Il reincantamento della nostra natura

DENIS MARIE

Il reincantamento della nostra Natura

Traduzione a cura di Maurizio Redegoso Kharitian 

3e millenaire – Nell’ignoranza di noi-stessi, della nostra identità originale, il motto “Libertà, uguaglianza, fraternità” non ha nessun senso autentico. Non é che un’utopia repubblicana, un ideale verso il quale ogni società civilizzata dovrebbe tendere; é un ideale d’una cittadinanza irraggiungibile. Nella conoscenza di noi-stessi, nella presenza d’essere, non scopriamo la realtà della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità?

 

Denis Marie – Non direi che questi motti non abbiano alcun senso “autentico”. Questo motto, benché noi l’abbiamo forgiato dalla nostra ignoranza, l’abbiamo fatto in seno e con i geni della nostra Natura fondamentale. Malgrado il nostro sonno, non cessiamo di appartenere pienamente alla verità. Qui, in questa vita, ci é possibile, di constatare che alla base dei nostri sogni diurni o notturni dimora costantemente il nostro corpo fisico con la totalità del nostro essere radicato nella presenza, unita al vivente. Fondamentalmente, ciò che cerchiamo attraverso tutte le forme relative, come i nostri desideri e le nostre proiezioni, é la totalità ed il reincantamento della nostra Natura. La nostra attrattiva per il gioco duale ed illusorio che noi conosciamo non riposa solamente su un’influenza che subiamo. E’ anche una tensione del divenire, la sensazione d’esistere in quanto personaggio amplificato dalle passioni. L’obiettivo non riconosciuto di ogni nostro possesso, di ogni nostra collezione, é la conferma d’un possessore.

   Sappiamo abbellire le apparenze, magnificare le forme, alfine d’essere sedotti e di farne degli oggetti indispensabili. Cerchiamo questa eccitazione captatrice che sembra renderci più vivi, farci trascendere la menzogna del costume e quella del decoro. Di fatto, é come se ci occorresse sognare queste qualità perché da un immagine, come una brutta copia, osiamo accarezzare il reale. Questa vita umana non é il luogo in cui ogni giorno ci impegniamo a provare di concretizzare i nostri sogni, le nostre attese di libertà, d’uguaglianza e di fraternità? Tutto ciò che siamo diventati, tutto ciò che possediamo, in un modo o in un altro l’abbiamo “sognato” o “pensato”.

 

   Abbiamo fatto della libertà altrui, della legalità tra gli uomini e della fraternità, dei doveri o degli scopi da ottenere. Evidentemente questi scopi sono irrealizzabili: l’uguaglianza resta un mito, la libertà degli uni si oppone sempre a quella degli altri, e la fraternità non é neanche più considerata. Questo stato di fatto non é il risultato d’una confusione tra il personaggio che appaiamo e l’essenza che siamo?

   Viviamo su un modo duale perché guardiamo ed assumiamo maggiormente i riflessi, le espressioni della Natura, che la Natura stessa. Tuttavia, i riflessi non sono che delle forme vuote. Il riflesso di una persona nello specchio non é nient’altro che l’immagine di questa persona. Non vi sono due persone, l’una che sarebbe vera e l’altra che sarebbe falsa. Vi é una vera persona e la vera immagine di questa persona; una sola verità dotata d’innumerevoli espressioni. Se non vi é due, non vi é competizione tra due parti. O allora, questa confusione non costituisce che una nuova manifestazione o “riflesso”.  Non vi é che la verità d’una persona, la verità della sua immagine e la verità del ruolo che ne deriva.

   Se si eleva una confusione, non può che appartenere al sogno, essa é relativa. La confusione che noi conosciamo non é un risultato, é un’espressione. Ovunque in questo mondo le espressioni variano. Non sono sempre belle ed armoniose. Per esempio, il cielo conosce degli stati variabili e contrastati. I climi che lo attraversano possono essere luminosi e tranquilli, ma ugualmente scuri e minacciosi. Eppure, tutto, senza eccezione, gli appartiene. Non hanno il potere di rimetterlo in causa; ne sono il ruolo, la manifestazione. La natura del cielo rimane intatta. Non diviene la tempesta, il temporale o il meraviglioso tramonto del sole che appare in lui.

