Perchè l’impersonale non esiste

JEFF FOSTER

Perché  l’impersonale non esiste

La nascita e la morte del fondamentalismo nella non-dualità/gli insegnamenti dell’Advaita.

 

 

Traduzione di Maurizio Redegoso Kharitian

 

 

Govinda dice: “Ciò che tu chiami una cosa, è qualcosa di reale e di essenziale? Non è semplicemente un’illusione di Maya, un’immagine, un’apparenza? Ciò che chiami pietra, albero sono reali?”

 

Questo non mi sconvolge” dice Siddharta.

Se sono delle illusioni, allora sono io stesso un’illusione, sono della mia stessa natura… E’ per questo che posso amarle…”

 

                                                                                          Siddhartha, Hermann Hesse

 

 

Qualche mese fa ho fatto questa dichiarazione : Non sono più ufficialmente un “insegnante di Advaita” o un “insegnante della non-dualità” – se mai ne sono stato uno. La vita non può essere messa in parole, e per belle che siano, le parole dell’Advaita/non-dualità devono essere alla fine respinte. Non ho mai potuto pretendere di essere una qualunque autorità in questa materia. Continuerò a parlare, a cantare le mie canzoni per quelli che vi sono aperti e vogliono ascoltarle, ma il bisogno di aderire ad una tradizione non esiste più, non più di quello di utilizzare il linguaggio dell’Advaita per evitare un impegno umano reale e autentico, per pretendere di essere in un modo più o meno “speciale”, per ingannarvi e dirvi maggiormente che voi, per giocare all’ “insegnante” rifiutando di incontrarvi nel gioco e finendo di ascoltarvi in quanto vedo che siete “ancora invischiati nel sogno” o “ancora una persona”. Questo messaggio è un messaggio d’amore, nel vero senso della parola – altrimenti non è altro che del nichilismo sotto spoglie di libertà. La “polizia dell’Advaita” risponde : “Chi se ne preoccupa?”. Ed io dico : “Io, me ne preoccupo”.

 

Spiego in questo saggio perché rispondo così.

 

Il messaggio dell’Advaita radicale

Se ascoltate certi insegnanti della non dualità/Advaita che attualmente occupano la scena, potrete avere l’impressione che esista qualcosa di terribilmente nocivo nel fatto di avere una “storia” personale. Avere una storia creata per il pensiero su voi stessi, le vostre esperienze passate, le vostre relazioni, i vostri sentimenti, i vostri desideri e le vostre paure ecc. – in altri termini essere un essere vivente, un essere umano che respira – è un segno di evidente illusione e di dualità. E dovete svegliarvi da questa confusione !

 

Se vi recate ad un incontro pubblico di un insegnante di “Advaita radicale” e se, al momento delle domande, cominciate a parlare di qualcosa di personale – per esempio, la morte di una persona cara, una delle vostre dipendenze, un evento doloroso che si è prodotto nel vostro passato – vi diranno che siete “incastrati nella vostra storia”, “perduti nel sogno del tempo e dello spazio” o diranno semplicemente che siete “ancora una persona” e “non ancora risvegliati”. Il fatto che “raccontate una storia” mostra che arrivate ancora dalla dualità – siete ancora identificati in quanto cercatori, calcinati nel personale. Una volta “arrivati”, non racconterete più storie personali. Esisterete nell’eterno Presente e non saprete niente del vostro passato.

 

 

Quegli insegnanti là, certamente non raccontano più storie (se è vero che l’enorme storia che tutte le storie sono un segno d’ignoranza…). Sottintendono che essi stessi esistano in una sorta di stato mistico al di là del personale o che sono entrati in uno spazio dove il personale non ha più alcun senso, alcuna importanza, alcun interesse. Non hanno più passato e futuro, più di “relazioni personali” (chi sarebbe qui per avere una relazione?) e non soffrono mai (in quanto ogni sofferenza è un illusione, non è vero?). Finite per sentirvi inferiori a queste persone (queste persone dove l’assenza delle persone, o tutt’altro nome che esse si danno oggi) e vi sentite contemporaneamente molto colpevoli e narcisisti per essere ancora interessati dalla vostra storia personale. La liberazione, o l’illuminazione, non vi è ancora evidentemente arrivata! Allora aspettate e aspettate che la liberazione arrivi, e anche se questi insegnanti dicono che non c’è niente da fare per aspettare la liberazione e nessuno, qui, per fare qualunque cosa, continuate ad andare alle loro riunioni, a leggere i loro libri, nella speranza vana che ciò arriverà un giorno… anche se non esiste nè “voi” nè “un giorno”…

