ne accetterebbe i doni”.

Alle prese con il problema della malattia, il medico e il sapiente in lui gettano il grido d’allarme. Nell’ambito clinico molte cose restano da fare: i nostri quadri gnoseologici e i nostri odi di approccio esigono una profonda revisione. Nuove prospettive sulla medicina e in particolare sulla cardiologia non potrebbero ridurre la mortalità delle affezioni più severe? L’adozione di una nuova ottica terapeutica potrebbe derivare da una rigorosa revisione epistemologica della medicina , che si impone imperiosamente. In effetti solo nelle scienze contemporanee questa non è stata sottoposta ad una critica epistemologica.E’ allora che sorge l’aspetto filosofico di questa scienza medica. Il suo approccio non può essere fondato che su una corretta conoscenza della natura dell’uomo. Non può esserci proposta che in una prospettiva advaitica.

Ciò che la medicina studia e applica attualmente nel suo esame del malato sono i meccanismi della sofferenza, ma non affronta l’uomo. Senza dubbio gli aspetti psicosomatici della malattia si sono imposti e nessuno ignora più il peso che aggrava l’organo in difficoltà,che è uno psichismo disorganizzato. Ma attaccarsi all’insolubile problema del punto di congiunzione  dello spirito con la materia appare un errore epistemologico.La psiche così come il corpo, non rappresenta l’uomo integrale e , se i meccanismi d’integrazione analizzati a livello fisiologico sono in una autentica prospettiva umana, è d’obbligo farli avanzare e culminare nel luogo ultimo e immutabile che sta negli altri livelli.

Da dove provengono il corpo, il cervello e la sua contropartita psichica, emozionale e mentale? Le acquisizioni recenti di Godel sulla neurobiologia ci aiutano:”esamino la natura del corpo A cosa si riconduce la sua sostanza? la fisiologia ci dimostra che appartiene alle immagini sensoriali. Il corpo si manifesta  in un campo di coscienza come un’immagine visiva tattile, propriocettiva; assume la natura di un concetto, di uno schema : l’idea di un corpo. La sua apparenza è inseparabile dal fenomeno di coscienza. La coscienza si elabora nell’intimità  della nostra natura neuropsichica ne fa spettacolo.Abbandonando l’identificazione con l’immagine corporea per prendere il posto di spettatore, ci diventa facile osservare la genesi e la dissoluzione delle immagini, così come la sfilata incessante delle espressioni emozionali e mentali della coscienza.

Stabilito in quel posto d’osservazione, nelle profondità di se stesso, l’uomo impara a riconoscere il carattere effimero e inconsistente delle forme apparentemente oggettive che attraversano il campo della coscienza Non può più trovarsi in quella immaginazione illusoria.

La scienza  ammette il postulato che il sapiente assume la posizione di osservatore. Qui deve intervenire il discernimento: questo sarebbe esatto se, come vedremo, l’osservatore esamina, prima di intraprendere la sua ricerca, la sua posizione di soggetto. L’errore sta nell’illusione della dualità soggetto-oggetto; lo spazio e il tempo hanno in noi la loro origine; anche il mondo è in noi allo stesso modo dell’immagine del nostro corpo. Al grande fisiologo Sherrington si deve il merito di avere situato l’osservatore fuori dalle categorie di spazio-tempo Cosa esiste dopo  il riassorbimento delle immagini e dei concetti? Uno stato di pura vigilanza; in questo stato sta la posizione invariabile dell’osservatore.

Per giungere alla verità, la ricerca scientifica deve essere un continuo interrogatorio non solo del cosmo, ma anche di noi stessi. L’universo cessa di apparirci quando si trasforma in conoscenza, la legge allora si sostituisce ai fenomeni.

Ma questa stessa legge deve sparire quando ha risvegliato la coscienza. Non può sperare che, quando l’uomo moderno” avrà riconosciuto la necessità pratica di riferirsi ad una epistemologia senza difetto, un’era di incomparabili scoperte si aprirà per lui?”Allora l’immagine della realtà non sarà più confusa con la realtà che essa nasconde: errore fatale per l’investigazione.

