Angelus Silesius
(1626 – 1677)
LE DUE MORTI
Traduzione a cura di Maurizio Redegoso Kharitian
Johannes Scheffler, dal pseudonimo di Angelus Silesius, è nato in Slesia in una famiglia della nobiltà luterana. Nel 1643, a Strasburgo, studia la medicina, la politica e la storia, poi a Leyde in Olanda, scopre le opere di Jan van Ruysbroeck, Maestro Eckhart, Henri Suso, Jean Tauler, Jakob Boehme. A Padova, riceve il titolo di dottore in filosofia e medicina quindi diventa il medico ufficiale del Principe di Oels. Nel 1649, frequenta delle cerchie mistiche; la sua vita interiore subisce dei profondi cambiamenti e le sue letture lo conducono a convertirsi al cattolicesimo nel 1653. Silesius si ritira per tre anni in solitudine e redige una raccolta di aforismi e di distici intitolati “Il Pellegrino Cherubinico”, che testimonia, in un stile lapidario, la profondità della sua vita spirituale. La sua opera appare nel 1657 all’epoca in cui fu medico alla Corte Imperiale di Ferdinando III. Nel 1661 è ordinato prete e dopo la morte del suo protettore, Sebastian von Rostock, si ritira nella casa dei Fratelli Portecroix dove morì il 9 luglio 1677.
I distici, qui presentati, sono estratti dal “Pellegrino Cherubinico” (dall’editore francese Aubier, 1946).
La morte spirituale
Muori prima di morire, al fine di non morire quando dovrai morire: or bene non dovrai che perire. (IV, 77)
La morte gloriosa
Cristiano, è una morte gloriosa essere solo morto a tutto, e di avere conquistato con questo lo spirito di povertà. (IV, 214)
La morte
Desideriamo la morte, eppure la fuggiamo: uno è impazienza, e l’altro viltà. (IV, 102)
L’uomo è due uomini
Due uomini sono in me: l’uno vuole ciò che vuole Dio; l’altro, ciò che vuole il mondo, il demonio e la morte (V, 120)
La morte di Me fortifica Dio in te
Nella misura in cui il mio Me languisce e deperisce in me, in questa stessa misura il Me del Signore ne prende forza. (V, 126)
Quando ci si appropria la morte del Signore
Amico, se muoio a me stesso qui e adesso, mi approprio solo ora della morte del Signore (V, 360)
La morte
La morte non mi commuove: attraverso essa, non faccio altro che arrivare dove sono già con il cuore tramite il mio spirito. (IV, 81)
La vita e la morte
Nessuna morte è più bella che quella che da la vita: nessuna vita è più nobile che quella che sgorga dalla morte. (IV, 103)
Vivere fuori di Dio, è essere morto
Uomo, mi puoi credere: se non vivi in Dio, puoi vivere mille anni, in altrettanti anni sarai morto (V, 111)
La morte è buona e cattiva
Così buona è la morte per chi muore nel Signore, così cattiva è per chi perisce fuori di lui. (IV, 105)
La morte mistica
La morte mistica è beata : più è forte, più splendida è la vita che si eleva in essa (I, 26)
Morire fa vivere
Morendo mille volte, il saggio chiede mille vite per la Verità stessa (I, 27)
La più felice delle morti
Nessuna morte è più felice, che quella che muore in Dio, e perire, corpo e anima, per il Bene eterno (I, 28)
La morte eterna
La morte da cui non sboccia una vita nuova, è quella che fugge la mia anima tra tutte le morti (I, 29)
Non c’è morte
Non credo alla morte: che io muoia ad ogni ora, ho trovato ogni volta una vita migliore (I, 30)
La morte perpetua
Muoio e vivo per Dio : se voglio vivere eternamente per Lui, devo anche per Lui rendere eternamente l’anima (I, 31)
Dio muore e vive in noi
Non muoio né vivo: Dio stesso muore in me: e ciò che devo vivere è anche Lui che lo vive incessantemente (I, 32)
Niente vive senza morire
Dio stesso deve morire, se Egli vuole vivere per te: come credi, senza morte, di ereditare della sua vita ?(I, 33)
La morte ti sfida
Quando sei morto e Dio è divenuto la tua vita, soltanto allora sei entrato nell’ordine degli alti dei. (I, 34)
La morte è la migliore delle cose
Io dico che, poiché la morte sola mi libera, è tra tutte le cose la migliore delle cose (I, 35)
Non c’è morte senza vita
Io dico che niente muore: non è altro che un’altra vita, quella dei tormenti stessi, che ci da la morte (I, 36)
Dio è in te la vita
Non sei tu che vivi: in quanto la creatura è morte; la vita che ti fa vivere in te è Dio (II, 207)