 

   Tutti gli esseri che vivono in questo mondo sono sottomessi alle stesse leggi relative. Tutte sopportano delle circostanze a volte favorevoli, a volte sfavorevoli. Queste cambiano da un individuo all’altro e nel corso della sua vita. Come determinare ciò che é giusto e ciò che non lo é? Dal punto di vista della nostra Natura assoluta queste circostanze non sono né bene né male. Secondo ognuno, secondo le sue condizioni, esse saranno vissute differentemente e produrranno dei risultati differenti, talvolta opposti. Alcuni progrediranno confrontati agli ostacoli, altri si smarriranno nella loro riuscita.

 

   La questione che sollevo é quella della nostra identità, “chi” o “cosa” siamo realmente? Comprendere intellettualmente la dualità e l’illusione non offre un arretramento sufficiente. E’ sempre il “personaggio” o il “ruolo” che tira delle conclusioni. Identificarsi, non riposa sulla nostra perspicacia e la nostra intelligenza, ma scorre da una semplice ed autentica riconoscenza, dal fatto di rendersi concretamente all’evidenza. Non esiste una confusione “generale”. Esiste una confusione che ognuno permette per se, in quanto la considera come “normale”. Abbiamo appreso un “ruolo”, una menzogna, che svolgiamo con i nostri simili sulla grande scena della vita. Cambiare decoro o rifare il mondo non é ciò che metterà fine a questa commedia.

 

 

   La libertà é il più spesso opposta all’uguaglianza. L’una, a scapito dell’altra, avendo fondato il “liberalismo” che conosciamo, l’altra a scapito delle libertà, aventi stabilito delle società marxiste. La fraternità é stata allora preconizzata, vanamente, come il rimedio a queste tragiche opposizioni. Non vi é ancora una confusione tra il mondo delle persone che si affrontano instancabilmente e quello de “l’essere non nato” che fondamentalmente siamo tutti?

 

   Illusi, crediamo che certi stati ci squalifichino più che altri. Infatti, che siano positivi o negativi, tutti ci confermano sul piano dell’Essere. Certamente, in questa vita, non é la stessa cosa “di essere” ricco o povero, “di essere” libero o prigioniero, “di essere” ammalato o in buona salute… Siamo inclini a ricercare l’uguaglianza e la felicità attraverso innumerevoli forme e stati relativi.

 

   Deviati dalla Lampada del vivente, ci cerchiamo. Speriamo una risposta nelle nostre proiezioni. Il nostro disagio e la nostra povertà provengono d’avere dimenticato ciò che noi siamo fondamentalmente. Identificati al nostro proprio ruolo, ad un “personaggio”, immaginiamo divenire l’abito così come  tutte le sue avventure. Rivendichiamo a noi-stessi, siamo come uno schermo vuoto che ci fa riempire di storia e di trofei allo scopo di prendere valore. Non guardiamo nel posto giusto. Altrimenti, é direttamente sul piano della sua natura luminosa che ci troveremmo, gustando la vera ricchezza e la vera libertà.

 

   Le nostre vittorie e le nostre glorie temporanee non colmeranno mai la domanda in noi d’unità e d’assoluto. Essendo tutto forse che transitorio. Tuttavia, l’apparenza della maschera testimonia il viso che lo porta, l’apparenza del vestito convalida la nudità che lo veste. L’illusione non é il contrario della verità, non ha il potere di sostituirla, di rivaleggiare, né d’essere un’alternativa. Non rappresenta che un’espressione.

   La rivoluzione intima giungerà nel riconoscere e di vivere in priorità l’identità naturale ed increata comune a tutti gli stati. Fintanto che ci fisseremo sui soli aspetti e manifestazioni relativi, continueremo a subire le tensioni che ne risultano, oscillando tra speranza e timore. Resteremo nell’ignoranza di ciò che siamo autenticamente.

   La via di mezzo non dovrebbe appoggiarsi su un’equanimità artificiale che ci sforzeremo di aggiungere. Più semplicemente, più direttamente, scorre e sboccia dal fatto di riconoscere e d’autorizzare la “consanguineità”, la filiazione nobile e fraterna propria alla nostra Natura originale ed universale.