 

Che rompicapo! Per questi insegnanti i vostri “mal di testa” sono un altro segno che non siete ancora giunti. I loro insegnamenti sono al cento per cento puri, veri, senza compromessi, brutalmente onesti – la vostra confusione è un vostro problema, un segno della vostra ignoranza. Il fardello della colpevolezza pesa su di voi.

 

Anche se questi insegnanti parlano di libertà, della magia dell’esistenza e della complessità di tutte le cose, nel loro  diniego o rifiuto del personale inviano un messaggio chiaro al cercatore: continuate a cercare, in quanto un giorno il personale affonderà. Il cercatore resta aggrappato alla promessa di uno stato futuro o di un’esperienza “impersonale”, anche se, certamente, l’insegnante smentisce che promette qualunque cosa al cercatore. Nella gerarchia dell’Advaita radicale, l’impersonale è meglio o più reale, meno illusorio che il personale – anche se è nello stesso modo decretato che ogni gerarchia è illusione… L’Advaita radicale è senza alcun dubbio una forma sottile di ricerca.

 

Ciò che questi insegnanti non possono vedere, è che la loro posizione “impersonale” (nel senso di anti-personale) è una preferenza molto personale. Affermano che il loro insegnamento è “impersonale” e senza intenzioni nascoste (in quanto non si indirizzano a voi in quanto persone separate), mentre, ben inteso, la loro preferenza per evitare o scartare la vostra storia personale è molto personale e proviene dall’intenzione di farvi realizzare che non siete ancora liberati. Mettendo avanti l’impersonale, facendo dell’impersonale la verità assoluta, creano in realtà la divisione stessa, che dicono di avere trasceso, tra il personale e l’impersonale, l’assoluto ed il relativo. Ed anche se non permettono alcuna storia personale durante gli incontri, fuori da questi gli insegnanti raccontano delle storie, scherzano, discutono e difendono delle posizioni come tutti. Perché fare una divisione tra ciò che succede durante gli incontri e fuori da questi? Perché una regola per loro ed una per noi? Perché questi incontri devono essere una rappresentazione? La liberazione non dovrebbe liberare a colpo sicuro il bisogno di questa rappresentazione?

 

Tuttavia, non me ne volete, non dico che questi insegnanti siano malvagi o che abbiano torto, o ancora che vi abbiano ingannato intenzionalmente, assolutamente no! Dico che non sono più in risonanza con questo modo di esprimere la verità, questo è tutto. Tenevo io stesso questo tipo di incontri di Advaita radicale e rifiutavo spesso le storie personali come ho appena descritto, capisco dunque perfettamente da dove viene questa forma di impressione.  Amavo questo approccio radicale e senza compromessi… fino al momento in cui ho visto le radici di queste idee e ciò che contenevano. Mi ci è voluto molto tempo – di rimessa in questione e di umiltà – per realizzare che di fatto l’impersonale ed il personale sono uno e che questa posizione “anti personale” non è che una semplice preferenza personale di certi insegnanti spirituali. Non esiste messaggio “impersonale” – ci sono solo persone che agiscono in modo impersonale verso le altre, delle personalità impersonali – ma non messaggi impersonali. Ciò che molti di questi insegnanti chiamano “verità impersonali” è in realtà la loro propria attitudine anti personale mascherata di fatto oggettiva.

 

 

L’ IMPERSONALE ED IL PERSONALE

 

Qualunque cosa sia l’impersonale, si esprime in realtà in quanto personale, e la vera libertà non può arrivare attraverso diniego o rifiuto della storia personale – è in realtà al cuore di questa storia, al cuore del disordine dell’esistenza umana. E’ in questo modo che brilla la grazia.

