Un buddismo profondo per il mondo moderno di S.C.Kolm

13/09/2010

UN BUDDISMO PROFONDO PER IL MONDO MODERNO una conversazione con S.C.Kolm

(Rivista Aurores. No 39. gennaio 1984)

“Il buddismo profondo è ancora sconosciuto nel mondo moderno” dice Serge-Cristoph Kolm in un’opera di più di 600 pagine,” Le Bonheur-liberté “, pubblicato in Presses Universitaires de France.

Per accedere a questo buddismo avanzato, l’autore è andato in Asia, alle sorgenti della tradizione, dove ha potuto ricevere oralmente gli insegnamenti.

E’ perciò conoscendo la materia che afferma che oggi il buddismo è esattamente il rimedio di cui il mondo moderno ha bisogno. Portando la conoscenza dello psichismo, delle attitudini filosofiche e dei metodi pratici di auto-formazione Kolm pensa che il buddismo può salvare la libertà, grazie al superamento dell’individuo da se stesso.

Aurores : Il vostro libro ha per titolo: «Le Bonheur – liberté». Di quale libertà si tratta?

Serge-Christophe Kolm : La questione della libertà è al centro del libro. IL buddismo si definisce in rapporto alla felicità, ma la libertà sembra essere per il buddismo una condizione essenziale.. Tuttavia il titolo non è il migliore per un libro sul buddismo profondo, perché la libertà e la felicità sono dei concetti e la concezione buddista centrale di quei concetti non è quella dell’occidente. Invece di libertà bisognerebbe mettere liberazione, e invece di felicità, non dolore o non sofferenza. Il buddismo ha una visione dinamica della libertà(moksa) e la questione della felicità è vista all’inizio come forma negativa, per la diminuzione delle sofferenze, del dolore, della pena, dell’insoddisfazione, dell’angoscia, ecc. che il buddismo chiama dukkha. Il buddismo si definisce come la diminuzione della sofferenza fino all’estinzione totale(nirvana) . Dice che chi arriva a diminuire profondamente e durevolmente la sua pena è buddista, anche se non ha mai sentito parlare del budda. Ma aggiunge che è praticamente impossibile senza la conoscenza dei mezzi concettuali e pratici che il buddismo reca a questo scopo.

La liberazione in questione è evidentemente per il buddismo la liberazione interiore, cioè la liberazione rispetto ad una serie di fenomeni psichici, mentali, spirituali incontrollati all’interno di ognuno di noi, che nella maggior parte dei casi sono immessi dalla cultura. Queste sono le illusioni secondo il buddismo e sono d’origine culturale. La libertà passa per la liberazione dalle illusioni, dalle false coscienze, dai desideri e dagli attaccamenti e da tutte le sorgenti interne dell’infelicità sotto diverse forme. La liberazione interiore è una condizione necessaria perché tutte le altre liberazioni siano reali e diminuiscano effettivamente la sofferenza, invece di aumentarla come spesso fanno. Ma le diverse scuole buddiste offrono un menu di posizioni un po’ differenti. Certe sono per l’estinzione, o piuttosto la non nascita di tutti i desideri come obbiettivo finale, altre preconizzano di non lasciar nascere i desideri che non si possono realizzare, o la cui soddisfazione porterebbe inconvenienti troppo gravosi, altre ancora suggeriscono di far nascere desideri che si possono soddisfare, a condizione di essere del tutto coscienti di ciò che accade, di essere presenti al loro nascere ed alla loro estinzione, per approfondire la comprensione dei meccanismi psichici e mentali nel momento in cui si creano.