Come una funzione chimica, fisica, o mentale potrebbe appartenere alla materia poiché l’aspetto delle cose non è lui stesso che un’immagine della coscienza dell’uomo? La ricerca scientifica tende verso quella unità nella sua ascesa, e la ricerca spirituale indiana orienta i suoi adepti dalla molteplicità verso l’unità e le correnti profonde sembrano essere propense ad incontrare la cultura scientifica della nostra era. Le scienze fisiche non ci danno forse l’indicazione più chiara? Le forme diventano energia, l’energia simboli matematici; questi simboli nell’unica equazione di Einstein. Ai giorni nostri sotto il nome scientifico si scopre sempre più un insegnamento analogo a quello dei grandi miti dell’antichità, simboli anche loro da scoprire.

In una applicazione precisa, ad esempio l’interpretazione dei fenomeni epifanici, Godel ci dà l’esempio interessante di una conoscenza scientifica fecondata da una sicura intuizione, una epistemologia rivisitata. In un ambito che oltrepassa molto la parapsicologia elementare, studiata nei laboratori scientifici, si basa sulle scoperte psicologiche più recenti per presentare un’ipotesi ardita ma semplice e luminosa, là dove la scienza non osa ancora inoltrarsi.” Una lunga pratica della medicina  nei paesi dell’oriente mediterraneo, scrive nella Grecia segreta, mi ha convinto che le testimonianze dei visionari pongono al fisiologo, al filosofo, allo storico, un problema di estrema importanza.”

Da sapiente aperto, da medico competente distingue accuratamente tra le manifestazioni coscienti dell’elite di una antica civilizzazione e i meccanismi patologici che si possono studiare nei nostri ospedali psichiatrici:” La visione epifanica assume una funzione costruttrice, apre una via su di una prospettiva rinnovatrice” come dimostrano certe osservazioni mediche raccolte accuratamente: in quello ” essa contrasta in modo irriducibile con le allucinazioni che accompagnano profondi disordini di comportamento.”

E subito si impone l’utilizzazione giudiziosa dei lavori di neuropsicologia; il riferimento ai dati più recenti del meccanismo di “integrazione” nei lavori di Penfield sul focolaio “centrencefalico”: le formazioni reticolari della base del cervello rappresentano un sistema generale d’integrazione di cui una delle funzioni più importanti è quella di potenziare i centri sensoriali. Perché il sapiente non vedrebbe in quella rete partecipare alla genesi ed alla proiezione esteriore delle immagini epifaniche? Basta ammettere una semplice trasposizione del corrente eccitatore che viene dall’interiorità centrale e non dagli stimoli della periferia per arrivare agli organi di senso. «Il meccanismo che procede all’emissione  delle immagini epifaniche ci meraviglia per la perfezione della sua regolazione. E’ con un’esattezza notevole che si adatta alle circostanze e alle cose esterne esprimendo però le regole profonde della vita soggettiva, individuale o collettiva. Il potere d’integrazione che si manifesta in quel meccanismo dimostra che la funzione spirituale creatrice di forme scende dalle gerarchie più elevate della neurofisiologia. »

Questo non è che un esempio tra tanti altri. Non sapremmo ricordare qui tutta la presentazione psicologica accuratamente documentata e giudiziosamente utilizzata che Roger Godel mette a disposizione del lettore in un’opera come” Vita e rinnovamento”.Per  chi sa sa stare all’ascolto della sorgente di verità che ha ispirato l’autore, il potere catalizzatore del messaggio socratico favorisce il risveglio di una nuova coscienza o, in altre parole, il risveglio del sognatore ingannato dalle sue proprie immagini.

Che cos’è questo risveglio e come accade? Abbiamo già capito  che sta tutto nel capire un dato che era fin qui estraneo e sconosciuto: la presa di coscienza dell’essenziale. Allora è augurabile che un uomo di scienza”cominci da sperimentatore lo studio dell’ambito metafisico, il mondo della profonda interiorità”.

Ma di primo acchito, c’è spazio in quell’ambito per una ricerca di carattere scientifico? Roger Godel non ne dubita, attribuendo deliberatamente il titolo di sapiente  a uno Xenofane, a un Parmenide. “L’esigenza di verità che mosse Parmenide a portare la sua ricerca nel cuore dell’essere mostra bene lo spirito scientifico, perché stabilisce subito le condizioni indispensabili per una impresa del genere”. Essa gli fa scartare l’incerto e il relativo per una realtà stabile sottratta alle vicissitudini del cambiamento e del tempo.Spinge a scoprire nella coscienza ed a utilizzare”lo strumento appropriato a raggiungere lo scopo proposto”.

