Sono veramente l’autore delle mie azioni ?

 

WAYNE LIQUORMAN

Sono veramente l’autore delle mie azioni ?

Traduzione di Maurizio Redegoso Kharitian

 

D: Non so cosa fare con le mie emozioni. Quando sono in silenzio, vi ci può essere della serenità. Altrimenti, mi rendo conto che provo quasi sempre di ridurle al silenzio. E’ possibile di accettarle come sono?

Le emozioni vanno e vengono. E’ l’essenza della vita. Qualche anno fa, ero a casa mia a Los Angeles dove concedevo un’intervista e qualcuno è venuto con un amico. Parlavo di accettazione. Si è prodotto un lungo silenzio, molto bello, molto forte. Improvvisamente il telefono cellulare di quest’uomo si è messo a suonare. Ciò accade talvolta anche a me, quindi capisco. Ma qui, quest’uomo ha risposto! Ha cominciato a raccontare dov’era, ciò che faceva, prendendo tutto il suo tempo. Un’immensa collera si è alzata in me. Gli ho urlato di andare via, ciò che ha fatto. Ne è seguito un silenzio molto disagevole di qualche minuto, poi l’amico di quest’uomo ha alzato timidamente la mano: “Prima che il telefono squillasse, parlavate di accettazione. Sembra che non avete accettato questa situazione”. Questa è un’incomprensione molto abituale su ciò che è l’accettazione.

Questa include tutto ciò che è qui, nell’istante. Non si tratta di un’approvazione di ciò che accade né di una neutralità passiva.

L’accettazione include ogni nostra reazione: sono ciò che sono nell’istante. La mia reazione si produce nell’istante. Quando mi sono alterato, l’idea che avrebbe potuto agire altrimenti non mi è venuta un solo istante. Vi era accettazione totale per sua azione. La stessa cosa si applica in me. Ho fatto ciò che ho fatto e non avrei potuto fare altrimenti. Questo organismo corpo-mente ha delle preferenze; ama certe cose ed altre no, e reagisce in funzione di queste.

D:   Ho l’idea che se l’accettazione di ciò che quest’uomo ha fatto fosse stata totale, la vostra reazione emozionale sarebbe stata disinnescata.

Può darsi che sarebbe stato così per voi. Nel mio caso, si produce la reazione emozionale. Nisargadatta Maharaj [1] aveva una personalità molto collerica: urlava tutto il tempo presso la gente. Eppure era un saggio riconosciuto, mentre le persone gli domandavano: “Maharaj, perchè vi arrabbiate?” La sua risposta era: “La collera arriva; non sono in collera”. Era il suo modo di dimostrare che non vi era appropriazione di questa collera. Questa appropriazione è il senso d’essere autore delle nostre azioni. In altri termini, credo di essere responsabile di lasciar scoppiare, di controllare o di frenare la collera. Ma il saggio sa che quest’organismo corpo-mente non ha il potere di controllare. Talvolta quest’organismo appare disporre di questa capacità. Per esempio, prendo la decisione di non arrabbiarmi. Sopraggiunge una situazione che chiama la collera, ma non mi metto in collera. Immediatamente, il falso senso d’essere autore delle sue azioni, il sentimento d’un agire personale, si appropria di questo: “Vedete, ho preso una decisione e sono stato capace di applicarla”. Il giorno dopo, forte di questa convinzione, prendete la stessa decisione. Un’altra situazione si presenta, e tutto è dimenticato, esplodete in collera. Conosciamo tutto questo. A volte, un controllo ci è  apparentemente accordato, ed altre volte no. La questione è di sapere se voi avete realmente un qualunque controllo sulle cose. Se voi non controllate il controllo, che cosa controllate?!

D:  E’ possibile andare più lontano: la persona che decide di non mettersi in collera non avrebbe alcun potere su questa stessa decisione?

Effettivamente. Per essere precisi, non è l’autore di questa scelta ma ha fatto questa scelta. E’ la differenza tra l’azione ed il senso d’essere autore dell’azione. Superficialmente, ciò sembra uguale, ma se si guarda più in profondità, vi è l’azione e credere che siamo autori dell’azione. Sono l’attore delle mie azioni, ma non ne sono l’autore. Sono l’attore della mia vita, ma non ne sono l’autore.

D:   E’ stato necessario a certe persone di vivere delle situazioni estreme per potersi connettere a questa comprensione.

Le persone si avvicinano a questo insegnamento in molti modi differenti. Il momento significativo è quello in cui si produce una breccia nel muro dell’ego, o in altri termini nella credenza che io sia l’autore delle mie azioni. Ma non vi sono delle formule o metodi. Ognuno vive questo in modo differente. Questo insegnamento non può creare questa breccia, si indirizza a quelli in cui questa incrinatura si è prodotta. E’ qui per, eventualmente, aiutare ad allargare la breccia fino allo sfondamento totale del muro ma non vi è mai nessuna garanzia. L’insegnamento minaccia in effetti qualcosa di molto fondamentale nelle persone, e la paura di liberare le nostre credenze è forte.

