SCIENZA SPIRITUALE O SPIRITUALITA’ SCIENTIFICA: verso una nuova coscienza in un mondo in crisi

 

 

ANDREAS K. FREUND

SCIENZA SPIRITUALE O SPIRITUALITA’ SCIENTIFICA:

 verso una nuova coscienza in un mondo in crisi

(traduzione a cura di Maurizio Redegoso Kharitian) 

 

Lo spirituale sarà scientifico o non sarà più” 

(Camille Flammarion)

“Occorrono degli oratori nei laboratori” 

(Albert Einstein)

 

“Penso che l’obiettivo del prossimo secolo, di fronte alla più terribile minaccia che ha conosciuto l’umanità, sarà di reintegrare gli dei” 

(Andrè Malraux)

 

 

“La fede e la ragione sono come due ali che permettono allo spirito umano di elevarsi verso la contemplazione delle verità” 

(Giovanni Paolo II)

 

“E’ venuto il tempo per l’umanità di passare al di là del mentale per raggiungere lo stato di pura coscienza”

(Sri Tathata)

 

 

   La scoperta della fisica quantistica all’inizio del secolo scorso ha rivoluzionato la nostra comprensione della natura. Oggi, le applicazioni tecnologiche del quantico hanno un impatto molto importante sulle nostre vite. Ma poche persone sono relativamente coscienti degli aspetti filosofici, metafisici, ugualmente rivoluzionari di questa nuova scienza. La visione quantica del mondo si avvicina in modo sorprendente ma logica della scienza orientata verso l’esterno (fisica, chimica, biologia, …) e l’esperienza della conoscenza tramite la ricerca interiore (meditazione, espansione di coscienza, …) si fa notare progressivamente. Gli aspetti materialisti della scienza si cancellano via via nella luce di un nuovo approccio più globale, in cui la scienza è non solo compatibile con ma associata alla spiritualità: in questo nuovo spazio scienza fa rima con coscienza.

 

 

 

 

   Oggi la nostra comprensione di noi e del mondo, della vita e della nostra esistenza, sta passando per una transizione come non era mai accaduto. Questo profondo processo del passaggio verso una nuova era è recepito ovunque nel mondo, ad ogni livello, in tutte le culture. E’ un profondo shock che ha già colpito e scuote i fondamenti delle percezioni e strutture scientifiche, sociali, politiche, economiche. La tradizione vedica, la più antica al mondo, fonte di tutte le correnti spirituali e religioni, parla di un cambiamento di yuga che ha luogo periodicamente. Questa transizione è preceduta da turbolenze che si manifestano con delle crisi. Non sono crisi di energia o crisi di economia, ma sono delle crisi d’ignoranza e di assenza di coscienza, e malgrado questo il progresso straordinario della scienza, in particolare della fisica quantistica che è entrata in altri domini di ricerca scientifica come la chimica e la biologia.

Non possiamo capire la fisica quantistica con un approccio mentale ordinario, affermano i padri di questa rivoluzione scientifica. Ed anche se il formalismo matematico funziona perfettamente e dà risultati che sono verificati con l’esperienza, la comprensione profonda della filosofia dietro questo concetto necessita di una trasformazione della coscienza, del nostro strumento di percezione interiore. Questa rivoluzione interiore è già iniziata, come testimoniano le pubblicazioni in numero crescente sul significato della quantica nella nostra vita. Essa è basata su una percezione globale di un sistema in cui tutto è connesso, una struttura dinamica aperta a tutte le possibilità in cui più nulla è predeterminato come nella fisica classica, in cui l’importanza della connessione diventa primordiale. Non è un caso che il World Wide Web sia stato inventato presso il CERN nella nostra epoca.

Quando il saggio mostra la luna, l’idiota guarda il dito”. Gli scienziati, diciamo in maggioranza, si focalizzano sull’oggetto e dimenticano il saggio. Colui che si basa sul misticismo guarda il saggio e dimentica la luna. Allora l’idiota è almeno altrettanto intelligente degli altri due, perché la relazione rappresentata dal dito, è essenziale. La parola latina intelligere significa collegare.

