Intervista all’ambasciatore del Dalai Lama di Denise Greindl

Ginevra è sotto la neve.

L’ambasciatore è di fronte a me; sembra immenso, scuro, ispirato. Mi porge la mano, il suo sguardo si risveglia, si riempie di luce, annunciando una rivelazione interiore.

— Good morning…

Rifiuta di dire una parola di francese, parla un po’ in tibetano, un po’ in inglese  con leggerezza, semplicità e forza.

— L’Occidente non comprende nulla della vita tibetana, dice,  né  la mentalità, né la filosofia, né la religione.

Entriamo insieme nel suo santuario dove un Budda di pietra è circondato da foto del suo pese natale e di un ritratto del Dalai-Lama.

—Qui in Europa non si è abbastanza semplici, abbastanza bambini per accogliere la Realtà, la Verità…

Il lama Phala,così si chiama l’ambasciatore, ha gli occhi scuri, alla cinese e mi parla della sua vita in Tibet dove è nato; i suoi genitori, i suoi nonni  hanno sempre abitato  a Lhassa, avevano ruoli importanti. Lui non era ministro come suo padre, ma governatore nel nord del Tibet.

— What about the « climat »dico, certa che  esso influenzi la mente umana e renda l’uomo più saggio, più distaccato.

— Si, dice prendendo la sua polvere da fiuto. Lhassa è una bella città, dal clima terapeutico e molto sano, a 4000 metri di altitudine. Non si respira nessun cattivo odore, non ci sono industrie, né nafta, nulla che possa inquinare l’aria.

— I monasteri sono numerosi? E i monaci?

— Ci sono monasteri con ventimila monaci. Ciò che importa è vivere bene (per i cattolici il numero dei convertiti ha la sua importanza, per noi no) ; il fatto importante è scoprire la luce in sé.

— Dove vanno quelli che l’hanno scoperta?

— Si ritirano nelle tebaidi, gli eremitaggi, e i loro pensieri portano aiuto agli altri meno evoluti.

Prosegue la descrizione di Lhassa in cima alla montagna a quattromila metri. Non ci sono strade, pochi telefoni, pochi bagni e però ne ha nostalgia

— Avevate previsto l’occupazione cinese?

— La temevo, ma ne parlavo poco.

— Eravate consigliere del Dalai-lama?

— Si.

— Prima dell’occupazione  l’avete assistito?…L’avete condotto in esilio?

— Si, non mi lasciava mai; ho tentato di alleviare la sua fuga che non è stata facilitata dai cinesi. Poveri cinesi! Non hanno capito….bisogna perdonarli.

Il suo sguardo è di una serenità toccante, il suo collo massiccio non si nota più, la sua forza è non fatalismo, ma accettazione e serenità. I suoi pensieri sulla vita, su Dio sono così semplici che all’inizio rischi di non comprendere niente.

— E’ difficile, dico, prendere coscienza?

— Prendere coscienza ad un livello profondo? Mi interrogate sulla religione? Il Divino è semplicemente un oceano infinito di coscienza. Questa presa di coscienza si deve intensificare, discendere come una folgorazione…

— Avete una religione? Il buddismo è una religione?

— Bouddha vuol dire risvegliato. Non è Dio, ma per l’asiatico Dio non è come se lo immaginano gli occidentali.

— Sbagliamo a vederlo con una barba e una mano alzata per punire o ricompensare, dico.

Sorride. Si direbbe che l’occidentale è per lui un’anima solitaria piena d’orgoglio, così piena del mondo dei dolori, delle preoccupazioni e così attaccata a tutti questi drammi che non può avere la visione della Realtà.

La giornata è splendida. Dal suo ufficio vedo il Monte Bianco, così nobile, che vorrei paragonarlo alle montagne tibetane.

— No, signora; da noi le montagne sono povere, mediocri, senza splendore; anche il il popolo manca di splendore…; popolo rude dall’umore gioioso.

— Qual è l’essenza della formazione buddista?

— I guru insegnano a liberarsi, a concentrarsi in sé con la respirazione, il regime alimentare leggero, lo yoga…

— La respirazione è così importante per la vita interiore?

— Essenziale; guarisce l’emicrania, l’inquietudine, la nevrosi.

Prosegue giocando con una pietra tibetana.

— Ci sono tre fasi da realizzare per penetrare la vita interiore: la fase pre – individuale, in cui l’essere è ancora addormentato; la fase mediana dove l’essere tende all’autonomia interiore; la fase superiore: la presa delle radici in sé e il superamento del sé. Questo superamento del sé permette l’esperienza del nirvana.