La libertà è il valore centrale del mondo moderno. I filosofi che hanno trovato un senso alla nostra storia l’hanno vista come progresso verso la libertà che conquista poi diversi ambiti: libertà civiche e politiche, libertà di pensare (scienza), libertà di cambiare (economia), libertà di sentire e di giudicare, libertà collettiva, la democrazia, etc. Chi si libera così è l’individuo. Ma egli resta prigioniero dei suoi desideri, dei suoi attaccamenti, impulsi, illusioni culturali, processi mentali inconsci e incontrollati. Questo è l’ambito nuovo che la libertà deve ora conquistare. E’ arrivata a questo limite. L’occidente è ignorante in questa nuova conquista. Procederà dunque per tentativi ed errori che saranno lenti e dolorosi, perché questo nuovo campo di battaglia è la stessa sensibilità dell’uomo. A meno che non si renda conto che dei saggi l’hanno preceduto di 25 secoli su questa via, i buddisti avanzati. Le conoscenze psicologiche uniche, le posizioni filosofiche radicali, i metodi spirituali estremamente elaborati e le esperienze dirette dell’essere(buddhi,samadi)sono esattamente le cose di cui l’occidente ha bisogno Per questo ho voluto trasmettere all’occidente in questo libro le basi di quella conoscenza.

A: La libertà di cui parlate non si conquista con convenzioni e leggi. Richiede un lavoro interiore tutto particolare. Si può pensare che questa questione individuale non può avere un effetto sulla società, se non è fatta da un numero di individui abbastanza importante.

S.-C. K. :Effettivamente la libertà interiore non può essere conquistata che da se stessi, fino ,dice il buddismo, a rendersi conto che “ se stesso” non esiste. Questo è il cuore del buddismo.

Il lavoro su di sé, i cui momenti intensi sono la meditazione ha tre effetti che si integrano a vicenda: ci si conosce meglio, ci si trasforma e si guarisce dalla sofferenza.

La trasformazione dell’uomo è necessaria al miglioramento della società ed è la condizione preliminare. Non averlo capito è il dramma maggiore del nostro tempo. Per questo molti dei nostri progressi non servono gran che. Certo, molte persone hanno visto che bisognava cambiare l’uomo. Non paliamo di quelli che hanno provato a farlo con la forza, contro la libertà e contro la felicità con crimini sanguinosi. Ma coloro che sono sinceri hanno pensato che bastava cambiare le condizioni esteriori dell’individuo. Ora, queste condizioni di una persona sono dapprima le altre persone. Era perciò un’impossibilità logica e da quell’errore discendono i maggiori drammi del nostro secolo. L’unica soluzione è la trasformazione libera di ciascuno, non intervenendo gli altri che per dare consigli sul modo di conoscere e di educare la propria mente.

A: Sembra che diciate che nel buddismo c’è una sorta di rigore scientifico, che può perfettamente adattarsi alla nostra mentalità e predisporci così ad una comprensione, ad un radicamento più profondo e facilitarci la sua adozione.

Semplicemente il suo ambito è il mentale, precisamente quello dove la scienza moderna non ha nulla da dire (nonostante i balbettii degli psicanalisti e dei filosofi che riscoprono in modo maldestro dei piccoli elementi di ciò che il buddismo sa da molto tempo). Ma quella differenza di campo è di enorme importanza, anche per il metodo: il conoscente e il conosciuto sono la stessa cosa. Riuscita, quella conoscenza si confonde col conosciuto, c’è la fusione tra i due, è un aspetto importante della non-dualità. Allora la conoscenza non è più un accumulo di sapere, ma la coscienza della coscienza, una super – coscienza, chiamata risveglio(buddhi) Conoscenza scientifica e conoscenza spirituale diventano la stessa cosa. Si raggiungono qui i due sensi della parola esperienza.

A. :Secondo lei, si può dire che in occidente l’avanzare della liberazione comincia a vincere l’individuo al livello della mente?

