Parole del Vedanta contemporaneo : La fede non è una credenza di 3ème Millénaire

Per l’Advaita Vedanta, filosofia indiana della non-dualità, la fede in Dio, per quanto sorprendente possa sembrare, è al di là delle credenze.

“Per andare al di là della credenza o non-credenza, bisogna credere in Lui. Mentre voi, voi credete in ogni sorta d’altre cose”( Ma Ananda Moyi ).

Credere in Lui è un risveglio del cuore dell’essere, che non riposa su alcuna opinione particolare, alcuna concezione, alcuna rappresentazione mentale…

“Gli uomini pensano a Dio, ma non hanno fede. Lo dimenticano e s’attaccano al mondo. Il pensiero fa con il mondo come l’elefante che, uscendo dal bagno, si rotola nella polvere”( Ramakrishna ).

Tutte le nostre credenze, frutto del pensiero mutevole, non appartengono alla vera fede. Questa è totalmente estranea ai dogmi, come lo intuiscono molti ricercatori spirituali, ciò che constatò Ramakrishna dall’inizio del ventesimo secolo: “Gli uomini della nostra epoca s’interessano all’essenza delle cose. Essi accettano l’essenziale della religione e rifiutano il non-essenziale, cioè i riti, le cerimonie, i dogmi e i credo”.

E ancora: “La ragione umana che è cieca non vede molto lontano. Essa non ha accesso ai paesi degli dei. E’ la fede, la fede del bambino che vi conduce in quel paese”.

La fede nasce in modo paradossale: è, o alla fine di una pratica costante o la virtù di un bambino innocente, come testimoniano i saggi dell’India: “La vostra fede dev’essere quella di un bambino. Una pratica costante ne rafforzerà la sorgente. Quando una fede pura si radica nel vostro spirito, una preghiera sincera esce dalla vostra anima e allora  la grazia divina si manifesta con i risultati desiderati”( Ma Ananda Mogy ).

“Un desiderio ardente di Dio è il mezzo più sicuro d’arrivare a Lui. Bisogna avere la fede  di un bambino innocente, e lo stesso desiderio che lui ha di vedere sua madre”( Ramakrishna ).

La nostra ragione non può conciliare l’apparente contraddizione che c’è tra la pratica costante di una mente accorta e l’innocenza di un bambini. Questa situazione paradossale attiene alla natura inabituale della pratica spirituale, che porta a una “spogliazione”. Al contrario del condizionamento, che intrattengono o generano le pratiche dell’ego, il risveglio della fede è un sentimento interiore totalmente nuovo.

“Per arrivare alla realizzazione del Me, le pratiche religiose sono assolutamente necessarie, ma se la fede è perfetta, basta poca pratica”( Ramakrishna ).

Una forza spirituale, una grazia.

“ La ragione è debole. La fede è onnipotente. La ragione non può andare abbastanza lontano; bisogna che si fermi a un punto o a un altro. Con la fede un uomo può attraversare senza difficoltà le immensità dell’oceano. Davanti a lei i poteri della natura si cancellano e cedono…”( Ramakrishna ).

La fede è una vera forza perché non è né un sentimento né un consenso. E’ della stessa essenza dell’energia profonda che ci anima in tutte le dimensioni, corporea, emozionale e intellettuale. Questa realtà, che è alla sorgente della nostra esistenza, Ramana Maharshi la definisce così: “I  termini Fede, Grazia, Luce, Spirito sono sinonimi del Sé”.

Situare la fede a quel livello, libera da ogni dogmatismo e dà alla dimensione religiosa tutta la sua autenticità.

Una conoscenza suprema.

Affrontando l’argomento in questo modo, si potrebbe credere che la fede  sia abbastanza vicino a uno stato di follia mistica privo di conoscenza. E’ un modo di vedere frammentario della mente, perché la fede non sostituisce il pensiero, ma lo sorpassa. Nella piena unità di noi stessi, il pensiero non è rifiutato o scartato; è la sua stessa essenza, che fiorisce in risonanza con la nostra totalità.

“La conoscenza di Dio va insieme alla fede. Dove c’è poca fede, è inutile cercare molta saggezza…”( Ramakrishna ).

Pienezza e liberazione dalla sofferenza.

Non immaginiamo fino a che punto la fede ci manchi profondamente, fino a che punto, per giungere a compimento, abbiamo bisogno della Grazia, dello Spirito, della Luce, per riprendere la formula di Maharshi. Infatti tutte le sofferenze derivano da quell’assenza…

“Gli uomini soffrono per mancanza di fede in Dio”( Ramakrishna ).

La fede è alla base di ogni progresso spirituale. Voi potete far a meno de tutto il resto, ma bisogna avere fede. Se avete fede nel Signore, sarete immediatamente liberati dai  peccati più vili e più neri”.

Il risveglio della fede ci libera dalle sofferenze e dai loro meccanismi duali di auto-osservazione, colpevolizzazione, giustificazione ecc.

“Quando una fede autentica in Dio nasce,  non persiste nessun dubbio e il carattere dell’uomo ne è completamente trasformato”( Ramakrishna )

Al di là dei dubbi  e delle opinioni, al di là delle credenze e non-credenze, ci dice Ma Ananda Mogy, la fede autentica in Dio ci trasforma.

I legami che abbiamo con gli altri e il mondo, legami di dipendenza fondati sulle nostre mancanze, si trasformano  in libera relazione di pienezza.

L’uomo che riconosce la debolezza della ragione, non teoricamente ma nell’atto di comprendere, e che è animato da un desiderio ardente di Dio, realizza nella fede un amore- conoscenza- presenza: la nostra essenza divina.