Cibernetica o “controllo e comunicazione nell’animale e nell’uomo” di Léon Delpech.

Dall’archivio di 3millenaire, a cura di Luciana Scalabrini.

La parola “controllo” in francese è normalmente usata nel senso di sorveglianza, verifica,  molto diverso da quello che si dà nell’ambito dell’automatismo. C’è estrapolazione della parola inglese “ control” che significa pilotare, dirigere , contrastare. Qui significa essere padrone degli eventi, mentre in francese ha per esempio, il seguente significato “ per una partecipazione maggioritaria, si controlla un’impresa”
Con una delle sue contraddizioni strane di cui la storia ha il segreto, fu a Parigi, ma in inglese che fu pubblicato nel 1948 Cybernetic de Wiener

Il manoscritto era stato rifiutato da degli editori americani e fu all’ultimo minuto che la stampa del M.I.T (the technology press, Cambridge) e John Wiley di New York, accettarono la coedizione con Hermannn, editore a Parigi, che aveva deciso di pubblicare il testo nella sua versione originale in lingua inglese. Il successo fu grande. Furono rapidamente venduti 20000 esemplari e si fece la seconda edizione negli Stati Uniti.

Cybernetics  è un volume di 194 pagine. È un’opera molto curiosa, fatta più d’intuito che di dimostrazioni. Il lettore è più volte lasciato con la sua curiosità. L’autore spesso non fa che illustrare il soggetto, ma aprendo, ed è l’essenziale, nuove strade.Peraltro il livello del libro è molto irregolare. Tanto è redatto in modo semplice, e la lettura è alla portata del grande pubblico, quanto contiene sviluppi matematici che presuppongono una cultura scientifica estesa. Nonostante i suoi difetti, che sono date dal fatto di che assomma una gran quantità di ricerche sparse, è tuttavia l’opera che ha segnato la partenza della rivoluzione cibernetica

Una tripla rivoluzione:

La rivoluzione cibernetica cominciata coi lavori di Norbert Wiener si pone su tre piani distinti: il piano della macchina, il piano della natura, il piano del pensiero.

Rivoluzione sul piano della macchina.

Se si riflette sulla storia  della tecnologia, si vede che la nozione di macchina ha subito un’evoluzione che l’ha condotta dallo stadio della macchina statica, semplice trasformatrice di movimenti, a quello della macchina dinamica, che trasforma delle energie in modo da renderle utilizzabili a determinati scopi ( spostarsi, comprimere dell’aria, ecc.) Queste macchine, all’inizio, dovevano essere guidate dall’uomo. Con lo sviluppo delle tecniche d’automatismo, quella guida ha potuto essere progressivamente lasciata alle stesse macchine, lavorando queste con programmi stabiliti dall’uomo e lì incorporati .

Le macchine cibernetiche, loro, sono macchine che non lavorano più secondo programmi rigidi ma che possono adattarsi, in certe condizioni, a situazioni non previste dal loro costruttore. Imitano in questo certi comportamenti degli esseri viventi.

L’omeostato di Ashby e le tartarughe di Grey Walter, sono esempi di tali macchine.

La nozione di macchina cibernetica allarga il classico concetto di macchina in modo tale che non si può più darle limiti. Il punto di partenza di questa evoluzione fu segnato molto prima di Wiener con  con l’introduzione  della regolazione nell’industria. Quello data dall’epoca in cui il regolatore regolatore di Watt, inventato nel 1788, fu montato su macchine a vapore. Quando una macchina così attrezzata vede il suo carico diminuire,e si mette dunque ad accelerare, delle masse girevoli, sollevate con l’azione della forza centrifuga accresciuta risultante dall’aumento della velocità, agiscono su di una leva che interrompe in parte la immissione di vapore.  E inversamente. Una regolazione appropriata permette di ottenere una velocità costante della macchina.

Ci si trova qui in presenza di un programma semi rigido, di cui Maxwell ha scritto la teoria nel 1868.

Ma il progresso consiste nel rendere sempre più sciolta l’autoregolazione delle macchine, che diventeranno sempre più cibernetiche man mano che si emanciperanno sempre più dall’assoggettamento ai programmi.

Questa rivoluzione della macchina cibernetica conduce ad una liberazione, per l’uomo, dai lavori servili, e all’automatismo delle fabbriche che si fa poco a poco nei paesi più industrializzati. Le conseguenze di quel fenomeno sono considerevoli, possono avere conseguenze pericolose se non si arriva a prevederle.

A stadi ancora più evoluti, la macchina cibernetica può essere messa in interazione con l’uomo. Citiamo,per esempio, l’anestesia cibernetica e la protesi elettronica, dove si utilizzano direttamente manifestazioni elettriche del pensiero per comandare il sonno, oppure il movimento di protesi , ad esempio una mano artificiale.