   Le scoperte scientifiche fondamentali e gli sviluppi tecnologici concomitanti, il volume di conoscenza in tutti i campi della ricerca, delle scienze dure e delle scienze molli, aumenta in modo non lineare, meglio esponenziale secondo la “legge di Moore”. Questo ammasso di sapere gonfia in modo accelerato fino a raggiungere una massa critica in cui il livello della coscienza umana, la capacità della “di-gestione” di questa inflazione di scoperte sul piano etico e morale, colma il suo limite. E’ portata a fare un “salto quantico” in un nuovo modo di vita atto ad integrare con discernimento ed armoniosamente in una conoscenza globale in cui sapere è completato da savoir-faire (tatto, abilità, destrezza). Ma per intravedere quale scopo?

E’ stato spesso detto che la scienza ci ha condotti al bordo di un abisso, ma è piuttosto il modo di orientare, di condurre la ricerca e di utilizzare i suoi risultati che è la causa del problema. Un cambiamento del paradigma maggiore nella visione del mondo conducente una curva del comportamento umano senza precedenti diviene cruciale. Un’evoluzione adeguata della coscienza deve accompagnare l’evoluzione della scienza in uno stesso ritmo.

Possiamo comparare il passaggio attuale al meccanismo di un terremoto. Le placche tettoniche sono spinte costantemente l’una contro l’altra. L’energia potenziale è accumulata fino alla soglia al di là della quale un movimento è scaricato bruscamente. Così il potenziale crescente dei nostri saperi e strumenti tecnologici aumenta fino al punto in cui delle scosse si producono dove i magnitudi aumentano. Una presa di coscienza importante e collettiva diviene inevitabile. E’ l’evoluzione che conduce alla rivoluzione, è un risveglio brutale esteriore che provoca il risveglio interiore dormiente. La dinamica di questi processi si riflette nella natura.

In fisica una transizione di fase, per esempio del paramagnetismo al ferromagnetismo in un materiale, comincia da un allineamento delle rotazioni (momenti magnetici degli atomi) in piccoli spazi. Con il cambiamento della temperatura, questi spazi fluttuano ma ingrandiscono gradualmente fino a che tutto il volume sia spostato interamente nella nuova fase in cui tutte le rotazioni degli atomi siano parallele. E’ una transizione del disordine verso uno stato ordinato. Similmente la presa di coscienza collettiva globale è preceduta da prese di coscienza individuali, poi da piccoli gruppi che costituiscono i germi della cristallizzazione di un processo globale. La storia ci mostra che i grandi cambiamenti sono stati scatenati da un piccolo numero di individui.

Ogni analogia è da prendere con precauzione. Ma è interessante guardare il comportamento dell’uomo secondo ciò che ha osservato nella natura in quanto studiandola vi proietta la sua visione, la sua attenzione soggettiva; adatta la natura al suo proprio modo di vivere, se ne appropria in qualche misura. Così la natura diventa il suo specchio, uno specchio attivo che l’aiuta a scoprirsi. Facendo della ricerca verso l’esterno, ritrova se stesso. “Lo spazio prende la forma del mio sguardo” dice l’astrofisico Hubert Reeves. Prendiamo, per esempio, il computer, invenzione dell’uomo. Esso funziona con un programma, il software, che rappresenta il cervello. L’elettronica corrisponde al sistema nervoso e la tastiera, lo schermo, la meccanica dell’hard disk, la cassa al corpo fisico dell’uomo. L’uomo ha creato il computer ad immagine del suo funzionamento. E dopo diciamo che l’uomo è un computer, una macchina! E’ lo stesso con la coscienza che forma la materia a sua immagine e non l’inverso. Ma è anche vero che vi è una retro-influenza, e l’uomo creatore può diventare lo schiavo del suo prodotto, vittima del suo narcisismo mentale che rifiuta di guardare al di sotto della superficie riflettente la sua immagine, di ascoltare l’eco della sua anima.

La natura è generosa per natura come una madre. Ci permette di dispiegare progressivamente i suoi segreti, senza che noi abbiamo bisogno di utilizzare la tortura come fu proposto da un certo filosofo intravedendo la sua manifestazione in uno spirito di sottomissione umiliante. Una volta che l’essere umano ha fatto una scoperta, ha ricevuto una risposta alla sua domanda, diventa letteralmente responsabile. E’ la responsabilità che deve accettare in cambio, è il prezzo da pagare. Essa si situa ad un altro livello, al livello della coscienza. La deontologia della scienza in senso ampio, transdisciplinare, emerge dalla coscienza, dalla spiritualità che definisce dei valori trascendenti quelli dell’ego.

