A proposito del quinto Vangelo, intervista a Emile Gillabert di Jean Biès

Dall’archivio di 3millenaire a cura di Luciana Scalabrini

Un quinto vangelo esiste, il vangelo secondo Tommaso, scoperto a Nag Hammadi, in alto Egitto nel 1945 e tradotto per la prima volta dal copto nel 1959. Secondo gli esegeti della scuola biblica di Gerusalemme questo testo sorprendente è più antico dei sinottici. Il vangelo di san Tommaso ci trasmette forse le esatte parole pronunciate da Gesù e rimette in questione una gran parte delle basi del cristianesimo. Ci rivela un maestro spirituale in tutto simile a quelli dell’Asia tradizionale; apre alle sorgenti dell’esoterismo cristiano; può perfino innescare un rinnovamento della spiritualità occidentale. Questa è la tesi di Emile Gillabert, morto nel 1995, che era direttore  del gruppo di ricerca “Metanoia”.

E. Gillabert. — Il manoscritto di questo vangelo, di cui possediamo un faximile, si trova al museo del Cairo. Una vera congiura del silenzio copre questa scoperta senza precedenti, che rimette in questione le basi del cristianesimo come ci è stato trasmesso.  Sarebbero le parole stesse del Maestro…

E.G. — L’incipit di questo vangelo è il seguente: “ Ecco le parole segrete (e non apocrife….) che Gesù il Vivente ha detto e che ha trascritto Didimo- Giuda- Tommaso. “. Si può supporre che Gesù, sentendosi minacciato dai farisei e dai romani abbia dettato l’essenziale del suo messaggio al suo discepolo che poteva conservarlo. Siamo in presenza di un testo che fu sepolto quasi subito  e che è restato  al riparo da ogni manipolazione. Non ci si trova nessuna amplificazione, di quelle proprie ai sinottici, che sono opera di successive redazioni; le versioni che abbiamo sono di terza o quarta mano; Paolo le ha modificate con la sua influenza ( Marco soprattutto). Molto presto l’insegnamento di Gesù  è stato degradato e tradito.

J.B. — La congiura del silenzio alla quale fate allusione  si spiega nella misura in cui la Chiesa ha da molto tempo rifiutato ogni nozione di esoterismo.

E.G. — E’ comodo ma abusivo assimilare la gnosi di Tommaso che è conoscenza iniziatica  agli gnosticismi aberranti dei primi secoli .Gesù ha detto:

« Avete nascosto le chiavi della conoscenza; non solo non siete entrati, ma impedite agli altri di entrare” E poi “ Il cane nella mangiatoia non mangia e non lascia mangiare i buoi”. E ancora “ Dico i miei misteri a quelli che sono degni dei miei misteri” L’incomprensione non poteva essere  che totale: un dialogo fra sordi, con dei discepoli infantili, che interpretavano le parabole in un senso quantitativo e storico, e chiusi a tutte le nozioni di interiorità ed eternità. L’avventura del Regno è interiore e individuale, essa è stata compresa come esteriore e  collettiva. Il risveglio della coscienza è stato confuso  con la resurrezione dei morti. Mangiare il pane della Parola, bere alla coppa dell’Insegnamento, è diventato la Cena ( mentre lo stesso Giovanni non identifica per niente la carne e il sangue del Figlio dell’Uomo al corpo e al sangue di una vittima offerta in sacrificio: il riscatto col sangue è un’idea di Paolo…). La prova salvifica di colui che si prende in mano è degenerata in salvezza con la croce di colui che si fa prendere in carico. Lo svelamento dello Spirito, quando finisce la nostra cecità, è stato preso per l’apparizione di Gesù dopo la morte. Il ritorno all’Uno, l’Essere intemporale, la fine di ogni dualismo sono diventati la fine dei tempi ( mentre è stato dimostrato che Gesù non ha mai pronunciato dei discorsi apocalittici).

Mosè e Paolo hanno soffocato il vero messaggio di Gesù

J.B. — Mosè e Paolo sono per voi dei grandi paranoici che inquadrano e soffocano il vero messaggio di Gesù. Li ritenete responsabili della crisi dell’occidente, che  deve loro il suo desiderio di conquista, il suo spirito  giuridico, la distruzione della natura e della femminilità, il senso della storia.

