Una breve introduzione alla non-dualità

Richard Sylvester

Una  breve  introduzione  alla  non-dualita’

Traduzione a cura di Maurizio Redegoso Kharitian

 

 

E’ “questo”  ed  è  sufficiente

 

Queste cinque parole : “E’ questo ed è sufficiente” riassumono in maniera semplice la liberazione. Quando l’Unità è vista, è realizzato non solo che questo è tutto ciò che è, ma anche che è sufficiente. Quando il velo della separazione che ci fa considerare la vita quotidiana come acquisita e ci fa ricercare sempre più d’eccitazione, non è più presente, l’ordinario si trasforma in questo gioco meraviglioso della coscienza.

Vedere l’Unità è la fine della ricerca in quanto quando la vita di tutti i giorni è vista come un miracolo, non vi è più bisogno di ricercare chissà cosa per renderla stuzzicante. E’ per questo, quando il senso d’essere una persona è decaduto, una tendenza ad un rilassamento profondo prende posto, così come una gioia delle cose semplici come il fruscio delle foglie nel vento, la visione dell’acqua che ondeggia sulla superficie di un lago o l’odore del caffè appena tostato.

 

La fiera spirituale

 

E’ evidente che passare del tempo nella fiera della ricerca spirituale può essere molto divertente. Ciò può portarci della speranza, un fine, una cerchia di amici con cui condividere gli stessi interessi, la compagnia d’insegnanti molto carismatici e un modo di spendere gli extra dei nostri redditi. E’ anche un modo molto originale di passare il tempo tra la nascita e la morte, di viaggiare forse verso delle destinazioni molto esotiche con le nostre braccia coperte di vaccinazioni ed i nostri zaini pieni di medicinali contro la diarrea.

 

Ma ricercare porta anche la garanzia di non trovare, in quanto ciò ci allontana dalla presenza. Al punto che cercando il segreto dell’illuminazione laggiù, lontano e nel futuro, non possiamo  notare che è già qui, adesso.

 

Questo è già ciò che cerchiamo, la terra promessa, il paradiso sperato. Tuttavia, non può essere visto nel momento in cui il senso della separazione decade. Quando il sè è presente, riempie la vista delle sue nevrosi e dei suoi tentativi incessanti di richiamo all’attenzione, e non può essere realizzato che questo è già qui.

Se provate sempre piacere nella vostra ricerca spirituale, è meglio, probabilmente, che vi fermaste di leggere queste parole da subito e che vi ricordaste anche di non andare più, neanche una volta, ad un incontro della non-dualità. In effetti, se ciò che è scritto qui o ciò che viene detto in occasione di un incontro è veramente inteso, sarà la fine della ricerca spirituale e “la vostra testa sarà nella bocca della tigre”. Non ci saranno più scappatoie.

 

Il paradiso perduto

 

Molti fra noi si allontanano oggi da vecchie abitudini di confronto delle religioni e ricercano il punto comune che deve situarsi – come noi lo risentiamo – nel cuore di tutte le credenze e di tutti i cammini spirituali. Non ci concentriamo più solamente sulle differenze superficiali, che possono essere sì colorate, proviamo al contrario di trovare la verità comune soggiacente. Noi consideriamo che deve esserci un legame tra le immagini così differenti come la crocifissione, Ganesh il dio elefante, il Padre Sole e la Madre Luna, l’Ultima Cena, Kali e la sua collana di crani umani, i mandala, i dervisci rotanti, le statue in oro di Buddha, le ruote medicinali e la dea Iside del fiume.

La non-dualità – l’Unità – si trova al centro di tutte le religioni e di tutti i cammini spirituali, ma ciò è raramente riconosciuto. Benché siamo tutti nati nella completezza, acquisiamo molto giovani una coscienza di noi stessi e da qui nasce il sentimento di separazione e di perdita. In qualche modo, abbiamo l’impressione di essere stati rifiutati dal paradiso, e che ciò sia riconosciuto scientemente o no, trascorriamo le nostre vite a provare a ridiventare “interi” per re-integrare il paradiso. Abbiamo una magnifica immaginazione ed un enorme capacità a raccontare delle storie, ed il grande albero genealogico dell’evoluzione delle religioni, dei cammini spirituali, della saga dei profeti, degli dei, dei santi e dei pazzi, è il risultato della nostra pietosa e disperata ricerca.