Non possiamo arrestare la ricerca in quanto è inerente all’evoluzione dell’uomo, potremmo dire che essa segue l’istinto di scoprire in un senso nobile. Poiché il livello della domanda del ricercatore determina il livello della risposta, è il suo livello di coscienza che determina la natura ed il livello d’impatto delle scoperte. In questo modo le scoperte che l’uomo fa sono sempre in scala della sua coscienza crescente. Grazie a questo principio non corre il pericolo se fa della ricerca. Ma quanto agli obiettivi l’uomo ha questa libertà di scegliere, di prendere delle decisioni sia in favore del placebo del suo ego (che nominerei “placego” : ciò che piace all’ego), sia per servire uno scopo superiore per il bene dell’intera umanità.

 

L’umiltà è un fattore molto importante in tutto ciò che intraprendiamo. Essere meravigliati nell’ammirazione della creazione, avere un sentimento di gratitudine profonda di poter scoprire l’immensità di tutto ciò che la natura ci offre di bello, ci mantiene in un rispetto di questo grande principio creatore che è all’origine di tutto e che tutto ritorna.

 

Numerosi grandi scienziati hanno espresso questo sentimento. Einstein ha detto che “l’anima di colui che non sa più meravigliarsi ed essere invasa da un ammirazione rispettosa [della creazione] è già morta”. Possiamo celebrare ciò che sappiamo rimanendo completamente coscienti di questa immensità che non conosciamo. Se un giorno ci vediamo diventare arroganti, se l’effetto placego si manifesta, dobbiamo ricordarci la domanda posta da Stephen Hawkins: “Anche se esiste una teoria unificata, questa non è che un insieme di regole ed equazioni. Che cos’è che soffia il fuoco nelle equazioni e crea l’universo che esse descrivono?”.

    Oltre ai livelli della conoscenza e della coscienza che definisce il livello della realtà ad un certo momento, esiste un terzo fattore che è essenziale per un funzionamento armonioso dell’uomo nella società, è il livello dell’essere. Corrisponde al livello d’espressione dell’anima nei nostri pensieri ed azioni. E’ lei che parlava attraverso François Rabelais quando pronunciava la celebre frase: “scienza senza coscienza non è che una rovina dell’anima”. Meno l’effetto placebo è forte, più l’anima può farsi ascoltare. La sede dell’anima si situa tradizionalmente nel cuore, le decisioni devono essere prese al livello del cuore. La sede del mentale e dell’intelletto è il cervello. Il centro emozionale che ha uguale importanza si trova al livello della pancia. Ma è il cuore che deve essere il maestro. Sul piano di ciò che è fisicamente misurabile, i campi elettrico e magnetico del cuore sono largamente superiori a quelli del cervello.

E’ sorprendente constatare che i significati che diamo ai termini utilizzati in filosofia e nel linguaggio comune possono perdurare lungamente mentre la quantità di conoscenze e la qualità della comprensione di un oggetto, di un processo o di un fenomeno sono totalmente cambiati. Per esempio, oggi parliamo ancora di atomo come un oggetto che “non possiamo tagliare” (in parti) secondo la parola greca. Eppure, più di un secolo fa siamo riusciti a mettere in evidenza che ciò non accadeva: l’atomo consiste di elettroni, protoni e neutroni e da ancora altre entità quantiche più esotiche. Costituisce un’entità vibratoria che non funziona affatto come un microsistema planetario! Fintanto che il nostro linguaggio non cambia in funzione della nostra conoscenza avremo delle difficoltà a fare il salto della descrizione mentale che è, per esempio, la matematica, verso una vera comprensione che cambierà il nostro comportamento. “Un’altra lingua!” gridava Rimbaud.