 

Pensate a Gesù sulla croce. Lì, nel cuore della sofferenza più terribile – esattamente al centro delle ossa rotte, della pelle e dei muscoli strappati, il Divino brillava, impersonale e libero. Gesù era assolutamente umano ed in questa umanità, assolutamente divino. Non ha trovato libertà sfuggendo dalla croce, rifiutando il personale. No – la libertà, Dio, la completezza era esattamente lì al centro della croce, dove la vita e “la mia vita” si incrociavano e si distruggevano. La libertà era, ed è, la vita stessa.

 

Noi, noi tutti, viviamo al centro di questo incrocio – lì, dove la verticale (ciò che è al di là del tempo e dello spazio) incontra l’orizzontale (il tempo e lo spazio), dove il vero impersonale (lo spazio aperto nel quale appare questa storia) incontra il personale (la storia di “io”). E questo va fino al punto di non poter più utilizzare le parole “personale” ed “impersonale”, in quanto non avete alcun mezzo per separarli. Dove comincia l’uno e finisce l’altro? Può darsi che non esistano linee di separazione – al centro della croce, non vi è forse che l’Uno. Ciò che sono veramente è forse inseparabile  della vita stessa, forse sono sempre stato ciò che desidero tanto… forse…

 

Nella mia storia (si, una storia appare qui – chi potrebbe contestarlo?) ho passato degli anni a respingere il personale, provando a sbarazzarmi della mia storia personale, di installarmi nell’Assoluto, di rifiutare il “qualcuno” e di diventare “nessuno”. Jeff era il nemico, me ne dovevo sbarazzare. Il se personale era il diavolo, e soltanto dalla distruzione del diavolo potevo incontrare Dio. L’ego era la menzogna da eliminare, o almeno era questo che credevo all’epoca. Avevo letto un gran numero di libri spirituali ed ero arrivato a delle conclusioni sulla realtà – non realizzando che le mie conclusioni erano in realtà delle credenze personali. Gli esseri umani sono delle creature stupefacenti. Pensiamo di avere trovato la verità oggettiva, mentre di fatto ci siamo riposti su una credenza soggettiva e l’abbiamo dimenticata.

 

Per un certo tempo, “l’impersonale” sembrava per me la libertà, in quanto il personale era divenuto invivibile. La mia storia personale (l’esistenza relativa)  era diventata un inferno – odiavo la mia vita, soffrivo di una terribile fobia sociale, vivevo come un fallimento totale, non vedevo alcun interesse a vivere – e dunque fuggire nel paradiso impersonale, promesso dagli insegnamenti dell’Advaita, prendeva tutto il suo senso. “Non c’è io, non c’è voi, non c’è mondo, non c’è altro, la sofferenza non esiste, non c’è alcuna responsabilità a nessun livello”  Wow! Che conforto per lo sfinito ricercatore! Un andata per la libertà lontana da tutti i problemi del mondo! Alleluia! – Nessuna responsabilità, nessun passato, nessuna scelta – che sollievo! Potevo fare e dire ciò che volevo, anche ferire intenzionalmente delle persone e questo non aveva nessuna importanza, in quanto tutto era l’Uno e che in ogni caso non avevo alcuna scelta. Almeno, credevo.

 