S.-C. K. :Molti motivi rendono necessario quel progresso in occidente, e molte persone lo sentono, senza però sapere ancora come realizzarlo, ciò che mi ha spinto a scrivere il libro. Anzitutto le persone vogliono diminuire la loro sofferenza, la loro angoscia, il loro generale malessere, e non si otterrà niente di duraturo e reale in questa via senza il progresso di coscienza e di conoscenza. Questo finirà per essere compreso! Del resto, si è visto, la liberazione è il senso della nostra storia e la liberazione spirituale è quella che dobbiamo realizzare ora. Infine, la scienza ci ha reso curiosi, e dopo gli elettroni, le galassie e le molecole verrà ben il momento dove si vorrà infine sapere sul serio quel che succede in quella che ci importa di più, la nostra mente, cioè scoprire il buddismo.

E ciò che si scoprirà stupirà l’occidente: è che in fondo al sé non c’è niente. Il sé non esiste. Non è che un’illusione che siamo abituati ad avere. Non esiste che un flusso di fatti, psichici e altri, legati da influenze causali tra loro e

con altre(dharmas). E’ il non- sé (anatta), la vacuità(sounyata) dell’essere(bhava). E lasciare questa ignoranza(avidya) e questa illusione, risvegliarsi a questa verità con la ragione e il sentimento è la condizione necessaria all’estinzione di ogni sofferenza. Poiché se “io soffro” può aver delle ragioni, tutte queste sofferenze hanno una causa comune, che è che sono io che soffro. Rendetevi conto che non è che un sogno e la sofferenza non esiste più.

Il che non vuol dire che sia facile, soprattutto nelle nostre società dominate dall’ego. Situazione straordinariamente paradossale, poiché il nostro individualismo non viene, all’origine…dal buddismo. Infatti è lui che, sul piano sociologico, e non psicologico e ontologico, ha creato l’individuo come entità autonoma in rapporto alla sua cultura sociale, come altra cosa da un semplice membro, un ingranaggio, osolo un rappresentante della nostra società. Quell’idea che permette di parlare dell’uomo in sé, dell’uguaglianza degli uomini, etc., è passata nella filosofia ellenistica, soprattutto nello stoicismo, che l’ha trasmessa al cristianesimo divenuto grazie a lei la prima religione universale. Poi fino a noi, ma noi abbiamo eretto a metafisica ciò che non era all’origine che liberazione sociale. Da qui il nostro egocentrismo doloroso, il cui rimedio è esattamente il ritorno alle sorgenti.

A.: Se questo corrisponde a una realtà, si può pensare che ciò che la nostra filosofia non ha chiaramente mostrato, la scienza e la psicologia moderne potrebbero scoprirlo…

S.-C. K. : Le antiche filosofie mediterranee a tutta prima erano molto migliori delle moderne per questo: eudemonismo, autoformazione, metodi di meditazione, etc.. In più certe filosofie e terapie moderne cominciano a intravedere ciò di cui si tratta. Ma la psicologia moderna senza introspezione né meditazione non può scoprire che qualche fatto secondario e di basso livello.

A. : Cosa intendete per conoscenza quando dite questa parola? Per essere chiari, non potremmo distinguere da una parte ciò che si potrebbe chiamare il sapere, cioè tutte le informazioni ricevute accumulate nella memoria e dall’altra parte una conoscenza che è fatta di esperienze interiori coscienti, che si avvicinano piuttosto ad un riconoscimento?

S.-C. K. : Lo scopo è la conoscenza di sé. Quando parlo di conoscenza trasmissibile, parlo dell’informazione su fatti e strutture dello psichismo e su metodi spirituali precisi destinati a prenderne coscienza e ad influenzarli. Ma non si può trasmetterne esattamente né il riconoscimento né la sensazione. E per il buddismo, lo scopo finale non è la conoscenza in nessun senso; essa non è che un mezzo per guarire dalla malattia dell’ego