La fisica moderna ci ha fatto scoprire che la materia non è una massa inerte senza vita, ma al contrario una cosa che vibra, che possiede una dinamica e vive la sua propria vita. E’ luce condensata, che ha la facoltà di illuminare. Nel contesto della fisica quantica si parla spesso di “dematerializzazione” del mondo. Se cambiassimo la nostra percezione della materia, dovremmo anche cambiare il significato delle parole derivate, per esempio “materialismo”, e inventare un nuovo vocabolario per pronunciare il verbo creatore, esempio la parola “corda”. Effettivamente, in un nuovo modo di vedere, l’apparenza delle cose cambia, ciò che ci mostra che siamo co-creatori soggettivi. L’oggettività così cara agli scienziati è diventata un mito del passato: questo è ugualmente un risultato della fisica quantistica. La vera scoperta passa dalla conoscenza della propria soggettività che abitualmente è un affare complesso e lungo ma nello stesso tempo eccitante e gratificante.

A proposito di vocabolario è molto interessante ed utile di risalire all’origine delle parole, che sono state prese in prestito dalla scienza per contenere, vestire un’idea, un concetto o un’osservazione del mondo esterno. Per esempio, la parola science utilizzata nelle lingue francese ed inglese proviene dalla parola latina scientia che vuol dire conoscenza. La parola conoscenza a sua volta può essere compresa come “essere nato con”. In tedesco, svedese ed olandese il termine per scienza ha una radice differente: Wissenschaft è composta da wissen che può essere associato al termine latino videre (vedere) e la parola tedesca schaffen (creare). Dunque Wissenschaft è ciò che è creato dalla vista. Ma vi sono ancora altre radici per questa espressione: la parola wizzan dal tedesco antico che vuol dire avere visto, ed il termine Sanscrito veda. Ciò ci ispira che tutto è stato visto e dunque già conosciuto. In questo modo ricreiamo il mondo attraverso la nostra esperienza. “Nessun uomo può rivelarvi qualcosa se non ciò che riposa già mezzo addormentato nell’alba della vostra conoscenza” dice il poeta Khalil Gibran.

Una nuova forma di percezione diviene possibile grazie all’apertura verso una coscienza superiore che implica l’accettazione del fatto che una tale coscienza esiste e che ci è accessibile. Questo è insegnato in tutte le grandi tradizioni spirituali. Possiamo chiamarla super-coscienza, il campo di tutto il possibile, l’oceano infinito, Dio, il grande ingegnere, il principe della creazione, la legge universale, la verità ultima…L’accesso al campo della conoscenza diventa possibile grazie all’eliminazione sistematica e progressiva delle proiezioni mentali prodotte per l’effetto placebo, e dalle illusioni supportate dall’ignoranza, da uno sviluppo della capacità di discernimento, chiamata viveka in sanscrito. Attraverso  viveka  accediamo a tattva, la verità. Questo processo è profondamente scientifico ma diretto verso l’interno. Qui l’aiuto di un maestro è estremamente prezioso.

Nella storia dell’umanità, la scienza e la religione sono state lungamente apparentate. Nella sua opera Le forme elementari della vita religiosa Emile Durkheim mostra che i quadri del pensiero scientifico come la logica e le nozioni del tempo e dello spazio trovano la loro origine nei pensieri religiosi e mitologici ancestrali. “Le nostre origini sono davanti a noi” diceva Martin Heidegger.

Sviluppando ed applicando le nostre facoltà spirituali in modo scientifico, vale a dire con viveka, troviamo una nuova e nello stesso tempo antica concezione del mondo. In questa visione globale il materialismo è dematerializzato, il misticismo è demistificato, la superstizione non trova più il suo spazio. I classici opposti come la scienza e la spiritualità o ragione e fede diventano due modi complementari di ricerca e di esperienza della verità che si arricchiscono mutualmente. I “quanti” della scienza esteriore, al lato opposto, trovano il loro corrispondente nei “veritoni” o granelli di verità della scienza interiore, lato frontale. Lo sterile conflitto tra creazionisti ed evoluzionisti diventa obsoleto in quanto il principio creatore è non solo compatibile ma sinonimo con il principio dell’evoluzione. La ricerca dell’espressione della verità esteriore si collega con quella della verità interiore.

Il dualismo scienza-spiritualità diventa i due aspetti di una stessa entità come il dritto ed il rovescio di uno stesso tessuto, in modo simile al dualismo particella-onda che non è altro che due modi di esprimere ciò che chiamiamo quantom. Quest’ultimo adatta la sua apparenza al nostro modo di osservare: i quanti mostrano del discontinuo quanto alla loro quantità (possiamo contarli) e del continuo quanto alla loro spazialità (non possiamo localizzarli in un punto).