D:   Perché la ganga dell’ego si rinforza?

La ganga è il senso di essere autore delle proprie azioni. Questo falso senso d’essere autore è rinforzato dalla società, i vostri genitori, la vostra educazione. Questa ganga si forma verso l’età di due anni. E’ l’età in cui ho l’impressione d’avere del potere: faccio accadere le cose, sono differente dagli altri, i miei sforzi possono influenzare le cose attorno a me. Si insedia il sottile senso che io sia l’autore di questo potere. Considerato che la maggior parte degli esseri umani ha questo sentimento, la struttura della società incoraggia questa idea.

D:   Capisco questo intellettualmente, ma non posso fare nulla.

In effetti, è evidente.

D:   Non vi sono soluzioni?

Si, una soluzione esiste. Ma non è la vostra soluzione. Non potete appropriarvi di una soluzione qualunque. Diciamo che è l’universo ad agire.

D:   Occorre essere pazienti !

La vostra pazienza od impazienza non cambiano niente, e non potete rendervi pazienti! Anche la pazienza è una caratteristica del vostro organismo corpo-mente. E’ conferita o no. Di fatto, è la vostra sofferenza che lavora in voi che può creare il difetto di cui parliamo. Si tratta di riconoscere la nostra fondamentale impotenza. La porta verso la libertà che voi cercate è qui. Eppure, è qui dove mettiamo la più grande resistenza: “Occorre che faccia qualcosa! Se non faccio nulla, non accade nulla!”. Qui si trova la menzogna. E’ una menzogna. Non sappiamo cosa si produce. La vita stessa ci mostra questo costantemente; le cose non si sviluppano sempre come le abbiamo previste. L’imprevisto è talvolta sorprendente ed una di queste cose impreviste è questo difetto che può prodursi in noi. Non lo provochiamo. Prima che questa breccia si produca, non sappiamo nemmeno che questa poteva esistere. O, se lo sappiamo intellettualmente, non supponiamo i suoi effetti in noi. Non avremmo potuto immaginarli. Eppure, questo accade. Occorrono degli shock perché si fissi la ganga dell’ego. Non possiamo mai dire in anticipo quanti colpi essa dovrà ricevere prima che ceda totalmente.

D:   Sono sempre rinviato all’impotenza. Ho provato di trovare delle uscite di soccorso, ma non funziona.

Vi è molto da vedere nei tentativi che possiamo fare. Questo insegnamento vi incoraggia a continuare a cercare ed a guardare ciò che accade in questa ricerca. E’ tutto il valore della ricerca. Se l’energia e la capacità vi è data per continuare a cercare, allora fatelo. Fate tutto il vostro possibile ed osservate.

D:   Quando mi guardo, mi vedo doppio. Una parte è il mentale che ha sempre delle cose da ridire, ed un’altra parte accetta l’idea che non vi è volontà propria. Che cosa accade con il mentale?

Ciò che descrivete qui è ciò che Ramesh Balsekar [2] chiama il “flip-flop”, e questo si produce in tutti coloro in cui l’insegnamento comincia a mordere. E’ nella natura di questo processo. Quando il flip ha luogo, vale a dire quando l’insegnamento nasce e cresce in voi, vi è spazio ed apertura. Poi quando viene il flop, è spesso molto doloroso perché il mentale raziocinante riempie tutto lo spazio. Il falso senso di essere autore delle proprie azioni diviene attivo. Vi è allora questa idea di cui dovrei saperne sufficientemente per non cadere in questo tranello: “Ma comunque, dovrei essere capace di restare nella gioia, perché so il modo in cui il mentale mi allena”. Può questo cessare? La risposta è si. Questo cesserà per voi? Non lo so.

Questo flip-flop, se si manifesta in molti, non è per forza una necessità. Lo dicevo, non vi è formula. Ma cominciamo qui dove siamo. Guardiamo con la curiosità di un bambino ciò che accade per se stessi. La curiosità del bambino è pienamente nell’istante. Un giorno, ho aiutato mia nipote, che allora aveva un anno e mezzo, a lavarsi le mani. Ho fatto scorrere l’acqua ed ha messo la mano sotto. Esperienza appassionante per lei: ha girato la sua mano e l’acqua è scorsa in modo diverso attraverso le sue dita. Poi ha ancora girato la sua mano, e ancora, e ancora. Era meravigliata. Questo è durato quindici minuti! Questa curiosità è senza oggetto. Non cercava di imparare. Non vi era obiettivo. E’ questa qualità di curiosità che propongo di applicare nell’osservazione di ciò che accade adesso.

D:   E’ molto sorprendente di guardare ciò che succede: tutti questi pensieri, queste emozioni e queste sensazioni, le reazioni di fronte a tutto questo. Questo gioco è straordinariamente interessante.