— Cos’è la vostra concentrazione?

— Uno stato che permette al novizio di sottomettere le tesi proposte dal guru al controllo dell’esperienza psichica.

— Cos’è l’amore per voi?

— Fiamma senza fumo, dono totale

— E dove nasce questo amore?

Il venerabile lama è in imbarazzo; passiamo ad un altro argomento.

— Cosa avete portato con voi durante l’esodo….perché siete in esilio da molti anni ,non è vero?

— Sentendo il rumore delle mitraglie, non si pensa ai bagagli: coperte, un po’ di riso, alcuni libri…

Con stupore sento che tra i libri si trova “Il buddismo e lo zen” di Robert Linssen, considerato da molti indiani e tibetani uno dei migliori classici  scritti da un occidentale sul buddismo.

—Cos’è lo zen?

— Un’arte di vivere, di vivere liberi dal voler vivere, un’arte dove si percepiscono tutti i valori essendo liberi da loro.

— Il tibetano dunque oltrepassa i pensieri…. Non è più schiavo del pensiero. Quello è per lui solo uno strumento

Sento che psicologicamente certi orientali sono mille anni più avanti di noi

Il suo sguardo si rischiara, si direbbe che è nel suo silenzio mentale.

— Non ci sono molti esseri umani risvegliati totalmente. Parla di Alexandra David Neel, una parigina lama, dottore in filosofia, di Douglas Harding, di Krishnamurti…

—Occorre tanta vigilanza, leggerezza, equilibrio e soprattutto stare nel momento presente, essere adeguati, liberi da ogni egoismo.

Il lama è un essere di un altro pianeta , che ride delle nostre preoccupazioni, anche religiose. Che distanza tra noi!

Grande silenzio. Mi domando chi dirige questo universo. America o Asia? Qual è lo spirito superiore che lo anima ?E da dove viene? Perché noi europei diamo tanta importanza al nostro piccolo io?

— C’era la teocrazia laggiù in Tibet?

— Si, in effetti, ma quello cambierà… e poi il popolo è così devoto, disinteressato, così poco geloso, così poco comunista.

Parla ancora dell’esodo: quel gruppo di uomini  spossati, anche alcune donne(ci sono anche donne lama) cacciati dalle mitragliatrici, in fuga allo sbando, mentre attraversano il paese tibetano immenso, senza strade, senza auto, senza treni, senza aerei. Quegli uomini che fuggivano appena vestiti, a mani vuote con sacchetti pieni di un po’ di riso, a piedi nudi, in sentieri di roccia o piste appena tracciate. Gli uomini fuggivano verso l’India, un’India calda e umida, inadatta agli abitanti di montagna, abituati al freddo secco.

— Abbiamo perduto tutto, dice in inglese, tranne l’onore e la forza d’animo…Si, quell’esodo è stato duro, ma non c’è stato un lamento, non un grido, non un pianto.

Ho la sensazione di avere davanti a me un risvegliato, un uomo che rinuncia a sfruttare l’uomo, il sole e le stelle e che si semplifica.

— In fondo, dico, abbassando gli occhi, vi trovate come Henry Miller: “degli uomini che non illuminano con passione che gli abissi”.

Ride: il suo segretario mi porta del tè di rosa e della pasticceria tibetana agre e indigesta.

Il lama si alza con lentezza, mi mostra un libro fondamentale, ”Le Lankavara Sutra “, poi un altro e mi consiglia di non cercare la verità con quella ossessione che ci mette tanta gente del nostro paese.

Il sole ora filtra dall’unica apertura del suo ufficio. Filtra con una luce, un calore, un amore più grande.

— Good bye,dice tendendomi la mano e non dimenticate: tutto quello che è necessario per voi è in voi… La realtà cosmica è in voi. Essa è il vostro vero essere

L’ambasciatore sembra inspirare profondamente. Mi stringe ambedue le mani certificandomi che sono vicina alla luce.

Osservo un’ultima volta: che potenza in lui. Intuisco che non ha bisogno di pensare, lui è uno “con il suo pensiero, con la sua azione”.

Il lama Phala, dignitoso e venerabile, mi segue e mi congeda aggiungendo:

— Più si riconosce Dio in sé, più si diventa liberi, più si diventa liberi, meno si devono prendere decisioni, e allora tutto diventa pace e gioia. Le forme religiose sono secondarie. Solo la Realtà divina importa.

*

La solitudine è per tanto tempo una prigione prima di diventare un rifugio.

*

Un sogno mi ha preso…
Ora conosco dei veri saggi e vivo.

( a cura di L. Scalabrini)