Le ali del vivente di Pascal Ruga

Lo scrittore e poeta svizzero Pascal Ruga ci ha inviato il testo molto interessante qui sotto.

(a cura di Luciana Scalabrini)

Avere o non avere le ali del vivente è la falsa domanda per eccellenza. Intraprendere il  vivente nella sua totalità è impegnarsi al di là di ogni logica. Il vivente non è mai alla mercè di una definizione, tentare di spiegarlo è fondare una fissazione.
Ora, ogni fissazione (ciò che implica un luogo e uno spazio) ci fissa in una illusoria certezza, ci identifica con una forma di cui sappiamo che non è che uno strumento passeggero. Il vivente non motiva alcuna condizionale, non si attiene ad alcuna dualità; ciò che a prima vista sembra impossibile, una cavalcata nei sogni… Il vivente non appartiene a nessuno e per questo non permette che ce ne facciamo i profeti. Non lasciamo a nessun altro che a noi stessi la cura di scoprirlo e di assumerlo senza cercare chi lo tiene e chi lo completa, perché il vivente non si colloca….
Da che si situa, o piuttosto si tenta di situarlo, scompare… Per aprirci a lui, il silenzio è il nostro più sicuro alleato, e non occorre vedere le parole che si allineano su questa pagina che come una sorta di  collegamento, mentre di solito dividono.

Ognuno non può andare per il suo cammino che da solo; più avanzerà, più scoprirà  che approda alla visione del senza- misura, in un oceano dove le cose non si vedono più nello stesso modo di un tempo, in cui le si perseguiva sempre vanamente.
Tutto a un tratto, le cose non sono più separate dalla infinitezza delle loro forme e dall’antagonismo che mantenevano per sussistere. Non si frammentano più, non sono più affare di memoria o di coscienza, in loro non c’è né arrivo né partenza.

Esse sono autenticamente se stesse e bagnano tutte nel meraviglioso sconosciuto che manifestano in noi ogni volta che ci stacchiamo da una fissazione, ogni volta che consideriamo una cosa al di là della vita e della morte della sua forma.

Se questa visione delle cose è la vostra, non c’è da sperare che le società ci seguano o no, sarebbe aggiungere un desiderio agli altri, aggiungere un ideale  alla moltitudine di ideali, che, coi loro dogmi, i pensieri e tutte le stagnazioni hanno arricchito gli attacchi della morte.
Non ci lasciamo più inghiottire  nella storia della specie a cui apparteniamo, sorvoliamo quella storia come si sorvola un pianeta… e scopriremo ciò che arriva all’eternità da che un desiderio è trasceso col suo distacco.
Il valore che ne risulta necessariamente si manifesta come legge naturale, quel valore è l’amore non limitato per una scelta, un amore non possessivo, non passionale.
Da quando l’universo delle cose non ha più seguito, viene ad esistere l’amore, è il vivente, l’armoniosa concordanza di ogni cosa, è poesia come il sole è d’oro.

Pascal RUGA

Pensieri fondamentali

Qual è lo scopo dell’universo?

«Perché Dio si manifesta?»

« Questa domanda è posta in generale per motivi assurdi, poiché presuppone l’assimilazione della psicologia umana (con i suoi valori di tempo, ecc.) con una psicologia divina!

« Perché l’uomo fa qualsiasi cosa? Perché desidera farlo per questa o quella ragione. Ma attribuire a Dio un qualunque desiderio, implicherebbe che Dio potesse mancare di qualcosa, ciò che è assurdo poiché è il Tutto. »

«Dio crea la manifestazione, perché la sua natura lo comporta»

Dr. Hubert Benoit

« La via della vera felicità, infinita, eterna, deve passare per la perdita totale di ogni speranza in lui.».

“ Tutte le sofferenze sono per noi delle umiliazioni. Queste,  dal momento che sono accettate, si trasformano in giusta umiltà, nella visione del nostro me come se fosse sempre meno.
Poi nell’istante stesso in cui lo vediamo niente, come non essendo affatto, il Sé si realizza e ci invade tutti interi, svelandoci che, senza averne avuto fin là coscienza, siamo sempre stati lui nella sua realtà assoluta”.

Hubert Benoit