Ascoltare la realtà di Eric Baret

(da 3emillenaire n° 98, a cura di Luciana Scalabrini)

D.     La società impone degli obblighi, dappertutto, dovunque ci si giri. Ho l’impressione  di passare da una cosa che devo fare  un’altra che devo fare  e così via. Tutto questo mi mette in una tensione costante, a un grado più o meno alto. Come aggiustarsi in tutto questo e rimanere calmi?

E.B.   Accettandolo. È la prima cosa. Quando un albero cade sulla vostra casa, bisogna anzitutto accettarlo. Quando piove  bisogna accettarlo. Quando siete aggredito sulla strada, bisogna accettarlo.
Secondo le vostre capacità, la vostra forma del momento, reagirete in un certo modo, ma la prima cosa è l’accettazione. Che non è una cosa che potete fare; si fa naturalmente. È funzionale, perché è la realtà . Implica di non creare un legame psicologico con la situazione del momento.

Se un albero cade sulla vostra casa, non è perché è cattivo o ce l’ha con voi. Anche se uccide vostra moglie, non ha niente contro di voi!

E se il vostro vicino investe la vostra amante con la macchina, non è un fatto personale, anche se per esempio lui immagina che la vostra amante sia sua moglie!…
Ciò che è vissuto come personale, fa parte dell’immaginario. La realtà, quanto a lei, è sempre neutra. Sono io che la metto in una categoria. Così, quando l’albero cade sulla mia casa è una catastrofe; se è sulla casa di un vicino, è un racconto. Questo funzionamento è legittimo. Semplicemente, devo vedere come funziono. Cioè devo essere all’ascolto, che è ascolto della realtà.

Quell’ascolto è bipolare: ascoltate la situazione, e ascoltate la vostra reazione. Secondo la vostra intelligenza, la vostra cultura, la vostra vitalità, i vostri pregiudizi, la vostra religione siete portati a reagire in uno o in un altro modo.

Voi dovete accettarlo
Chi si crede cristiano o musulmano o non importa cosa, reagirà in modo diverso da chi si crede hindu, ateo o non importa cosa.
Bisogna accettare che la vostra reazione sia colorata dal vostro passato, dalle cose apprese.  E’ inutile provare a cambiare quello. Perché vorreste smettere di essere cristiano per diventare shivaista, capitalista per diventare comunista o non so che altro? Non ne vale la pena. Tenete i vostri pregiudizi. Quando constatate che tutto ciò che pensate è pregiudizio, uno spazio interno si attua in questi stessi pregiudizi. È questo spazio che importa. Non è grave avere pregiudizi, se ne siamo liberi.

Dunque, avete registrato la situazione, la vostra reazione naturale alla situazione. Tutto questo è movimento, ma c’è assenza di ogni movimento psicologico.
Non siete in un’immagine di una società che sia giusta o ingiusta.
Ciò che non succede non è ingiusto, è la realtà e dobbiamo comprenderlo profondamente.
Appare una funzionalità naturale che mi permette di funzionare bene sia con la dolcezza che con la violenza. Agite in modo diverso se un cane vi vuole mordere o vi fa festa. Il cane è neutro. Se pensate che è gentile perché vi vuole leccare o che è cattivo se vi vuole mordere, la vostra vita è un inferno. Il cane che vi lecca può mordere qualcun altro, quello che vi morde leccherà un altro che gli dà sicurezza.
Senza immaginario resta la funzionalità. Certamente agite in modo diverso nell’una e nell’altra situazione. La vostra azione è senza l’immaginario di un cane gentile o cattivo. Quando rimproverate o  gratificate vostro figlio il vostro modo di esprimervi è diverso. Però voi lo amate sia in un caso che nell’altro.

Voi agite in modo funzionale senza immaginario, senza ideologia. Questo non sarà possibile se non ascoltate e dunque non accettate la situazione. Questa stessa accettazione non è psicologica. È vivere in accordo con la realtà che è neutra. La vita è neutra.

D.     Io mi giudico molto. Ho spesso pensieri negativi su me stesso, trovandomi insignificante, stupido, non al mio posto. Nella sensazione il pensiero è assente? Si può sentire quello che siamo veramente al di là di quei pensieri negativi?

E.B.    Quando sentite e lasciate libero ciò che sentite, c’è risonanza con ciò che siete. Ciò che siete è più vicino a voi che ogni altro oggetto che potete percepire. Così non potete sapere ciò che siete. Per vedere qualcosa, l’oggetto deve essere lontano da voi. Non siete ciò che vedete, perché lo vedete. Non siete ciò che sentite, perché lo sentite. Non siete ciò che pensate perché lo pensate.
Succede qualcosa, e sentite come siete toccato. Non dite una parola, non usate qualificativi, non concludete, non dite: “è questo”. Perché giustamente non è questo, perché questo è un pensiero. Non mettete pensieri su ciò che vivete, e vivete senza concludere. Vedete ciò che accade quando vivete senza sapere quel che potreste essere. Lì c’è spazio, creatività un’immensa sicurezza. È l’inizio della vita.
Ma molto in fretta , di nuovo, avete bisogno di sapere questo o quello.  Pretendete di essere  una donna e di nuovo vedete che state per vendere la vostra storia a voi stessi, al vostro cane o alla vostra amante. Non cambiate niente perché non c’è niente da cambiare. È perfetto così, perché è la realtà. Quando vedo che mi racconto una storia, questa si ferma. Di nuovo appare uno spazio senza pensieri.