Pensavo di essere libero, e durante quel periodo il cercatore si nutriva, si ingozzava di tutti questi nuovi concetti dell’Advaita. Pensavo di non essere nessuno e, infatti, la mia storia personale si compiaceva dell’idea stessa che ero “al di là” o “al di sotto” del personale. Pensavo di essere libero da ogni divisione e, in realtà, la “non-dualità” e la “dualità” erano in guerra, il “personale” e “l’impersonale” litigavano violentemente. Respingevo tutti i cammini spirituali e pratiche – erano tutti duali e basati sull’ignoranza. Ero in guerra con tutti gli insegnanti che sembravano proporre un cammino personale. Consideravo questi insegnanti come “dualisti”, perché indirizzandosi ad una persona e offrendole una speranza qualunque, sembravano, di fatto, nutrire la ricerca e tenere le persone prigioniere delle loro storie. Gli insegnamenti impersonali – quelli che non si indirizzano ad una “persona” e non offrono al cercatore non esistente una speranza o conforto – erano l’unica verità : questa sembrava essere la sola progressione logica. E mai prevenire le persone contro questi insegnanti dualisti che tenevano persone prigioniere, nella loro ignoranza, e certamente quando mi si interrogava a questo proposito (“Jeff, non è ipocrita di chiamare gli altri insegnanti “dualisti”, mentre gli altri non esistono e che la dualità è un illusione?”), facevo marcia indietro e dicevo che non vi era persona qui con un opinione su qualunque cosa, e che tutto era perfetto così com’era. Ah si, ero diventato molto abile con le parole. Si è obbligati quando dovete difendere una posizione facendo come se non ci fosse questa posizione. E’ come quando i guru sono nati. Chiamo questo il “tranello dell’Advaita” – e all’epoca non pensavo di essere raggirato – pensavo di essere libero. Spesso quando si pensa di essere liberi, si è di fatto più imprigionati che mai.

 

Vivevo così nella mia fortezza impersonale, credendomi libero dal personale, ma segretamente, ero in guerra con il personale. Avevo paura del personale, mi terrificava – si attacca ciò che ci spaventa maggiormente. Un’interazione umana reale, onesta ed autentica? Spaventoso! Aprirmi alla vita, ammettere che avevo torto su certi punti, lasciare le mie credenze ed identità più care? Terrificante! Il rischio di espormi agli altri e di essere rifiutato? No, meglio pretendere che non esistevano altri con cui interagire. L’ esperienza personale è per i sognatori ignoranti. L’impersonale è ben più reale.

 

 Affermavo di essere libero dal personale, ma segretamente, dietro le quinte, soffrivo ancora molto – vi erano ancora delle relazioni che non sembravano pulite, dei punti dove sapevo di non essere stato onesto, dove bloccavo la vita, dove la ricerca proseguiva. Mi sentivo ancora disconnesso dagli altri, bloccato, insoddisfatto in diversi modi – ma poiché credevo di essere liberato o non essere “nessuno”, non potevo riconoscermelo e ancora meno dagli altri. Gli insegnamenti dell’Advaita radicale erano di un grande conforto su questo punto – era un conforto sapere che dopo la liberazione, la sofferenza può ancora apparire, ma che ormai non appartiene a nessuno. Molto bene ! C’era della sofferenza – non ne potevo niente, ed in ogni modo, non vi era niente che potessi fare, in quanto non c’era nessuno per fare chissà cosa. “Sono ancora infelice – essere infelici appariva ancora – ma ora nessuno era infelice”. Il messaggio dell’Advaita portava un grande sollievo.

 

Ma che nessuno ne soffrisse o che qualcuno soffra, la sofferenza era sempre presente – e la sofferenza è la ricerca ! La ricerca continuava, ero ancora in guerra con la vita, affermando di essere libero da ogni ricerca, per promuovere la mia identità “di ex-cercatore”. Oh ! Era così stancante mantenere questa facciata di illuminato o di liberato !

 

Ogni immagine, ogni difesa, ogni fortezza deve tuttavia sgretolarsi alla fine. Nessuna filosofia o sistema di credenze così raffinato, così radicale e senza compromessi che sia, non può proteggervi dalla vita stessa. La vita è l’autorità, e tutti i sistemi di credenze crolleranno di fronte ad essa. La mia fortezza dell’Advaita radicale era stata costruita su delle fondamenta molto precarie…

 

“Non sono nessuno, niente esiste”. Oh si, vi è una magnifica verità: ma nello stesso tempo non è vero, non è assolutamente vero – fino a che ciò che sia in equilibrio dal suo opposto, nell’ambito del sogno. Nessun concetto può cominciare a catturare la vita, in quanto la vita è prima di tutto concetto (compreso quest’ultimo). I concetti sono sempre dualisti – il mondo dei concetti è il mondo del duale: il “se” ed il “non se”, “qualcuno” e “nessuno”, appaiono e scompaiono insieme. Nel sogno, tutto è perfettamente equilibrato dal proprio riflesso – non potete avere l’uno senza l’altro. “Niente esiste” è perfettamente equilibrato da “qualcosa esiste”, ecc.

