Scoprire la pace felice di Francis Lucille

3ème Millénaire  n.79 – Traduzione della dr.ssa Luciana Scalabrini

3m.  Che direzione dare a un ricercatore? Qual è l’asse essenziale secondo la tua esperienza?

F.L.  La ricerca è la ricerca della pace felice. Questa è il fondo stesso del nostro essere. Non deve essere creata o ricreata. Deve essere scoperta… e ciò che la copre è un mucchio di credenze che abbiamo adottato dai nostri genitori, dalla nostra cultura, dalla nostra civiltà, che gira attorno alla nozione di essere un individuo separato. Se conducessimo una ricerca di quei momenti in cui abbiamo avuto una sensazione di mancanza, di miseria, di insoddisfazione, di paura, di frustrazione, ci condurrà sempre a quella nozione di identità separata.

La domanda che si pone è: qual è la natura di quella entità separata? Che cosa sono?

Non sono il corpo, né i pensieri che si presentano, ma sono la coscienza alla quale il mondo, il corpo, i pensieri si presentano. Quello è la mia natura. Il condizionamento socioculturale mi ha portato a credere che quella coscienza è personale. Nei fatti, nell’universo fisico niente è separato: tutto è legato. Nell’universo sottile, il mondo delle idee, dell’informazione, è la stessa cosa. Le idee non sono proprietà di nessuno, esse circolano.  L’internet umano è esistito molto prima dell’internet informatico. Le idee sono non locali. Non c’è separazione. Se a livello fisico come a livello informazionale non c’è separazione, perché ci sarebbe separazione a livello della coscienza? La separazione è semplicemente la nostra credenza che ci sia separazione. La diversità è la nostra credenza che ci sia diversità.

Questo può sembrare intellettuale, ma niente è più falso, perché ciò che è intellettuale è la proiezione del concetto di diversità su una realtà che è una. Quando i fantasmi dell’ignoranza svaniscono, ciò che resta è quel che siamo. Nella conoscenza di ciò che siamo, proviamo gioia e pace. Come diceva il mio amico Yvan Amar, la gioia e la pace in movimento e la gioia e la pace in riposo.

3m.  Siamo di fronte al fatto di essere identificati alla credenza  di essere  entità separate. Un ricercatore di verità si domanda necessariamente come far fronte a questo…

F.L.  Lo scopo è lo stesso per tutti i ricercatori. La strada è diversa per ciascuno. La cima è unica, le vie verso la cima variano a seconda della posizione dell’alpinista sul fianco della montagna. Alla domanda: “Come arrivare alla cima?”, non c’è un’unica risposta. E’ lì che, in fondo, interviene l’insegnamento. Per essere efficace, l’insegnamento deve essere su misura. E’ lì l’utilità dell’insegnamento umano, che permette di vedere dove è situato l’allievo, dove è la cima e qual è il cammino più facile per arrivarci.

Certi ricercatori hanno accumulato molte abitudini di pensieri e di credenze. La ragione che procede dall’intelligenza, e la luce di verità che è stata intravista improvvisamente sono gli strumenti efficaci per smantellare le proprie credenze. Ma è la stessa cosa per gli ostacoli accumulati a livello del corpo; un modo per sentirsi prigionieri del corpo, delle contrazioni, delle resistenze, delle abitudini di muovere il corpo, che tradiscono la frustrazione, la timidezza, la paura. Anche lì un cammino può essere utile allo scopo di liberare il corpo dalla prigione delle abitudini. Un primo lampo di comprensione è importante, ma non è che l’inizio della tappa finale. Questa è descritta nel modo seguente dal saggio Krishna Menon (Ndr: il lettore per approfondire legga la lettura n. 71 delle traduzioni col titolo “Io è una porta” di Philip Renard ): quando né i pensieri né i sentimenti, né le percezioni sensoriali vi distolgono più dalla vostra natura profonda, lo scopo è raggiunto.

3m.  C’è sofferenza e al tempo stesso rifiuto della sofferenza. Rifuggiamo dalla situazione come è, in noi stessi come attorno a noi…

F.L.  La sofferenza non deve essere né fuggita né accettata con rassegnazione: deve essere compresa. Budda l’ha detto, la sofferenza è un fatto, ed ha una causa. La sofferenza, che è il senso di separazione, vede la fine quando comprendiamo che quella separazione è un’illusione. E’ la base. Una volta almeno intravista questa base, ci si può attaccare  alle proprie resistenze, alle proprie contrazioni, alle proprie credenze, sia a livello mentale che a livello corporeo. Le abitudini di pensiero e di sentire, radicate in decine d’anni o in tutta la vita, prendono un certo tempo per essere smontate. Ma la precondizione a quella decostruzione è una comprensione, un’intuizione profonda di ciò che siamo. Se non c’è quella intuizione, tutto ciò che smontiamo si ricostruisce. Finchè la sorgente dell’ignoranza non è distrutta, nessuno sbarramento conterrà l’acqua che ne sgorga.