 

Il paradiso ritrovato

 

La nostra ricerca è senza speranza in quanto non abbiamo mai perduto il paradiso. Il paradiso che noi proviamo a riguadagnare è sempre con noi, ma è nascosto dalla presenza del sè separato. Non abbiamo bisogno di perdere il  nostro senso della separazione per vedere che tutto è già qui. Ma il sè separato non può essere dissuaso dalla buona ragione che è un falso sè. Il falso sè è incapace di vedere la realtà.

 

L’occhio non può vedersi

Se non come un pallido riflesso

in uno specchio

Il sè non può trovarsi

Se non come un pallido riflesso

in un sogno.

 

Tuttavia, il falso sè non causato e non sollecitato può scomparire e in questa morte della persona, la completezza, l’unità, la non-dualità possono essere visti di nuovo. Il falso sè può cadere quando l’individuo è ancora in vita ma ciò non deve essere fonte d’inquietudine se non ne è il caso, in quanto alla morte del corpo non c’è in ogni caso che la liberazione. Prima di morire, Ramesh Balsekar ha scritto “Che significa la morte in fin dei conti? Significa la fine della lotta della vita quotidiana, la fine della dualità”.

 

Scienza, misticismo e amore incondizionato

 

Nella visione della non-dualità, nella liberazione – che è l’identica cosa – si è visto che non c’è nessuno avente un’autonomia ed una responsabilità per fare delle scelte in ciò che si chiamerebbe “la propria vita”. Si è anche visto che tutto giunge da niente, e che al cuore di questa meravigliosa manifestazione vi è il vuoto. Numerose tradizioni hanno toccato e parlato di questo vuoto, come il Buddismo, il Taoismo, l’Induismo ed anche il Cristianesimo. Fu discusso talvolta apertamente, o in modo molto più discreto, in quanto in  numerosi periodi era molto pericoloso di menzionare tali idee di fronte al terribile potere detenuto dai preti.

 

Recentemente, tuttavia, un nuovo fenomeno è apparso. La scienza sostiene ormai l’idea che non vi è individuo che faccia una scelta e che tutto sopravvenga dal vuoto.

Gli sviluppi della neuroscienza suggeriscono fortemente che non ci può essere una persona autonoma al centro della nostra esperienza. Di conseguenza numerosi psicologi sono d’accordo sul fatto che il libero arbitrio sia una illusione. La fisica quantistica ci dà un immagine dell’universo nella quale delle materie si disintegrano in un’energia di vibrazione    nella quale tutto si manifesta, a partire dal suono. La tradizione yogica dice che il mantra radice “Aum” è la vibrazione primordiale dell’universo. All’inizio era il verbo, ed il verbo era “Aum”.

Tuttavia, malgrado certe convergenze della scienza moderna e del misticismo, la scienza e la non dualità hanno delle viste completamente opposte sulla natura della coscienza. La scienza vede innanzitutto la materia, la coscienza non è che un sottoprodotto accidentale della materia. Saremmo quindi solo delle strutture fisiche che avrebbero sviluppato la coscienza dal gioco d’azzardo dovuto alla complessità crescente dell’organizzazione delle cellule, dei neuroni, e degli impulsi elettrici e chimici dei nostri cervelli. In altri termini, senza la materia non ci sarebbe coscienza. Tuttavia alla liberazione, si è visto che vi è solo coscienza, ciò che ritorna a dire che non vi è che il vuoto da dove nascono tutti i fenomeni ivi compresi quelli fisici. Altrimenti detto: senza la coscienza, non c’è materia.

 

Il fisico non dà vita alla coscienza. La coscienza dà vita al fisico.

 

La scienza non può scoprire questo. Solo una visione diretta può permettere di scoprirlo, quando la persona scompare.