Tuttavia la vita stessa è sempre al di là di tutti questi opposti. E’ al di là del “se” e del “non se”, della “persona” e della “non persona”, del “cammino” e del “non cammino”, del “tempo” e dell’ “assenza di tempo”. La vita in quanto tale, è completamente al di là di ogni comprensione così come l’onda non comprenderà mai l’oceano, in quanto E’ l’oceano…

 

 

L’ ONDA E L’ OCEANO

 

Immaginate un onda in un oceano. L’onda dice a sè stessa : “Sono separata dall’oceano”. Si crede e si sperimenta come esistente separata dall’oceano. Si crede nata in quanto entità separata e che morirà un giorno. Ha una storia di un passato e di un futuro, può parlare delle sue esperienze passate, dei suoi successi, delle sue sconfitte, ciò che ha raggiunto, le sue speranze, i suoi rammarichi e le sue paure. Ed in milioni di modi differenti passa la sua vita a cercare : cercare l’amore, l’approvazione, il successo o l’illuminazione spirituale, e ciò che cerca naturalmente, certamente, è l’oceano. Eppure l’onda è già espressione perfetta dell’oceano – lo era dall’inizio. L’oceano si esprime attraverso tutte le onde apparentemente differenti. L’Uno si esprime attraverso il “multiplo”, anche se in realtà, il “multiplo” non è separato dall’Uno.

 

Il fatto è che l’onda sembra soltanto esistere, sembra solamente – in realtà non esistono onde separate. L’onda letteralmente “es-iste” (in francese “ex-iste”, si tiene fuori) dall’oceano – ma in realtà nessun’onda separata ne sorge. Sembra che qui vi sia un paradosso – un’onda sembra esistere (sorgere) e di fatto non esiste (in quanto come potrebbe sorgere, quando l’oceano è tutto ciò che è? Come potrebbe l’oceano tenersi fuori da se stesso?. Abbiamo il paradosso dell’impersonale apparente come personale. L’onda è allo stesso tempo il personale E l’impersonale. Contemporaneamente esiste e non esiste. Appare essere separata (la storia) eppure non è separata dall’oceano, dalla vita.

 

Ora, il mondo dell’onda è il mondo della dualità. Dal punto di vista dell’onda, sembra che esistano delle divisioni: tra l’impersonale ed il personale, tra l’assoluto ed il relativo, tra la vacuità e la forma, tra la dualità e la non-dualità. Tuttavia dal punto di vista dell’oceano queste divisioni non esistono – niente esiste. Solo un’onda dividerà il personale dall’impersonale, il se dal non se, qualcuno da nessuno. L’oceano non può dividere in questa maniera, in quanto è tutto ciò che è, senza alcuna possibilità da sè stesso. L’acqua non può dividersi dall’acqua.

 

Soltanto l’onda parla. L’oceano resta silenzios : non ha niente da dire. Non “esiste”, in quanto non può “uscire da se stesso”, non può separarsi in alcun modo.

 

Così diventa chiaro che :

 

Solo (l’apparenza di) una persona potrà dividere il personale dall’impersonale, poi affermare che la sua espressione o il suo insegnamento è l’uno o l’altro.

 

Solo una persona affermerà di non essere una persona, in quanto solo una persona vedrà questa divisione (persona/non persona). Nello stesso modo, solo un se affermerà di non avere un sè, solo un ego affermerà di essere libero dall’ego…

Solo un insegnamento ancorato nella dualità respingerà come dualisti gli altri insegnamenti. Solo un insegnante in conflitto con la sua propria ignoranza darà l’etichetta d’ignorante ad altri insegnanti. Il mondo è un perfetto specchio di voi stessi.