Tutto ciò parrebbe semplice – inizialmente. Gli attrezzi, degli strumenti performanti di percezione sono stai sviluppati per servire i due tipi di scienza: i nostri sensi e le loro estensioni – i microscopi ed i telescopi per l’esterno, meditazione e contemplazione per l’interno. Non manca che la motivazione per prendere la ferma decisione di utilizzarli bene, di pulire regolarmente le “lenti” e di aumentare la loro acutezza. Certamente, vi sono degli ostacoli, delle resistenze da superare e dei problemi complessi da risolvere. Ma visto che è l’uomo che ha complicato le cose, l’uomo può anche semplificarle, e non è solo al mondo. Le tradizioni spirituali dicono che in tempi di crisi degli esseri dalla coscienza superiori come i profeti ed i saggi (Buddha, Gesù…) vengono ad aiutare l’umanità ad elevare il proprio livello di coscienza. Essi hanno dei traghettatori: sta a noi riconoscerli e seguirli.

 

La nostra visione del mondo cambia costantemente nella misura in cui la osserviamo. Occorre dunque effettuare senza sosta nelle nostre teste (ed altrove…) una messa a punto, compresi i significati che attribuiamo ai termini utilizzati per descrivere e trasmettere le informazioni registrate.

 

Quale nuova terminologia andiamo ad utilizzare per mettere in moto ciò che noi vogliamo capire? Ciò corrisponde ad un considerevole lavoro, diventa una messa all’opera, una rivoluzione permanente, ad ogni istante. Quando viviamo nel presente abbiamo il vantaggio che i dogmi non hanno il tempo di insediarsi.

Ritorniamo alla fisica quantistica. Una rivisitazione esauriente delle ricadute filosofiche della meccanica quantistica è data da un libro recente di Jean Staune. Osservando bene l’osservatore partecipante che crea la realtà essendo creato lui stesso dalla realtà. Questa interazione osservatore-osservato passa in seno al campo chiamato “campo del punto zero” o “campo quantico unificato” che consiste in un mare sottile di energie fluttuanti a partire dalle quali tutto emerge: atomi, galassie, stelle, pianeti, esseri viventi. Le sottili interazioni in questo campo di coerenza universale sono talmente sensibili che soltanto l’intenzione di procedere ad un osservazione produce già un effetto. La filosofia vedica impiega le parole akasha e èther (da non confondersi con la sostanza la cui assenza fu dimostrata da Michelson e Morley).

Insomma, ogni materia proviene da una forza e non esiste che da questa. “Dobbiamo presumere l’esistenza, sotto questa forza, da uno spirito cosciente ed intelligente” dice Max Planck, uno dei fondatori della fisica quantistica. Lo spirito si manifesta attraverso la materia. La materia è un’espressione dello spirito. Nello stesso modo la luce è un’espressione dello spirito. Lo spirito utilizza questi due aspetti per manifestarsi, e potrebbero essercene altri, che ne sappiamo noi? Questo spirito è la matrice di tutta la materia. In questa matrice, siamo il recipiente nel quale esistono tutte le cose, i co-creatori colleganti il nostro mondo interiore al mondo esteriore in uno spazio dove scienza interiore e scienza esteriore si fondono.

La millenaria tradizione vedica trasmessa dai rishi dice che esiste un ordine naturale delle cose chiamato Dharma. La parola Dharma designa altrettanto bene sia la verità assoluta che la porta che apre la possibilità di conoscere questa verità e di realizzare uno stato di completa perfezione. In questo modo il Dharma è nello stesso tempo lo scopo ed il mezzo per ottenerlo: il cammino che porta al risveglio totale di tutto il nostro essere e di conseguenza ad una divinizzazione della vita terrena. Nell’insegnamento vedico, il cammino di mezzo riunisce scienza esteriore e scienza interiore.

Terminiamo con la parola di Abhinavagupta, maestro del shivaismo del Cachemire del X secolo: “Basta parole. Ecco i canti della realtà. Che ci portino verso il loro tesoro nascosto che altri non è che noi stessi”.