La scienza, con tutti i suoi strumenti, non può maggiormente scoprire che la natura ultima del vuoto è l’amore incondizionato.

 

 

Bere del tè, mangiare del dolce

 

Nel momento in cui la liberazione è vista, la vita diviene meno complicata. Tutte le storie, che hanno alimentato la nostra vita, svaniscono e restiamo con la semplicità di queste. In questa semplicità, le piccole cose ordinarie della vita possono finalmente essere realmente apprezzate. Mi si chiede spesso dei consigli e generalmente rifiuto di darne. Ma se avessi dovuto darne anche soltanto uno, direi di distendersi e prendere piacere nelle cose semplici che amate fare, in quanto  nella vita quotidiana non è apprezzato, il miracolo di “questo” che non è visto.

Nella tradizione Zen è detto : “Prima della liberazione: tagliare il legno e portare l’acqua. Dopo la liberazione: tagliare il legno e portare l’acqua”. Preferisco: “Prima della liberazione: bere del tè e mangiare del dolce. Dopo la liberazione: bere del tè e mangiare del dolce”. Ma queste frasi vogliono dire la stessa cosa.

 

Alla fine, si vede che non c’è differenza: prima della liberazione e dopo la liberazione, essere addormentato ed essere risvegliato, tutto ciò è identico.

Nella liberazione è visto che l’individuo che pensiamo di essere non è altro che un’apparenza. Nel nostro cuore e nel cuore di ogni cosa si trova l’Essere indifferenziato a partire dal quale tutte le differenze appaiono. Non c’è del sè, non c’è individuo, persona.

L’errore che commettiamo più spesso a proposito della liberazione, è di credere che si tratti di qualcosa che un individuo può acquisire. Ma la liberazione è una perdita  – la perdita del senso che non c’è mai stato un individuo separato, un individuo che avrebbe potuto scegliere di fare qualcosa per ottenere la liberazione.

Nel momento in cui si vede che non vi è separazione, il sentimento di vulnerabilità e di paura che legato all’individuo si cancella e ciò che resta è il meravigliarsi della vita che si presenta. Al posto di un significato, c’è uno scoiattolo sul tronco grigio di un albero, zampe allargate, testa alta, vi fissa negli occhi. Al posto di un fine, c’è la stupefacente struttura della pelliccia di un gatto o del modo incredibile in cui una formica scala un ramo.

Con la scomparsa della sensazione di controllare la mia vita e di esserne responsabile, la vita è vissuta semplicemente e prende posto un rilassamento. C’è una sensazione di facilità e di libertà davanti a  tutto ciò che si presenta, e non vi è più voglia di “afferrare” ciò che potrebbe divenire.

 

 

 

Numerosi insegnanti della non-dualità suggeriscono che vi è qualcuno che possa fare qualcosa per guarire questo senso della separazione, in altri termini, che esiste una persona che può scoprire che non c’è persona. L’assurdità di questa idea è spesso nascosta da un sistema di pensiero estremamente complesso e sottile.

Degli insegnamenti di non-dualità avanzano frequentemente l’idea seduttrice che la liberazione può essere realizzata attraverso un cammino spirituale evolutivo. Ciò non ha, in realtà, nessun legame con la non-dualità, ma può presentarci una storia convincente, benché spogliata dei sensi.

A partire da questa storia appaiono le numerose vie, dottrine, tecniche, guru, insegnanti, venditori di mantra, laboratori e gruppi che costituiscono il bazar spirituale.

Ogni via di ricerca può condurre una persona a sentirsi più a proprio agio; ciò che è positivo, ma è tutto ciò che ottenete: una persona che si senta più a proprio agio nella propria prigione. Se siete in prigione, è meglio sentirsi comodi ma questo non fa uscire la persona dalla prigione nella quale ci si sente di essere.

Niente farà uscire la persona dalla sua prigione in quanto la persona è la prigione. Quando la persona sparisce, si vede che non vi è mai stata prigione.

Si vede che “io” e “voi” sono la luce nella quale tutto emerge.

 

                         Tratto da “Drink Tea, Eat Cake” apparso nel 2011.