A. : Come via di guarigione e per una conoscenza dell’anima, il buddismo propone qualcos’altro oltre all’introspezione?

S.-C. K. :Ce n’è tutta una serie e l’introspezione è una parte. Lo scopo degli esercizi spirituali non è solo guardare come si funziona, ma piuttosto creare in sé una certa esperienza. Il samadi, il satori, le diverse forme d’illuminazione non hanno altro scopo che creare un’ esperienza in sé. Ogni buddismo propone ed utilizza differenti modi di fare quelle esperienze. Per esempio, nello Zen la filosofia e l’analisi vengono dopo la conoscenza intuitiva diretta, soprattutto delle diverse forme di vacuità. Mentre un’altra forma di buddismo comincia con la meditazione e una serie di giochi d’attenzione. Altre ancora anti-Zen in un certo senso, cominciano con la ragione speculativa elaborata.. Ma alla fine tutti si ritrovano sapienti, unificati, senza illusioni, assai coscienti e totalmente calmi. E queste diverse vie sono più o meno appropriate alle diverse persone.

I diversi esercizi spirituali buddisti sono sempre giochi molto elaborati con i diversi aspetti dell’attenzione: il suo oggetto, la sua intenzione, la sua intensità, la sua durata, la sua chiarezza o purezza, il suo carattere volontario o no, etc. Uno dei caratteri essenziali è la dualità o la non- dualità. La dualità consiste nel credere che c’è un séo una coscienza che osserva un’altra cosa. Questo è un’illusione. La coscienza di qualcosa non è che una cosa tra le altre. E la coscienza di questo è l’abolizione dell’io.

Certi filosofi hanno cercato di supportare quella evidenza supponendo l’esistenza di un io trascendentale al di là del conosciuto o perfino del conoscibile. Allora è metafisica e non psicologia. Su queste questioni il Budda aveva una posizione molto netta: rifiuta di prendere posizione, risponde con un nobile silenzio, questo non interessa. Tranne quando quelle ipotesi si trasformano in credenza o in una realtà che conduce l’uomo ad attitudini dolorose. E l’illusione della realtà dell’io è la più grave, specialmente nelle nostre società superindividualiste.

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13/09/2010

UN BUDDISMO PROFONDO PER IL MONDO MODERNO una conversazione con S.C.Kolm

(Rivista Aurores. No 39. gennaio 1984)

“Il buddismo profondo è ancora sconosciuto nel mondo moderno” dice Serge-Cristoph Kolm in un’opera di più di 600 pagine,” Le Bonheur-liberté “, pubblicato in Presses Universitaires de France.

Per accedere a questo buddismo avanzato, l’autore è andato in Asia, alle sorgenti della tradizione, dove ha potuto ricevere oralmente gli insegnamenti.

E’ perciò conoscendo la materia che afferma che oggi il buddismo è esattamente il rimedio di cui il mondo moderno ha bisogno. Portando la conoscenza dello psichismo, delle attitudini filosofiche e dei metodi pratici di auto-formazione Kolm pensa che il buddismo può salvare la libertà, grazie al superamento dell’individuo da se stesso.

Aurores : Il vostro libro ha per titolo: «Le Bonheur – liberté». Di quale libertà si tratta?

Serge-Christophe Kolm : La questione della libertà è al centro del libro. IL buddismo si definisce in rapporto alla felicità, ma la libertà sembra essere per il buddismo una condizione essenziale.. Tuttavia il titolo non è il migliore per un libro sul buddismo profondo, perché la libertà e la felicità sono dei concetti e la concezione buddista centrale di quei concetti non è quella dell’occidente. Invece di libertà bisognerebbe mettere liberazione, e invece di felicità, non dolore o non sofferenza. Il buddismo ha una visione dinamica della libertà(moksa) e la questione della felicità è vista all’inizio come forma negativa, per la diminuzione delle sofferenze, del dolore, della pena, dell’insoddisfazione, dell’angoscia, ecc. che il buddismo chiama dukkha. Il buddismo si definisce come la diminuzione della sofferenza fino all’estinzione totale(nirvana) . Dice che chi arriva a diminuire profondamente e durevolmente la sua pena è buddista, anche se non ha mai sentito parlare del budda. Ma aggiunge che è praticamente impossibile senza la conoscenza dei mezzi concettuali e pratici che il buddismo reca a questo scopo.