E.G.  — Il popolo d’Israele, soprattutto all’origine, era un popolo combattente, che doveva conquistare la terra promessa. Aveva prima di tutto bisogno di soldati; ciascuno sa che la donna, riposo del guerriero , diventa pericolosa nell’economia dei mezzi di conquista. Con l’intermediazione di Mosè, Israele si è data leggi dove la donna e la natura sono giudicate cattive. Mosè ha ricevuto le leggi sul Sinai, senza che il popolo potesse vederlo. È qui che comincia il discorso paranoico  costruito mirabilmente, ma fondato su premesse non verificabili: “ Yahvé mi ha detto…”. Mosè è il solo a sapere la verità; è intransigente, xenofobo, fa vivere il suo popolo in un clima di colpevolezza e di paura permanenti. Il popolo, impedito di avere un contatto diretto con Dio, non può vivere un’avventura spirituale personale: l’intimità con Dio gli è proibita. La sola avventura permessa è collettiva, è la guerra.

J.B. — E’ possibile interpretare i Salmi in senso simbolico della guerra interiore, come lo si fa per la guerra santa islamica o per quella di Arjuna nella Bhagavad- Gita

E.G. — Senza dubbio. Non impedisce che Israele abbia voluto inscriversi nel divenire storico, inscrivere la sua azione nello spazio- tempo. Dandosi una guida onnipotente ispirata al dio delle armate, ha optato per una trasformazione esteriore.

J.B. —Questo istinto guerriero proviene da una società patriarcale. L’orfano Mosè si è fabbricato un padre tanto più autoritario per la carenza duramente vissuta.

E.G. — Il culto reso al Padre gli ha fatto condannare e maledire la donna, la cattiva madre, la natura, assimilata alla morte. Questo si ritrova in Freud. Mosè ha confuso la sessualità col peccato; da cui l’ossessiva cura delle purificazioni rituali e dell’espiazione. L’aggressività di Israele combattente viene dalla rinuncia sessuale, dall’auto punizione legata alla nozione di peccato. La Dea- madre è stata bandita, l’unità del cielo e della terra spezzata. Il dualismo carne- spirito, istinto- ragione era nato; vediamo oggi le conseguenze catastrofiche di quella fallocrazia… Nello stesso cristianesimo il culto della Vergine Maria ha potuto temperare il rigore della legge, ma non ha  assunto la sessualità. Per gli ebrei come per i cristiani, separati dalla natura, è diventato impossibile integrarsi in un tempo ciclico, scoprire un’armonia universale. Non solo l’uomo non esiste se non collettivamente, ma il suo scopo, in più, è quello di trasformare quella natura nemica; Marx è al limite.

Paolo: la triplice successione paranoica, patriarcale e messianica.

J.B. — Paolo non ha fatto secondo voi che succedere a Mosè in una prospettiva cristiana. Voi stabilite molte vicinanze tra il suo insegnamento e l’ideologia esseniana: lo stesso sogno egemonico, lo stesso dualismo fondamentale, la stessa cura di giustificazione con le scritture, la stessa impazienza messianica. Spiegate la sua paranoia evocando un bisogno di superpotenza e di possesso esclusivo della verità e riducete Damasco ad una allucinazione….

E.G. — La partenza di Paolo non ci soddisfa più di quello di Mosè. Non possiamo verificare quella esperienza di fede fondata su un Cristo risuscitato , su quella rianimazione di un cadavere… Il discorso è organizzato logico, efficace; l’assenza di prove sussiste. Damasco per me è un’allucinazione, una percezione senza oggetto; in termini psicanalitici una regressione. Lo psicotico non può contemplare che la propria immagine.

J.B. — Paolo ha accentuato il processo di janghizzazione dell’occidente?

E.G. —Mi sono accorto che non aveva fatto che continuare un lavoro già ben avanzato, sottovalutando l’elemento femminile, yin, molto più vicino dell’elemento maschile, yang, ai cicli naturali. Paolo ha insistito sulla legge rappresentata dal padre: autorità, severità, condanna; è il padre, non Gesù che ha ucciso il vecchio uomo in Paolo. Nelle sue epistole, la donna porta il peso del peccato originale. La carne è identificata col male, non parla del mare che per citare i naufragi; della notte, che per sottolineare gli aspetti negativi.; non menziona affatto la madre di Gesù… paragonatelo al Vangelo di Tommaso, dove Gesù rende il suo vero posto alla donna, riabilita la Madre divina: “ Il regno del padre è simile a una donna…”

J.B. — Credete che l’aspetto messianico dei vangeli sia un’impronta di Paolo?

E.G. — Le parole che i redattori evangelici prestano a Gesù per mostrare che stava realizzando le profezie  sono delle interpolazioni. Perfino l’esegesi tradizionale è d’accordo su questo. Si è confuso Gesù col Messia delle profezie, si è fatto subire ai testi delle manipolazioni per il bisogno della catechesi. Soprattutto in Matteo.