 

Se un insegnamento fosse perfettamente impersonale, non esisterebbero, incontri e ritiri spirituali. L’oceano non parla. Per potersi chiamare impersonale, un insegnante deve innanzitutto inscriversi nel personale, non respingerlo. Geniale!

 

Tutto ciò è meraviglioso e significa che nessuno ha la risposta. Ciò significa anche che quando affrontiamo l’oceano, nessun’onda può essere un’autorità. Nessun’onda dell’oceano può trascendere l’oceano – in quanto sono soltanto l’espressione dell’oceano. Un’onda che pretende di avere trasceso l’oceano od essere andata al di là dell’oceano, non è altro che un’onda che fa certe dichiarazioni. Anche il più radicale degli insegnanti dell’Advaita non è altro che un’onda. Nessuno ha “raggiunto” l’impersonale o “è andato al di là” del personale, in quanto l’onda non può andare al di là di essa stessa. Tutte le onde sono uguali in essenza: sono acqua.

 

In altri termini, il personale non può essere l’impersonale finché non include e non abbraccia il personale. Ciò sembra essere una completa contraddizione, ma dovete spesso utilizzare dei paradossi logici quando si parla di qualcosa che può essere messo in parole! L’impersonale è il personale – la non dualità è la dualita – allora sono completi. Non troverete da nessuna parte l’impersonale se non al cuore del personale – un paradosso assoluto, eppure così semplice come la respirazione.

 

Penso che tendenzialmente accada questo :

 

L’onda vede che è oceano.

L’onda utilizza questa visione per negare che vi è stata inizialmente un’onda – o che non ce né stata mai una.

 

Sì, è molto sottile. E’ per questo che dovete essere molto prudenti quando parlate della non-dualità! Vedete, il cercatore vuole essere nutrito. Appena il cercatore ha afferrato un concetto – “non c’è io, non c’è mondo, non c’è sofferenza ecc.” – se queste parole designano di non essere viste con una chiarezza assoluta, il cercatore le utilizzerà per approfondire la ricerca e l’identificazione. Per esempio se non esiste libero arbitrio, non esiste scelta, se gli altri non esistono e che nessuno ne soffra, “posso allora fare tutto ciò che voglio, posso uscire ed uccidere qualcuno, questo non è importante,  perché tutto è UNO e non c’è scelta”. Ecco ciò che accade quando la non-dualità diventa un altro sistema di credenze, un’altra religione, un’altra forma di separazione.

 

 

LA  FINE  DEL  FONDAMENTALISMO

 

Il modo in cui parlo della non-dualità è veramente cambiato nel corso degli anni, è evoluto fino ad incorporare questa visione fondamentale della non-separazione tra ciò che chiamiamo “il personale” e l’ “impersonale”.  Avevo l’abitudine di parlare molto più dal punto di vista dell’Assoluto – la prospettiva oceanica : nè io, nè voi, nè mondo – e lo faccio ancora talvolta, ma solamente in certi momenti ed in certi contesti, quando ciò sembra appropriato. Dal punto di vista dell’oceano, non c’è né tempo, né spazio, niente da fare e dove andare, in quanto l’oceano è al di là di tutte queste divisioni. Tuttavia contemporaneamente, la verità ultima si esprime in quanto spazio e tempo, in quanto apparenza delle onde, in quanto apparenza di qualcuno in un mondo. Non vi è né voi, né io, ma esiste l’apparenza di voi ed io – è qui che viviamo, dove ci incontriamo: nell’apparenza. Non esistete, eppure voi siete, ed è per questo che posso amarvi. Non sono qui in quanto entità separata, eppure sono qui, incontestabilmente, esattamente come voi. Ciò che sono (in quanto oceano) è al di là della storia, eppure incontestabilmente la storia appare (l’onda) – ed in quanto onda, non ho bisogno di rinnegare la storia o pretendere che non esista – come potrebbe la storia negarne un’altra? Danzo e gioco in quanto onda, riconoscendomi ad ogni momento come l’oceano, senza alcuna contraddizione. Questo appare come un paradosso solo per il mentale che cerca…

 

Così ciò che è vista attualmente è che la non-dualità non è il rifiuto della dualità, ma la sua celebrazione – una celebrazione così completa che non è nemmeno possibile di utilizzare le parole “non-dualità” e “dualità” separate l’una dall’altra. Qualcuno e nessuno sono in realtà uno – non sono mai stati due. Se non c’è “nessuno” è la crocifissione, e quando “qualcuno” appare è la resurrezione. La crocifissione necessita della resurrezione per essere completa. In questo modo l’Advaita radicale non è che parzialmente vero – fino a quando si completa con la sua riflessione.