La liberazione in questione è evidentemente per il buddismo la liberazione interiore, cioè la liberazione rispetto ad una serie di fenomeni psichici, mentali, spirituali incontrollati all’interno di ognuno di noi, che nella maggior parte dei casi sono immessi dalla cultura. Queste sono le illusioni secondo il buddismo e sono d’origine culturale. La libertà passa per la liberazione dalle illusioni, dalle false coscienze, dai desideri e dagli attaccamenti e da tutte le sorgenti interne dell’infelicità sotto diverse forme. La liberazione interiore è una condizione necessaria perché tutte le altre liberazioni siano reali e diminuiscano effettivamente la sofferenza, invece di aumentarla come spesso fanno. Ma le diverse scuole buddiste offrono un menu di posizioni un po’ differenti. Certe sono per l’estinzione, o piuttosto la non nascita di tutti i desideri come obbiettivo finale, altre preconizzano di non lasciar nascere i desideri che non si possono realizzare, o la cui soddisfazione porterebbe inconvenienti troppo gravosi, altre ancora suggeriscono di far nascere desideri che si possono soddisfare, a condizione di essere del tutto coscienti di ciò che accade, di essere presenti al loro nascere ed alla loro estinzione, per approfondire la comprensione dei meccanismi psichici e mentali nel momento in cui si creano.

La libertà è il valore centrale del mondo moderno. I filosofi che hanno trovato un senso alla nostra storia l’hanno vista come progresso verso la libertà che conquista poi diversi ambiti: libertà civiche e politiche, libertà di pensare (scienza), libertà di cambiare (economia), libertà di sentire e di giudicare, libertà collettiva, la democrazia, etc. Chi si libera così è l’individuo. Ma egli resta prigioniero dei suoi desideri, dei suoi attaccamenti, impulsi, illusioni culturali, processi mentali inconsci e incontrollati. Questo è l’ambito nuovo che la libertà deve ora conquistare. E’ arrivata a questo limite. L’occidente è ignorante in questa nuova conquista. Procederà dunque per tentativi ed errori che saranno lenti e dolorosi, perché questo nuovo campo di battaglia è la stessa sensibilità dell’uomo. A meno che non si renda conto che dei saggi l’hanno preceduto di 25 secoli su questa via, i buddisti avanzati. Le conoscenze psicologiche uniche, le posizioni filosofiche radicali, i metodi spirituali estremamente elaborati e le esperienze dirette dell’essere(buddhi,samadi)sono esattamente le cose di cui l’occidente ha bisogno Per questo ho voluto trasmettere all’occidente in questo libro le basi di quella conoscenza.

A: La libertà di cui parlate non si conquista con convenzioni e leggi. Richiede un lavoro interiore tutto particolare. Si può pensare che questa questione individuale non può avere un effetto sulla società, se non è fatta da un numero di individui abbastanza importante.

S.-C. K. :Effettivamente la libertà interiore non può essere conquistata che da se stessi, fino ,dice il buddismo, a rendersi conto che “ se stesso” non esiste. Questo è il cuore del buddismo.

Il lavoro su di sé, i cui momenti intensi sono la meditazione ha tre effetti che si integrano a vicenda: ci si conosce meglio, ci si trasforma e si guarisce dalla sofferenza.