Con un’ardita estrapolazione, il dott. Page, dei laboratori di ricerca della marina americana, a Washington, prospetta persino la possibilità di stabilire relazioni dirette  tra l’uomo e le macchine più complesse con una sorta di trasmissione elettronica dello stesso pensiero. Tutte le risorse di un potente cervello elettronico potrebbero così essere messe direttamente al servizio del cervello sul quale sarebbe connesso provvisoriamente o definitivamente. Si potrebbe allora dire che questo farebbe parte del cervello dell’uomo, quella combinazione uomo- macchina, molto superiore a qualsiasi superuomo immaginabile

Queste sono, con altri, gli sviluppi a cui Wiener ha aperto la strada. Non è esagerato parlare di rivoluzione.

Si può anche immaginare l’esistenza di macchine capaci di riprodursi , il che condurrebbe alla nozione di macchine non costruite dall’uomo; anche se per il momento sono teoriche, tali macchine sono perfettamente possibili.

Esaminiamo il ragionamento con cui il matematico John Von Neumann ha mostrato la possibilità  di una auto riproduzione delle macchine. Comincia con assiomatizzare, dopo Turing, la nozione di  automa. Un automa calcolatore è essenzialmente un apparecchio capace, se gli si danno istruzioni e una serie finita di numeri, di proseguire indefinitamente lo sviluppo di quella serie secondo la legge fornita dall’istruzione. È così che può esserci un calcolatore che riceve come istruzione qualsiasi legge di funzionamento caratteristica di un particolare automatismo. Dopo Von Neumann si possono produrre, su istruzioni, sequenze e aggregati costituiti, questa volta, non più da numeri impressi su un nastro, ma da elementi di macchine. Il problema della auto riproduzione può allora essere enunciato come segue: si può costruire un aggregato fatto di parecchi elementi di macchine, in tal modo che, se si pone questo aggregato in un serbatoio dove sono altri elementi in gran numero, quel primo aggregato comincerà a costruirne altri di cui ciascuno, alla fine, sarà un automa simile all’originale? Neumann dice che è realizzabile.
Il genetista britannico Penrose ha perfezionato la nozione di macchina riproduttrice , fabbricando dei modelli che presentano numerose analogie, ma questa volta sul piano della chimica e della biologia, con gli organismi viventi.  Quei modelli sono rudimentali ma si può andare più lontano. È così che Eduard Moore pensa che in qualche decennio si potranno costruire macchine  auto- riproduttrici economicamente utili. Sarebbero, per esempio,  macchine miniera o mietitrici anfibie che ci riportano minerale dal sottosuolo marino o dei raccolti dall’oceano Queste macchine sarebbero autonome nel senso che utilizzerebbero l’energia solare o anche quella del carburante o di alimenti prodotti dal loro lavoro, mentre fabbricherebbero, quando ce ne fosse bisogno, altre macchine della loro specie. Ci arricchiremmo così di tali macchine- schiave, che non solo lavorano, ma si riproducono.
Per la maggior parte delle necessità tuttavia non sarà necessario che le macchine si riproducano in senso stretto. Si potrà chiedere solo di fare progetti di macchine più perfezionate o di perfezionarsi da sole.

Si sono già utilizzati cervelli elettronici per collaborare all’invenzione di altri cervelli elettronici. Le implicazioni sono evidenti e stupefacenti.

Rivoluzione sul piano della natura.

La storia del pensiero ci porta a vedere, nel passato, due attitudini di fronte alla natura: quella realista e quella idealista.

Gli umanesimi antichi erano tutti basati sull’idea di natura. È evidente per la Grecia o per l’Europa del  Rinascimento ma andò così anche in ogni epoca e in ogni latitudine. Se il medievale, il bizantino, l’egiziano, il cinese non hanno la stessa cura della Grecia o dell’uomo del Rinascimento,  nel riprodurre forme esteriori e nello studiare rapporti quantitativi, non è che disprezzino la natura, ma la concepiscono in un altro modo, che è qualitativo e simbolico. Così, intendendosi sul senso delle parole, si può dire che c’è una costante: gli umanisti di una volta furono tutti realisti.