J.B. —Però tutte le tradizioni conoscono la nozione di fine del ciclo, e voi stesso non lo negate

E.G. —   Siamo effettivamente alla fine di un ciclo, ma la nozione di ciclo è legata al mondo manifestato, è estranea all’essenziale, che è la via interiore, la sola che interessa Gesù. Ciò che ci si domanda è di tornare all’origine prima del tempo. Gli ebrei e i discepoli di Gesù poi, attendevano un Messia e Gesù non presentava le caratteristiche richieste. Il Messia doveva apparire nelle nubi del cielo,  al suono delle trombe, in una sorta di evento Cosmico… Ora agli occhi dei non iniziati niente distingue un iniziato da chi non lo è. Lungo la vita di Gesù , vediamo che i discepoli non lo comprendono. Si sono già fatti un personaggio in funzione delle profezie, vivono dei pregiudizi, su delle proiezioni. In realtà quella attesa messianica non era che un’utopia; quella fuga nel sogno aveva per scopo di scaricare l’anima collettiva dalla sua colpa.

Che sappiamo di Gesù?

J.B. — Vi sento parlare di Gesù, non del Cristo. Ora, ogni Messaggero porta due nomi, l’uno umano, l’altro divino.

E.G. —Cristo è un termine giudaico e paolino, che designa l’unto e il signore. Appartiene dunque ancora alla prospettiva messianica  che ho appena denunciato. Si è fatto nascere Gesù a Betlemme perché è una terra di Giuda, della tribù di Davide, mentre gli esegetici dicono che Gesù non è potuto nascere a Betlemme, per le date storicamente accertate del censimento di Cesare. Si vuole allora far nascere a Nazareth, ma si incontra una nuova difficoltà: Nazareth non figura in nessuna carta antica!

J.B. — Ma se si pretende di risalire veramente alle sorgenti, perché non dire Yeshouah, il nome d’origine?

E.G. —Forse…. Ma notate che in Gesù c’è “ io sono” Gesù non ha lasciato queste parole: “Colui che berrà dalla mia bocca diventerà me, io diventerò lui”?. Si tratta di una identificazione. Se divento Gesù , lo sono.

I miracoli e i poteri sono d’ordine esoterico.

J.B. — Che importanza o credibilità date ai miracoli di Gesù? Dite che quei miracoli sono versetti aggiunti?

E.G. — Esisteva da molto tempo il ricordo dei miracoli.; di là hanno preso gli evangelisti, aggiungendovi l’immaginazione orientale per elaborare il loro mito. La Resurrezione mi sembra un fenomeno che si può spiegare, ma che appartiene come ogni fenomeno ,all’ordine della manifestazione , perciò secondaria dal punto di vista esoterico. Ora, Gesù dice:” Con le cose che vi dico , non sapete chi sono?” . Attira l’attenzione sulla sua parola, non sull’aspetto meraviglioso dei miracoli. Si è voluto fare di lui un fachiro, mentre rifiutava ogni mezzo d’azione fisica.

J.B. — Vuol dire che Gesù non ha mai fatto miracoli? Tutti i saggi sono stati investiti di poteri , anche se vi hanno rinunciato.

E.G. — Probabilmente ce ne sono stati. Se è uscito dagli Esseni, come qualcuno dice, si sa dai testi di Qunmram che essi erano dei guaritori. Gesù poteva essere un terapeuta.
J.B. —Quanto agli altri miracoli non è possibile dare loro un’interpretazione allegorica, come fanno i padri della chiesa , a proposito delle nozze di Cana o della camminata sulle acque?

E.G. — Non nego quei miracoli, piuttosto li trascuro. Per me sono dell’ordine esteriore.

ALCUNI ESTRATTI DAL VANGELO SECONDO TOMMASO

Gesù ha detto:

Ho gettato un fuoco sul mondo, ed ecco che lo preservo fino a ciò che lo accende.

Felice colui che era già prima di esistere. Se diventerete miei discepoli e intendete le mie parole, queste pietre vi serviranno.

Se la carne si è prodotta a causa dello spirito è una meraviglia; ma se lo spirito si è prodotto a causa del corpo, è una meraviglia della meraviglia. Ma io mi meraviglio di questo: come questa grande ricchezza si è messa in questa povertà? I suoi discepoli: Che giorno ti vedremo? Gesù: Quando vi allontanerete dalla vostra bassezza, prenderete le vostre vesti, le deporrete ai vostri piedi come i piccoli bambini, li commisererete, allora vedrete il Figlio di colui che è Vivente e non avrete più paura.