La trasformazione dell’uomo è necessaria al miglioramento della società ed è la condizione preliminare. Non averlo capito è il dramma maggiore del nostro tempo. Per questo molti dei nostri progressi non servono gran che. Certo, molte persone hanno visto che bisognava cambiare l’uomo. Non paliamo di quelli che hanno provato a farlo con la forza, contro la libertà e contro la felicità con crimini sanguinosi. Ma coloro che sono sinceri hanno pensato che bastava cambiare le condizioni esteriori dell’individuo. Ora, queste condizioni di una persona sono dapprima le altre persone. Era perciò un’impossibilità logica e da quell’errore discendono i maggiori drammi del nostro secolo. L’unica soluzione è la trasformazione libera di ciascuno, non intervenendo gli altri che per dare consigli sul modo di conoscere e di educare la propria mente.

A: Sembra che diciate che nel buddismo c’è una sorta di rigore scientifico, che può perfettamente adattarsi alla nostra mentalità e predisporci così ad una comprensione, ad un radicamento più profondo e facilitarci la sua adozione.

Semplicemente il suo ambito è il mentale, precisamente quello dove la scienza moderna non ha nulla da dire (nonostante i balbettii degli psicanalisti e dei filosofi che riscoprono in modo maldestro dei piccoli elementi di ciò che il buddismo sa da molto tempo). Ma quella differenza di campo è di enorme importanza, anche per il metodo: il conoscente e il conosciuto sono la stessa cosa. Riuscita, quella conoscenza si confonde col conosciuto, c’è la fusione tra i due, è un aspetto importante della non-dualità. Allora la conoscenza non è più un accumulo di sapere, ma la coscienza della coscienza, una super – coscienza, chiamata risveglio(buddhi) Conoscenza scientifica e conoscenza spirituale diventano la stessa cosa. Si raggiungono qui i due sensi della parola esperienza.

A. :Secondo lei, si può dire che in occidente l’avanzare della liberazione comincia a vincere l’individuo al livello della mente?

S.-C. K. :Molti motivi rendono necessario quel progresso in occidente, e molte persone lo sentono, senza però sapere ancora come realizzarlo, ciò che mi ha spinto a scrivere il libro. Anzitutto le persone vogliono diminuire la loro sofferenza, la loro angoscia, il loro generale malessere, e non si otterrà niente di duraturo e reale in questa via senza il progresso di coscienza e di conoscenza. Questo finirà per essere compreso! Del resto, si è visto, la liberazione è il senso della nostra storia e la liberazione spirituale è quella che dobbiamo realizzare ora. Infine, la scienza ci ha reso curiosi, e dopo gli elettroni, le galassie e le molecole verrà ben il momento dove si vorrà infine sapere sul serio quel che succede in quella che ci importa di più, la nostra mente, cioè scoprire il buddismo.

E ciò che si scoprirà stupirà l’occidente: è che in fondo al sé non c’è niente. Il sé non esiste. Non è che un’illusione che siamo abituati ad avere. Non esiste che un flusso di fatti, psichici e altri, legati da influenze causali tra loro e

con altre(dharmas). E’ il non- sé (anatta), la vacuità(sounyata) dell’essere(bhava). E lasciare questa ignoranza(avidya) e questa illusione, risvegliarsi a questa verità con la ragione e il sentimento è la condizione necessaria all’estinzione di ogni sofferenza. Poiché se “io soffro” può aver delle ragioni, tutte queste sofferenze hanno una causa comune, che è che sono io che soffro. Rendetevi conto che non è che un sogno e la sofferenza non esiste più.

Il che non vuol dire che sia facile, soprattutto nelle nostre società dominate dall’ego. Situazione straordinariamente paradossale, poiché il nostro individualismo non viene, all’origine…dal buddismo. Infatti è lui che, sul piano sociologico, e non psicologico e ontologico, ha creato l’individuo come entità autonoma in rapporto alla sua cultura sociale, come altra cosa da un semplice membro, un ingranaggio, o solo un rappresentante della nostra società. Quell’idea che permette di parlare dell’uomo in sé, dell’uguaglianza degli uomini, etc., è passata nella filosofia ellenistica, soprattutto nello stoicismo, che l’ha trasmessa al cristianesimo divenuto grazie a lei la prima religione universale. Poi fino a noi, ma noi abbiamo eretto a metafisica ciò che non era all’origine che liberazione sociale. Da qui il nostro egocentrismo doloroso, il cui rimedio è esattamente il ritorno alle sorgenti.