Ai loro occhi la verità, la bellezza, la bontà sono lì, davanti e prima dell’uomo, che non ha che da riconoscerle. Quelle nozioni possono essere viste in modo differente dall’empirismo aristotelico, che le persegue nei fatti sensibili, o col razionalismo platonico o cartesiano, che le pongono in un mondo spirituale. Esse possono essere immanenti o trascendenti, non ha importanza dal nostro punto di vista. Il fatto e l’idea hanno in comune di essere dei dati, di dovere essere riconosciuti. Da qui la sicurezza di fronte al mondo, che caratterizza l’uomo tradizionale: immobilista come Parmedide, mobile come Eraclito o concettuale come Socrate. Si ritrova e si rassicura in un mondo prestabilito.
La mentalità idealista, che si impone nelle correnti del XVIII° secolo  si pone a un punto di vista molto diverso. La sua caratteristica fondamentale è di insistere in tutti gli ambiti sull’iniziativa del soggetto che conosce, sente e agisce. È così che per Rousseau, per esempio, l’azione morale non è il compimento di una legge preliminare.  Essa si misura dall’intensità vissuta  dall’intenzione. Il bello, per Hugo, invece di completare l’ordine,  si rivela nell’originalità e nella vitalità del creatore. La verità per Kant e Hegel, non è più  da astrarre o da intuire, ma procede dalla mente che costituisce, se non crea, il reale.

Gli orientamenti attuali, ispirati alla cibernetica, inaugurano un terzo momento della conoscenza del mondo, che oltrepassa simultaneamente il realismo e l’idealismo.

L’arte, che precorre sempre, non crede più all’obiettività  di una natura che non avrebbe che da esprimersi. Ma rifiuta  con la stessa forza il semplice grido della soggettività, per tentare di costruire un mondo dove l’uomo e la natura si completino, come nelle realizzazioni di Nicolas Schoffer. L’itinerario della scienza è simile. Dopo essere passata dal realismo di Meyerson all’idealismo di Bachelard, scopre una via a metà tra la natura e la mente con l’idealismo di Gonseth.

Ma è nella conduzione tecnica del mondo che la trasformazione è più grande. Ci si trova un doppio movimento di tecnicizzazione della natura e di naturalizzazione della tecnica.

Il mondo tecnico, pur naturalizzandosi, tecnicizza ormai la natura riscoprendola nella sua estensione annettendola come organo e come momento, trasformando la sua stessa materia nella propria sostanza.

Il mondo tecnico d’oggi non è più un terzo regno tra l’uomo e la natura, perché non viene ad aggiungersi agli altri lasciandoli intatti. È piuttosto un nuovo regno unico che include in sé i due altri, sostituendosi a loro mettendoli in rapporti che li reinterpretano.

Si può chiamare una realtà mediana. Al limite della concretezza non c’è più natura né artificio, ma una sintesi originale e mobile che si può chiamare una natura artificiale o un artificio naturale.

Il mondo è sempre più dominato da oggetti tecnici. E poiché questa tecnicizzazione si estende indefinitamente nello spazio e nel tempo, si può dire che la tecnica concreta della cibernetica formerà domani non solo il nostro paesaggio, ma anche il nostro orizzonte, come aveva previsto Teilhard de Chardin.

Rivoluzione sul piano del pensiero.

La cibernetica porta una terza rivoluzione, che si pone su un piano intellettuale: è essenzialmente un modo di pensare per analogia. Utilizza largamente il metodo dei modelli e dei simulatori.

Nel suo libro classico, “ La teoria fisica”, il francese Pierre Duhem oppone ai modelli meccanici che utilizzano gli inglesi (Maxwell, Lord Kelvin e altri) la logica francese. Ma non si trattava  che di modelli empirici, che erano considerati espedienti intercambiabili. È con Wiener e più tardi con Louis Couffignal che i ragionamenti analogici e l’impiego sistematico dei modelli fu codificato.
La sperimentazione sul reale non era sempre possibile (esseri viventi, società, caso unico) , un modello o un simulatore può costituire un buon strumento di studio. Materializza l’influenza delle grandezze in gioco le une sulle altre. I casi già osservati servono da campionario e quello permette di studiare in seguito dei casi differenti.

Rileviamo che il modello si distingue dal simulatore. La differenza appare chiaramente se si considera da una parte la logica di un sistema che si esprime nel suo principio di funzionamento e dall’altra la tecnologia  del sistema che caratterizza la sua natura fisica ( forma, materia, ecc.). Si può allora dire che un sistema fisico e il suo modello hanno le stesse logiche ma tecnologie differenti, mentre un sistema fisico e il suo simulatore hanno logiche differenti e non hanno in comune che i dati e i risultati.

I metodi di investigazione che offre la cibernetica tendono a diventare universali, come testimoniano gli impieghi ogni giorno più numerosi che si fanno. Citiamo, per limitarci alla Francia, la loro utilizzazione  in linguistica da Mandelbrot, Giraud e Metais, in biologia da Mayer e Cahn, in etnologia da Lévi Strauss, in estetica da Moles, in psicanalisi da Lacan, in diritto da Simon Lévy e Aurel David, nelle scienze umane da Moles e Palmade, in epistemologia da Simondon, in teologia dal Pastore Morel. E si potrebbe allungare la lista.