L’epiteto di sapiente si può discutere per chi testimonia un bisogno assoluto di conoscenza del reale, per chi aspira a quella esperienza cruciale che soddisfa all’esigenza di un bisogno di verità?  Ciò che qui conferisce all’esperienza il suo carattere insolito è il livello dove si colloca l’esplorazione.

La scienza suprema non prevede l’esplorazione del mondo sensoriale nè la potenza e l’ingegno del pensiero diversificato. Apre la strada ad un realismo nuovo che sostituisce al falso realismo delle apparenze una testimonianza diretta “sorta dal solco indistruttibile dell’essere”.Alla base di questo cambiamento, il pensiero si riduce al silenzio; la sua stessa natura gli proibisce la percezione di quella “immutabile realtà”. Le speculazioni intellettuali coi loro limiti lasciano il posto ad una esperienza metafisica autentica. Quello che il saggio ci propone non è l’adesione ad un principio teorico, , ma un’esperienza interiore che egli induce, esperienza inconfutabile. Socrate non ebbe discepoli nel senso intellettuale del termine, ma dei dei ” compagni del meravigliarsi” La sua saggezza illuminante aprì a ciascuno” una strada reale alla ricerca dell’essenziale”.

Su questa via scendente dove l’intelletto  arriva ad un certo momento ad abbandonare le sue prerogative, non potrebbero esserci anticipazioni, prefigurazioni, di quello che sarà l’esperienza. Nell’arco discendente invece al livello neurofisiologico dell’integrazione, un atto motorio per esempio comporta uno schema neurologico d’esecuzione. La configurazione dinamica invisibile, determinata nei minimi dettagli precede l’apparizione del movimento. Niente di simile al sommo dell’essere: il contenuto dell’esperienza sorge in una rivelazione imprevedibile.

Grandi leggi presiedono inevitabilmente a quel dinamismo della vita interiore e la medicina che ” si professa in pratica una scienza dell’uomo da cui pretende derivare il suo sapere” non saprebbe “esservi estranea più per molto….”.

A questo proposito nessuna testimonianza nel campo della conoscenza umana è da trascurarsi nell’elaborazione di una scienza di cui s’impone la necessità. tale l’ambito dove lo storico delle religioni e dei metafisici ci invita a penetrare. L’uomo di scienza rifugge  ad iniziarne l’esplorazione senza preconcetti e con una mente aperta.  E invece il terreno della neurofisiologia, terreno d’esplorazione, potrebbe rivelarci degli elementi suscettibili di “mostrare dei meccanismi presentiti”. Roger Godel, che sa affiancare l’erudizione dello storico alla visione del saggio, non manca di proporcene lo studio, pur riconoscendo la difficoltà dell’impresa.

La materia,” così rigorosa scientificamente, come ogni altra” esige dallo studioso ” una preparazione metodica all’investigare e i metodi applicabili allo studio del mondo oggettivo non  possono adattarsi  allo studio dell’universo che è fatto dell’interiorità così comunemente definita superficialmente come irreale.” Di nuovo interviene il testo epistemologico:”In questo campo di forze alle configurazioni così mal conosciute, una falsa ottica porta l’osservatore a deformare e a rendere sostanziali le figure che  gli si presentano.Egli le sottomette ad una analisi grossolanamente razionale e ne perde l’essenza. I suoi documenti sono privi di valore”.

Qui Roger Godel cita l’opera incontestata del professor Bachelard, che” nel corso di una serie di studi penetranti dedicati alla scoperta dell’interiorità,ha dimostrato che l’immaginazione ubbidisce a degli imperativi precisi”.Non vi si attinge la convinzione che le immagini e i miti scoprono a colpo sicuro le linee di forza di una struttura interiore dell’uomo?