 

Quando guido la mia auto troppo velocemente sull’autostrada, un poliziotto mi interpella e mi domanda il mio nome, rispondo : “Jeff Foster”. Non dico : “Non sono nessuno” o “Jeff Foster non esiste”. Anche se tutto ciò può essere vero ad uno stadio ultimo, quando lo dico, non è vero – è semplicemente un altro concetto. Nessuno vive nella “verità ultima”. Non possiamo vivere nell’ultima. Viviamo qui, in questo mondo di tempo, spazio e di cose apparenti, incontro dunque un poliziotto e dico “Jeff Foster” – è questo l’amore  (Si l’amore, anche con un ufficiale di polizia !). L’insegnante di non-dualità più integralista darà il suo nome quando sarà interpellato dalla polizia. Chi può negare il nome e la forma? Chi può negare la storia? Chi rinnega il personale o vorrebbe rinnegarlo?

 

 

LA  LIBERTA’  DI  ESSERE  PERSONALE

 

Dato che non sono più identificato adesso ad un insegnante di Advaita (e ancora meno ad un “insegnante di Advaita radicale”) queste regole nei miei incontri e ritiri non si applicano più :

 

Non parlare della propria storia personale

Non utilizzare le parole “io” o “me”

Se parlate della vostra storia personale, si riderà di voi o la vostra esperienza sarà respinta o invalidata, o sarete puniti. Vi si potrebbe dire ugualmente che “siete ancora presi nel sogno” o “ignoranti della vostra vera natura” o che “la libertà in tutta evidenza non è ancora arrivata”…

 

Si, tutto il mondo è libero, realmente libero. Grazie a Dio, per utilizzare le parole che desideriamo, di parlare delle proprie esperienze umane in modo sentito come giusto, onesto e vero per ognuno, di raccontare la propria storia. Le storie sono permesse – ogni esperienza umana è permessa. Certamente durante gli incontri o nei ritiri, non si tratta di compiacersi in queste storie, o di “arrangiarle”, ma non si tratta nemmeno di negarle o di rinnegarle.

 

In questi incontri, apportiamo una luce sulla storia, “il-luminiamo” il cercatore. Non nutriamo il cercatore di nuovi concetti, come “non c’è io” (anche se queste parole possono essere utilizzate in certe occasioni come indicatori), e non neghiamo l’apparenza del cercatore né pretendiamo che la sofferenza umana non esista (è così facile negare la sofferenza quando non soffrite!). Ciò che taglia corto all’ indulgenza nelle storie o al loro rifiuto, è la visione presente – una visione che non potete fare, una visione che siete già. Questi incontri rappresentano una riscoperta di questa visione – che è la fine della ricerca.

 

La vera libertà non è fuggire il personale per l’impersonale – ma trovarla nel cuore stesso dell’esperienza umana più intima.

 

Che sollievo di essere nuovamente un essere umano che vive e respira, di permettere alla vita di esprimere attraverso questo nome e questa forma umana, attraverso questa magnifica esperienza personale e di sapere che non è nient’altro che l’impersonale che gioca, danza e gioisce ad ogni istante. Ringrazio gli insegnanti dell’Advaita radicale per cantare le loro canzoni e mi discosto rispettosamente dalla loro tradizione una volta per tutte – in quanto tutte le tradizioni sono limitate ed il canto della vita non può essere contenuto. Il fondamentalismo non potrà reggere, l’amore distruggerà tutto alla fine.

 

 

Allora raccontami la tua storia, e lascia brillare l’impersonale.