Poi andate a ballare con un bell’uomo e subito pensate a quel che farete dopo la danza. Allora non sentite più la danza. Vi rendete conto che pensate e la danza ritorna. Sono momenti. Vedere come funziona… Come vi presentate, come vi riferite a voi stessi, come pensate, come siete quando vi raccontate una storia del vostro passato, o di un futuro possibile.
State attenti al vostro tentativo di vendere la vostra umiltà. Vedere ad ogni istante. Non concludere o valutare. Non c’è niente che sia bene o male. C’è una forma di gioia nel vedere la propria patologia, la propria arroganza, la propria stupidità.
Verrà un momento dove quelle affermazioni saranno meno patologiche, pur restando affermazioni. In certe circostanze la patologia ritorna. Quando l’arroganza, la paura, la gelosia ritornano, non fate nulla perché quella è la realtà. Avete il diritto di essere geloso, arrogante e stupido. Quando non pretendete niente, quando lasciate che l’arroganza o la stupidità siano veramente sentite,  magicamente scompaiono.
Ciò che prima sembrava allontanarvi da voi stesso, ciò di cui ci si voleva liberare, si trasforma in un segno che vi invita a ritornare all’ascolto. Tutte le vostre difficoltà sono un dono della vita che voi offrite a voi stessi per scoprire il silenzio.
All’inizio pensate che quelle difficoltà vi allontanino dal silenzio, e provate a meditare, a trasformarvi. Poi un giorno realizzate che i supposti ostacoli al silenzio non fanno che parlare di lui. Sono esattamente quello nel quale bisogna passare per presentire il silenzio.
Allora ringraziate la vostra arroganza, la vostra stupidità perché è la loro visione che vi conduce all’ascolto.

D. Vedo che nelle mie relazioni con quelli con cui sono in contatto, molti miei comportamenti sono dettati da un bisogno di essere apprezzato, di essere amato…

E.B.    Non avete bisogno di essere amato. Per fare cosa? Cosa vi servirebbe? Perché dovreste amarmi? Non ha nessun senso. A cosa è utile proiettare su una persona la sicurezza? E’ un’immagine, colorata dalle opinioni di mia nonna, dai nostri pregiudizi, dai nostri gusti sessuali… è una malattia. All’opposto chi mi detesta è anch’esso affetto da tale malattia, che dipende dai colpi ricevuti nell’infanzia, da ciò che ha visto per televisione o letto, ecc. Dal suo punto di vista ha totalmente ragione.
Ma a un certo momento non siete più toccato da quelli che vi amano e vi detestano. Applicate a chi vi circonda  quello che applicate a voi stessi. Se il vostro corpo è maltrattato, maltrattate chi vi è vicino. Se ascoltate il vostro corpo, ascoltate il vicino. Trasponete l’ascolto a chi vi circonda perché naturalmente chi vi circonda siete voi stesso. Non c’è separazione.
Il vostro corpo non si ferma alla superficie della pelle. Quando vostro figlio è ammalato, lo sentite  anche a 10000 km.

C’è dunque ascolto di quel che circonda, dell’odio e dell’amore che vi si trovano. C’è leggerezza in questo. Non vi prostituite perché chi vi è vicino vi ami e non fuggite nemmeno il suo odio.
Cosa resta? Una funzionalità che è senza preferenze, anche se ci sono delle naturali risonanze per certe persone . I musicisti incontrano dei musicisti, i poeti dei poeti, i pittori dei pittori. Quella risonanza è come un’onda vibratoria che stimola altre onde; non è una scelta, ma una semplice funzionalità. L’ambiente è totalmente rispettato quando voi vi rispettate.
Domandate sempre l’amore, l’amore ai genitori, la fedeltà al marito, o al vostro cane, ma voi volete una cosa sola: essere tranquillo. Per mancanza di chiarezza immaginate che i genitori non siano come dovrebbero essere, e nemmeno i figli o il marito.

Ascoltate, ma non  chiedete mai niente. E non domandando niente né a voi né a chi vi circonda, avete una relazione idilliaca con voi stessi e con l’ambiente. Se non domandate la vita diventa facile.
Nessuno può darvi la tranquillità se non voi stessi. Smettendo di domandare, vi offrite questo. Ricevete quello a cui rinunciate. Finché si cerca, si vive la propria povertà, perché per cercare bisogna essere poveri!
Se comprendete che la vostra ricchezza sta nel non domandare, la vostra relazione con l’ambiente sarà senza psicologia, cioè idilliaca.

D. Non è la fine dell’azione?

E.B.   Al contrario, l’atto che viene dalla persona, dall’intenzione, non merita il nome di azione perché è solo ripetizione. Schema che ripetete proiettandolo da un oggetto all’altro. La stessa aspettativa, la stessa speranza,  la stessa sconfitta e la stessa amarezza.
L’azione che viene senza intenzione, o, come dice la Gita “ senza appropriarsi dei frutti dell’azione” non è personale ma cosmica. Azione senza autore, non è separata dal movimento costante della vita, è creatività senza riferimento alla memoria.
Senza autore non si separa da niente. È solo per comodità di linguaggio che sembra avere un inizio e una fine. Sottomessa all’ordine cosmico, ritrova l’impersonalità propria alle arti tradizionali. Senza l’autore la vita la prende in carico. Senza attesa né speranza quella azione non conosce né riuscita né sconfitta. È celebrazione senza oggetto da celebrare.