Felice chi, nello studio delle forme sa scoprire l’evoluzione della vita. Il prof. Bachelard stigmatizza l’essere privato di quella che chiama”la funzione dell’irreale”. “Così come l’essere privato della funzione del reale, è un nevrotico”. Dietro l’immagine delle figure mitiche, c’è una cera “funzione biologica”, che per la nostra scoperta. Al di là delle funzioni psichiche, perché la ricerca scientifica si rifiuterebbe di esplorare l’uomo” fino al termine della sua vita interiore?”

E’ l più alta via che ci sia proposta: l’uomo porta nella sua struttura delle leggi biologiche di cui può registrare gli effetti, ma la sua essenza gli sembra inaccessibile. Lo sarebbe infatti, se l’ingiunzione dei saggi non ci proponesse un altro modo d’approccio…E’ una salita in senso inverso della morfogenesi, l’invito a riassorbire le forme e il pensiero. Platone ci dice che”la visione della mente non comincia ad avere l’occhio che percepisce, se non quando l’occhio ha perduto il suo acume.” IL silenzio interiore di cui parla il saggio gli rivela una verità simile a quella che Socrate evocava. Benché  trascenda la nozione di spazio quella esperienza d’assoluto appare come il risultato di una vera progressione ascensionale. La verticalità nei fenomeni psichici non è solo una metafora, come nota Bachelard, è una autentica scala di gradi. In psicoterapia il metodo del sogno da svegli di Desoille rivela che il simbolo scopre effettivamente una efficace potenza.

Al di là della psiche dove si manifestano l’emozione e la ragione ordinaria, esiste una “funzione conoscente  atta a cogliere ciò che sfugge del tutto ai sensi e all’intelletto”. Puntare la ricerca verso quella luce, riconoscendo( con l’appoggio della scienza moderna) la relatività e l’illusione del mondo dei fenomeni, è già allontanare un turbamento epistemologico che può essere fatale al progredire. Strada facendo, mentre  si rivede il valore dei concetti intellettuali, il nostro io stesso si rivela come un compromesso funesto tra coscienza di  sé che deriva dal livello superiore, impersonale  della nostra costituzione e l’immagine senza consistenza di un corpo personale.

Ai grandi rishi dell’India, ai saggi della Grecia conviene solo il termine di di liberati viventi. La loro esperienza è liberatrice nel senso che essa ha una volta per tutte distaccato la coscienza pura dai livelli della manifestazione. Non si tratta di una realizzazione per il sapiente che voglia beneficiare nella ricerca della pratica del “discernimento”. Lo stadio ultimo in effetti è “conoscenza assoluta” e la stessa nozione di scienza non ha più il suo posto. Possiamo ammettere l’autenticità di quella esperienza riferendoci a molte nozioni messe a punto dalla scienza contemporanea; possiamo trovare nella presenza e nell’opera di quei pionieri della specie umana un indubbio aiuto al nostro sviluppo. Ma le prospettive che ci scoprono  indubbiamente solidi paletti sul cammino  della conoscenza dell’uomo Ci forniscono la calamita che riorganizzerà gli elementi della nostra conoscenza. Aprono una via alla scienza dell’essenziale.

Per Roger Godel quella lunga e fruttuosa peregrinazione in compagnia dei saggi si risolve in un’opera di sintesi di alta portata nella costruzione delle scienze umane. Ma quel medico d’eccellenza ha voluto anche e prima di tutto che la sua comprensione favorisca l’opera di rinnovamento che deve essere l’assistenza al malato. Le osservazioni incoraggianti dello”Sguardo alla medicina” provano che il suo sentimento profondo del reale  si è rivelato  prescienza.. Come i suoi maestri dell’antichità, ha saputo scoprire nel malato la via di penetrazione verso il potenziale d’energia rinnovatrice. “Se una tale breccia sta per aprirsi, non è nell’ingegnosità di un sapiente, ma attraverso l’autentica conoscenza dell’uomo.

Questo è il messaggio di trasfigurazione che offre alla nostra meditazione Roger Godel alla ricerca dell’essenziale. Strappandola troppo prematuramente a quell’opera scientifica così totalmente umana, l’implacabile destino sembra aver voluto coronare la vocazione la vocazione drammaticamente espressa: “Perdersi nell’amore,perdersi nell’istante, nel fuoco della beatifica luce, fino all’ultimo vestigio di se stessi.

Thérèse BROSSE

trad:L.S.