I farisei e gli scribi hanno preso le chiavi della Conoscenza e le hanno nascoste. Non solo essi non sono entrati, ma non hanno lasciato entrare quelli che volevano farlo.

Se vi si interroga: qual è il segno del vostro padre che è in voi? Dite loro: è insieme movimento e riposo.

Chi conosce il Tutto, si è privato di se stesso, privato del Tutto,

il Tutto è uscito dal me ed è tornato al me. Spaccate della legna; io sono lì; sollevate la pietra e mi troverete lì.

Non comprendete che quello che ha creato l’interno è anche quello che ha creato l’esterno?

Chi beve dalla mia bocca diventerà come me; anch’io diventerò lui e ciò che gli è nascosto gli sarà rivelato.

Gesù e la saggezza orientale

J.B. — Quale accostamento si può fare tra l’insegnamento di Gesù e le grandi tradizioni che l’Asia ha conservato?

E.G. — Una frequentazione prolungata, attenta, di centoquattordici detti di Gesù rivelano un pensiero che attesta delle corrispondenze sorprendenti con i grandi insegnamenti orientali. Per esempio con la Bhagavad- gita e le Upanishad, la poesia mistica dei sufi, gli aforismi del tch’an, i koan dello zen. Ho potuto stabilire raffronti tra certe parole di Gesù e quelle del Budda, Lao-Tseu, Hui- neng, Gaudapada, Ling- tsi. Ma anche del Tao come via del giusto mezzo… Questi raffronti portano sullo spirito di infanzia e di povertà, sulla non violenza, sulle illusioni del mentale, l’abolizione dell’ego, il vivere hic et nunc, la conciliazione degli opposti, l’androginia primordiale, il vuoto metafisico, il Padre in quanto aspetto non creato, il brahma senza secondo e il Figlio come realtà manifestata, l’atman.

J.B. — Inutile immaginare un viaggio di Gesù in India o in Tibet…

E.G. — Paragonato agli insegnamenti dell’Asi, quel messaggio si rivela nelle sue dimensioni di universalità, permette all’oriente e all’occidente di parlare lo stesso linguaggio.

Il Vangelo del terzo millennio

J.B. —Il vangelo secondo Tommaso obbliga ad una revisione completa dei dogmi della chiesa. La domanda che ci si può porre è: cosa resta dell’edificio?

E.G. — Bisogna fare delle revisioni sofferte e laceranti. E’ il prezzo da pagare per ritrovare la verità originale e ottenere la liberazione. Rimane ben poco delle parole autentiche di Gesù nei vangeli canonici. La svalutazione dell’esoterismo dell’inizio condanna oggi la chiesa sia a rivedere delle posizioni storiche sempre meno tollerabili, sia a impegnarsi nel sociale. Ora, non si può comprendere nulla di quell’esoterismo senza prima arrivare all’indispensabile metanoia di tutto il proprio essere, per arrivare alla sorgente ribollente che Gesù ha suscitato.

J.B. — Ed è questo rivolgimento che fa paura. È la rinuncia di ogni sicurezza

E.G. — Gesù ha detto: “ Quando avranno rifiutato il loro vino, allora avranno cambiato la loro mentalità”. Penso che il Vangelo di Tommaso non possa trovare seguito che tra quelli che hanno cominciato la propria  rimessa in discussione e sono disposti al sacrificio del me. Non possiamo comprendere e vivere il messaggio di Gesù se non arriviamo a liberarci delle forze paralizzanti del nostro inconscio impregnato di legalismo giudaico e di dogmatismo cristiano. Questo lavoro non si potrà fare che in molte generazioni

J.B. — Certi, riferendosi alla legge secondo cui  ogni fine ciclo ne determina l’inizio, potranno pensare che la scoperta del quinti vangelo, che di fatto è il primo, costituisca una nuova prova della fine del ciclo cristiano.

E.G. — Per me indicherebbe piuttosto la rinascita della spiritualità occidentale Quella scoperta è una possibilità offerta all’uomo del nostro tempo proprio nel momento in cui le chiese non possono più rispondere agli interrogativi essenziali. A malattia mortale, rimedio mortale… Mentre il giudaico- cristianesimo muore sotto i nostri occhi, ridotto a un epifenomeno di civiltà, il Vangelo di Tommaso inaugura un nuovo ciclo, apre già la via di realizzazione agli uomini del terzo millennio.