Per me, è provante. Il mentale non cessa di sovrapporre delle cose…

D: Vi riferite a delle esperienze passate. Ma adesso, immediatamente, le cose sono differenti. Vediamo ciò che succede adesso. Chiudiamo un istante la porta al passato, in quanto se è qui nel nostro spirito, non può accadere niente di nuovo. Osserviamo dunque ciò che si manifesta adesso senza l’idea di una destinazione, di qualcosa da ottenere o da misurare. Ritornare solamente a ciò che è qui adesso. Possiamo iniziare semplicemente con la respirazione. Ci sentiamo respirare. Questa respirazione non è qualcosa di cui voi siete l’autore. Essa si produce. La vostra esistenza intera è fondata su di essa. Senza respirazione, non vi è nulla. E lo ripeto, non ne siete l’autore. Non è un modo interessante di cominciare qui dove voi siete?

D:  Non ho la scelta di respirare. Ma ho l’impressione che io abbia la scelta di fare o di non fare molte cose.

Amo prendere questo concetto di scelta e di destrutturarlo. Di che cosa si compone la scelta? E’ evidente che noi facciamo delle scelte, questo fa parte dell’esperienza umana. Al ristorante, voi scegliete ciò che voi mangiate. A ciò che chiamiamo scelta si attacca il senso di esserne l’autore. Ma vi è anche il meccanismo della scelta, che ha dietro di se tutto l’universo che giunge a questo punto in cui questa scelta si sgancia.

Lo spirito ha per abitudine di non considerare come scelta che ciò che arriva con il senso d’essere l’autore di questa scelta. Ora, noi possiamo sottrarre dalla scelta questo senso di esserne l’autore. La scelta dimora ma non ne sono l’autore. Allora non vi è più né ferità né colpevolezza in quanto la scelta si fa, semplicemente, nell’istante. Eppure, il falso senso d’essere l’autore delle proprie azioni conduce a non accettare ciò che accade nell’istante, vale a dire la scelta del momento.

D:   Ho l’impressione che sradicate delle certezze, come quella che posso fare qualcosa, che la mia vita è fra le mie mani.

Spesso, la ricerca di certezze è ciò che mantiene la carota davanti al mulo. Se potessi essere sicuro di qualcosa, vi sarebbe una base solida sulla quale appoggiarsi. Una volta che so con certezza qualcosa di vero, allora acquisirei un potere su questa cosa. E’ questo che cerco, il potere. Ma la vita non cessa di puntare verso la mia impotenza!

D:   Ma se non sono l’autore delle mie azioni, non vi  è perdita del mio senso di responsabilità?

Che cosa immaginate possa accadere se l’idea di essere l’autore delle nostre azioni sparisse?

D:  Il caos sociale.

Ma non è già ciò che avviene? E virtualmente tutto il mondo si considera come l’autore delle proprie azioni e responsabile.

D:   Ho l’immagine di un teatro di marionette. Siamo le marionette e siamo manipolati. Non siamo che gli attori di una parte scritta altrove che si svolge attraverso noi. Che cos’è allora l’identità?

L’individualità è l’espressione dei vostri geni, che si manifestano in quanto vostro corpo e vostro spirito. Il condizionamento che si aggiunge a questo messaggio genetico, arriva dall’ambiente sociale nel quale voi nascete, dai vostri genitori, dalla vostra educazione e dalle esperienze che voi fate quotidianamente. Poi il mentale raziocinante, che è il falso senso d’essere l’autore delle nostre azioni, si appropria della nostra individualità. Questo falso senso di un agire autonomo personale appare indipendentemente da ogni condizionamento. Quest’ultimo sopraggiunge dopo e lo rinforza. In certe culture, è più rinforzato che in altre ma la sua presenza non sembra dipendere da un condizionamento. A partire da qui, queste due scelte distinte, l’individualità ed il sentimento d’essere l’autore, sono viste come identiche. Ora, se l’identità è necessaria per il funzionamento dell’organismo umano, questo non è il caso per il sentimento d’essere l’autore della nostra vita. Si tratta dunque di separare nuovamente questi due elementi. Infatti, sono restati separati, e si tratta di realizzare che sono due cose diverse.

D:   Abbiamo il sentimento che questo verso cui puntate è irraggiungibile.

In effetti, questo non può essere raggiunto. L’oceano non può essere raggiunt0.

[1] – Nisargadatta Maharaj (1897 – 1981). Insegnante della non-dualità: “La verità siete voi stessi. Smettetela di allontanarvi correndole appresso”. Riconosciuto per i suoi modi bruschi, la sua semplicità gli fece conservare la piccola bottega di sigarette indiane di cui viveva in un quartiere malfamato di Bombay, a dispetto della sua notorietà presso i cercatori occidentali che si accalcavano attorno a lui. Vedere le opere tratte dalle sue interviste: Io sono quello – Il nettare dell’immortalità – Nessuno nasce nessuno muore.

 

[2] – Ramesh Balsekar (1917 – 2009). Il traduttore di Nisargadatta Maharaj più apprezzato dagli occidentali. Direttore della Bank of India in pensione, prese la sua successione, dispensando un insegnamento originale nel quale traspare ugualmente l’influenza di Ramana Maharshi e di Wei Wu Wei. Teneva quotidianamente delle satsang presso il suo domicilio. Wayne Liquorman era considerato da Ramesh come il suo figlio spirituale.