Se tu non fossi immortale… Meditazione di Aimé Michel

Tratto dall’archivio di 3millenaire ,a cura di Luciana Scalabrini.

E’ un grido penetrante, continuo che sale come un razzo. La gola da dove parte sembra infaticabile. Quale essere di carne è capace di un tale grido?

Dall’altra parte della strada, il cui basso si perde in una profondità blu, una finestra è aperta. La profondità blu vibra di una minaccia indefinibile. Il grido sale  sempre più acuto.  Improvvisamente una donna appare alla finestra, sconvolta, le braccia tese. Il suo viso è impreciso; non si distinguono i tratti, che però esprimono terrore e disperazione. Senza rallentare la sua corsa, senza smettere di gridare, essa scavalca la finestra e comincia a cadere rotolando. La profondità blu la inghiotte, mentre il suo grido sale al cielo.

Ansando, l’uomo si risveglia di soprassalto. Per qualche secondo guarda l’oscurità senza comprendere, domandandosi perché il grido dell’incubo scomparso continui a pungere le sue orecchie. Le membra sono doloranti, il cuore batte. Dov’è? Non si è appena addormentato nella foresta, non lontano dal lago, dopo aver a lungo guardato la luna che declinava tra gli alberi? L’odore della resina e del muschio non aleggia ancora sul suo viso?

Improvvisamente gli ritorna la memoria Oh! Dio, no. La notte nella foresta, il lago, il soffio leggero del vento, il muschio, non era adesso.

Era allora, in fondo alla sua giovinezza, quando per la prima volta era andato in vacanza . Quanto tempo fa? Cinquant’anni? Sessanta? Il vecchio uomo si alza insicuro, trattenendo il respiro per non gemere.

Prima di tutto fermare quel grido stridulo. E per questo sedersi, trovare la piccola scatola sul comodino, prendere i due cachet, bere un poco d’acqua. Allora la tensione passerà, il sangue cacciato dal cuore pazzo, smetterà di assordare le orecchie.

La mano cerca il bottone della lampada, lo trova, trema, scivola, rinuncia. La luce non farebbe che accrescere la sua miseria. Un istante, ora, il tempo cancellato gli aveva reso il fine punto della sua vita, quel momento senza eguali, quella notte sotto i pini del lago di Norrkoping, l’odore del muschio, dell’humus, dell’acqua, anche quello del corpo assopito vicino a lui. Come ora, allora si era svegliato. Aveva ascoltato lo sciabordio del lago, la pace breve della notte nordica, il suo respiro, delicato come la notte. La felicità era esplosa in lui, mescolata all’angoscia di sapere che sarebbe passata.

E’ passata. Il vecchio si domanda se non ha sognato, se non è uno straniero che per la prima volta si sveglia nell’infinito caos della notte fra le stelle Il caso fa giocare alla lotteria e vincere.Vincere cosa? Un corpo usurato, malato, un’anima disperata, un destino legato al baratro senza fondo della morte.

Perché non è più che questo .Il vecchio guarda il rettangolo della finestra debolmente illuminato dalla strada. Delle persone passano, delle automobili, soprattutto dei camion. Quanta fatica fanno tutti per arrivare a quello che lui è ora! Per cosa?  L’avvenire dove si corre, finisce sempre per non esserci più.

Sono un vecchio. E’ possibile? Nessuno mi aveva detto che non si è un vecchio, che non è uno stato, che i vecchi della mia giovinezza erano tutti stupiti di esserlo, che non avevano l’abitudine, che la loro abitudine era la gioventù perduta.

La finestra si mette a girare, come ogni volta che la sua tensione si abbassa troppo in fretta sotto l’effetto della droga. Chiude gli occhi e si allunga dolcemente perché sa che il cuore metterà parecchio ad abituarsi. È così che morirà, con un movimento troppo brusco. Pensare  Pensare a che? A chi?  Quelli che avevano bisogno di lui sono morti. Il suo pensiero non serve più a niente. Nemmeno al ricordo. Non è più che dolore, pensieri vanamente agitati in una prigione troppo conosciuta.

E ancora il dolore sarebbe sopportabile con la speranza. Non è il dolore che fa l’inferno, ma la speranza morta.

L’incubo gli ritorna in mente. Ritorna in lui il desiderio di comprenderlo. Ma al tempo stesso gli pare che il desiderio sia vano Il suo pensiero, come il corpo, gli sfugge. L donna senza volto che spariva nella profondità blu era senza dubbio lui stesso.  Lui, ma chi? Il suo essere? La sua anima? E perché donna? Anche se poteva dire io so, la sua conoscenza non sarebbe che una chimera, perché quel qualcosa che crederebbe di conoscere si allontana da lui, come la riva che il naufrago vede perdersi nella nebbia.

Rinuncia a pensare, riapre gli occhi, guarda la finestra. Un’immagine già tante volte incontrata torna a lui. Si vede discendere un tunnel oscuro. Cammina prima curvo, poi sulle ginocchia. Non può né fermarsi né ritornare.

Alla fine di tutto, in definitiva cosa c’è? La solitudine , il dolore.Sempre viene il momento senza testimone di cui non si può dire: lo racconterò, qualcuno mi comprenderà.

Il vecchio cerca di ricordarsi un’esortazione che  per tutta la vita aveva preparato per quel momento. Quale? Non lo sa più.

Veramente non gli resta niente? Lascia passare qualche secondo, immagina che un assassino entri nella sua camera, che la sua casa prenda fuoco. Se entra l’assassino,  gli ride in faccia!

Un istante per verificare la sua indifferenza, spera di vederlo apparire. Poi anche questo desiderio si cancella nella gioia della scoperta: dietro tutto ciò che prendeva per lui stesso, c’è ancora il testimone che ride in faccia all’assassino. E questo testimone, lo riconosce. Dal fondo della sua giovinezza, viveva con lui. Era lui.

Il suo dolore diventa più acuto. E intanto si allontana. O piuttosto, prende il suo posto.

« Entra, gli dice, siediti  qua, tu che io fuggivo»

E lui gli risponde:

« Tu non soffriresti se non fossi immortale. Perché la macchina non sente ed è la macchina che muore. È per lei che tu soffri, ma quello che soffre non è lei, ma sei tu.»

« — Dimmi: perché non ho più paura?

« Perché mi hai riconosciuto
“ E’ vero. Ti  riconosco. Chi sei?

« — Tu lo sapevi quando sognavi. Mi hai già incontrato , ma ho molti aspetti. Ascolta: non  ameresti se non fossi immortale. Perché la macchina non ama, ed è la macchina che muore. Il dolore, la gioia, l’amore, anche la disperazione sono i miei aspetti mortali, é con loro che tu ti scopri in questo mondo. Ora che scompaiono, è la verità immortale che vedi. »

Non passeresti se non fossi immortale è vero che la macchina passa, ma lei non sa niente. Tu sai che passi, dunque tu non passi.

Questa terra è bella , la terra dove sei invecchiato. Lei è stata per te come il giardino dove germoglia il fiore.
Il grano non  cresce se non morendo nel giardino. Tu lo credevi perduto. Tu l’hai attraversato senza saperlo.

Là dove tu vai, non smetterai di divenire più di te, eternamente. Ama dunque l’onda che ti porta, ama la  roccia che la spezza, ama le tenebre,  loro ti hanno preso dalle stelle.
Loro sanno ciò che tu ignori. Là dove vai, ti aspettano da sempre. Prima che tu fossi, esse sono.

E se è con la morte che ti fanno, è che la morte è il cammino della vita.