A.: Se questo corrisponde a una realtà, si può pensare che ciò che la nostra filosofia non ha chiaramente mostrato, la scienza e la psicologia moderne potrebbero scoprirlo…

S.-C. K. : Le antiche filosofie mediterranee a tutta prima erano molto migliori delle moderne per questo: eudemonismo, autoformazione, metodi di meditazione, etc.. In più certe filosofie e terapie moderne cominciano a intravedere ciò di cui si tratta. Ma la psicologia moderna senza introspezione né meditazione non può scoprire che qualche fatto secondario e di basso livello.

A. : Cosa intendete per conoscenza quando dite questa parola? Per essere chiari, non potremmo distinguere da una parte ciò che si potrebbe chiamare il sapere, cioè tutte le informazioni ricevute accumulate nella memoria e dall’altra parte una conoscenza che è fatta di esperienze interiori coscienti, che si avvicinano piuttosto ad un riconoscimento?

S.-C. K. : Lo scopo è la conoscenza di sé. Quando parlo di conoscenza trasmissibile, parlo dell’informazione su fatti e strutture dello psichismo e su metodi spirituali precisi destinati a prenderne coscienza e ad influenzarli. Ma non si può trasmetterne esattamente né il riconoscimento né la sensazione. E per il buddismo, lo scopo finale non è la conoscenza in nessun senso; essa non è che un mezzo per guarire dalla malattia dell’ego

A. : Come via di guarigione e per una conoscenza dell’anima, il buddismo propone qualcos’altro oltre all’introspezione?

S.-C. K. :Ce n’è tutta una serie e l’introspezione è una parte. Lo scopo degli esercizi spirituali non è solo guardare come si funziona, ma piuttosto creare in sé una certa esperienza. Il samadi, il satori, le diverse forme d’illuminazione non hanno altro scopo che creare un’ esperienza in sé. Ogni buddismo propone ed utilizza differenti modi di fare quelle esperienze. Per esempio, nello Zen la filosofia e l’analisi vengono dopo la conoscenza intuitiva diretta, soprattutto delle diverse forme di vacuità. Mentre un’altra forma di buddismo comincia con la meditazione e una serie di giochi d’attenzione. Altre ancora anti-Zen in un certo senso, cominciano con la ragione speculativa elaborata.. Ma alla fine tutti si ritrovano sapienti, unificati, senza illusioni, assai coscienti e totalmente calmi. E queste diverse vie sono più o meno appropriate alle diverse persone.

I diversi esercizi spirituali buddisti sono sempre giochi molto elaborati con i diversi aspetti dell’attenzione: il suo oggetto, la sua intenzione, la sua intensità, la sua durata, la sua chiarezza o purezza, il suo carattere volontario o no, etc. Uno dei caratteri essenziali è la dualità o la non- dualità. La dualità consiste nel credere che c’è un séo una coscienza che osserva un’altra cosa. Questo è un’illusione. La coscienza di qualcosa non è che una cosa tra le altre. E la coscienza di questo è l’abolizione dell’io.

Certi filosofi hanno cercato di supportare quella evidenza supponendo l’esistenza di un io trascendentale al di là del conosciuto o perfino del conoscibile. Allora è metafisica e non psicologia. Su queste questioni il Budda aveva una posizione molto netta: rifiuta di prendere posizione, risponde con un nobile silenzio, questo non interessa. Tranne quando quelle ipotesi si trasformano in credenza o in una realtà che conduce l’uomo ad attitudini dolorose. E l’illusione della realtà dell’io è la più grave, specialmente nelle nostre società superindividualiste.